Cinquant’anni di violenze, di morti eccellenti, di stragi e di collusioni fra Stato e mafia. Un romanzo che sa di teatro

(di Andrea Bisicchia) Gianni Bonina è un romanziere che ha scelto, come maestri, Andrea Camilleri, di cui ha curato, per Sellerio, una biografia, e Leonardo Sciascia che cita, più volte, nel suo nuovo romanzo, che sa molto di teatro: “AMMATULA”, edito da Castelvecchio.
Perché ha scelto questi due maestri?
Per continuare una tradizione narrativa che non smette di indagare il fenomeno mafioso, attraverso personaggi inventati, ma che corrispondono a quelli reali. “Ammatula” vuol dire qualcosa di inutile, o meglio, qualcosa che non può cambiare il corso delle cose. È un termine citato ben due volte dai due protagonisti: il mafioso di “chiazza”, ovvero di chi lo dichiara apertamente, come Gaspare Scaturro, e il mafioso colluso come l’avvocato Carmine Andaloro che troviamo l’uno di fronte all’altro, nel carcere di Parma, noto per aver ospitato, in isolamento, Totò Riina, dove Scaturro sta scontando l’ergastolo a vita e dove Carmine Andaloro è venuto per decidere se permettere, a un giornalista, di raccontare, in un romanzo di prossima pubblicazione, la loro storia alquanto complicata, avendo avuto in comune la stessa donna, madre di due figli, il primo, Angelo, avuto dal mafioso, il secondo, Aurelio, avuto dall’avvocato. Anna è morta da cinque anni, l’incontro fra i due serve anche per prendere consapevolezza che la donna, ormai, appartiene a entrambi.
Il dialogo, all’inizio, verte metaforicamente sull’arcobaleno, quello di marzo, che fa spuntare il sole inutilmente (Ammatula), perché subito dopo piove, e quello di agosto che invano (Ammatula) può oscurare il sole perchè splende sempre, come Anna. La metafora dell’arcobaleno non è un caso, perché il romanzo si conclude proprio con un altro arcobaleno, quello di aprile anch’esso inutile (Ammatula), perché il bel tempo non dura mai a lungo.
La narrativa di Gianni Bonina si caratterizza per un linguaggio alquanto rappresentativo, se non “visuale” che permette di assistere ai molteplici eventi che ne caratterizzano le varie storie, stratificate l’una all’altra, che hanno inizio nel 1972 e che si concludono nel 2018, attraversando gli anni di piombo, quelli delle stragi, quelli delle guerre tra Corleonesi e Palermitani, delle collusioni tra Stato e Mafia, del Maxiprocesso, dei morti eccellenti, dei giornalisti dell’Ora trucidati, della discesa in campo del Cavaliere e della Trattativa, tanto che lo si può definire un romanzo storico sugli ultimi cinquant’anni che hanno caratterizzato una infinita serie di violenze perpretrate, in Sicilia, nelle roccaforti mafiose che, a loro volta, si sono riflesse nella storia della nostra tormentata Repubblica, visto che, protagonisti, come Carmine Andaloro, sono stati eletti in Parlamento con il voto di scambio.
Andaloro è il tipico uomo di chiesa, andreottiano, che ha potuto costruire la sua carriera, prima nelle fila della DC e, in seguito, in quella di Forza Italia che, nel 1994, ottenne in Sicila il pieno dei voti, grazie all’intervento della mafia. Bonina, all’inizio, ha elencato i personaggi, che sono una trentina, come in un testo teatrale, per ciascuno dei quali, ha costruito storie di violenze, di lotte politiche, ma anche di coscienze tormentate, tutte alla ricerca di una possibile covivenza tra governanti e governati, quella stessa che Sciascia aveva ricercato nel suo testo teatrale: “L’Onorevole”, citato ben tre volte da Bonina, dato che il personaggio di Andaloro sembra molto simile a quello di Emanuele Frangipane, vero protagonista della commedia di Sciascia.
L’abilità di Gianni Bonina è stata quella di costruire i molteplici intrecci con l’abilità dello sceneggiatore, tanto che, se il romanzo venisse letto da qualche produttore, costui potrebbe trovare la materia di un film o di uno sceneggiato televisivo, cosa che ci auguriamo perché la narrazione lascia il lettore senza fiato.

Gianni Bonina, “AMMATULA” (Inutilmente), Castelvecchi Editore 2019, pp 280, € 18,50.