COMO, venerdì 1 novembre ► (di Carla Maria Casanova) – Quella di Macbeth è una storia che più au noir non si può. Si fa sempre notare che l’anima veramente nera sia quella della Lady, perché lui in fondo è un pecorone imbelle sobillato dalla orribile moglie. Infatti le donne, quando ci si mettono, battono chiunque. Si son visti casi di simile plagio anche in terrificanti delitti di cui i media si sono impadroniti con bramosia.
Però mi si lasci dire che Macbeth, di suo, non scherza.
Già infilare un pugnale nel cuore del suo ospite perché la moglie gliel’ha suggerito, non è da tutti.
Ma Macbeth va oltre per conto proprio.
Passato il primo smarrimento per la “vista orribile” dell’assassinato, immediatamente, la stessa notte medita (e ordina) un nuovo assassinio “forz’è che scorra un altro sangue”. Questa volta si tratta dell’amico Banco e di suo figlio. E questo perché le “spirtali donne” hanno profetato che i figli di Banco regneranno.
Ma qui si innesta un nonsenso. Se le prime profezie si sono avverate, e la terza l’ha aiutata Macbeth, lui dovrebbe oramai essere sicuro del potere di queste streghe, e farsene una ragione là dove i verdetti non coincidono con i suoi desideri (infatti, tanto per cominciare, se Banco viene ucciso, il figlio riesce a fuggire, confermando il realizzarsi della profezia di diventare re). Invece Macbeth si intromette, forza le cose, fa enormi pasticci. È un sanguinario e in più cretino. Personaggio completamente scaduto. L’atmosfera di terrore serpeggia comunque in tutta la tragedia shakespeariana e l’opera di Verdi ne sottolinea l’inesorabile catarsi fin dalle note ambigue, inquietanti di apertura (prima apparizione delle streghe). Si sente che succederà qualcosa. E di molto brutto.
Sulla vocalità voluta da Verdi per i suoi personaggi (in primis la Lady) è cosa nota che richiedesse una interprete aggressiva, “con voce aspra, soffocata, cupa”, però anche capace di “recitare” quello che stava dicendo. E così per il protagonista, che avrebbe dovuto cantare con “voce muta, sempre più piano (però anche) con forza, espansione…” Una parola!
Eppure, con il Macbeth del circuito Opera Lombardia (dopo il debutto a Pavia, è approdato ieri sera con successo a Como e poi passerà a Brescia e Cremona) ci siamo andati vicino.
Il più grande stupore è per Silvia Dalla Benetta che debutta come Lady con un curriculum che parla di Liù, Violetta, Micaela, ma anche Lucia di Lammermoor e Norma. Quindi il registro alto c’è tutto. Negli anni l’organo vocale si è irrobustito e affrontare Macbeth, se appariva rischioso, è una prova superata a pieni voti, anche in considerazione del forte temperamento interpretativo e scenico. Poi, d’accordo, la Callas è un’altra cosa, ma sono paragoni improponibili.
Angelo Veccia (Macbeth), baritono affermato, ha un sostanzioso passato di basso, eppure il timbro non è scuro ed è capace di raffinate morbidezze.
È poi risultato particolarmente convincente il basso Alexey Birkus nella sia pur breve parte di Banco.
Svetta con furore, nell’unica aria del IV atto, Macduff, che risponde al nome di Giuseppe Distefano (però scritto tutto attaccato, altrimenti era il caso di cambiarsi nome perché dei Big non sono accettabili repliche).
Sul podio Gianluigi Gelmetti, maestro che di Verdi conosce molto se non tutto, ma ci è parso un po’ distratto, non capace di far rendere al meglio l’Orchestra dei Pomeriggi che, se non è quella dei Berliner, può fare assai di più. Ha agito con maggiore proprietà il Coro.
L’allestimento è in coproduzione con il Teatro São Carlos Lisbona (regìa Elena Barbalich, scene e costumi Tommaso Lagattolla). È dignitoso, gradevole. A mezza via tra il tradizionale e l’avveniristico, vale a dire con costumi storici e in scene pochi elementi ma significativi. Molte proiezioni e luci mirate. Domina il buio. Al centro, un grande cerchio attorno al quale si svolgono tutti i misfatti (è via via specchio che le streghe infrangeranno in mille pezzi acuminati, tavola del banchetto delle apparizioni, pozzo sinistro da dove sorgeranno i re che Macbeth aveva tentato di annientare…).
Una innovazione intelligente è la lettura della lettera di Macbeth affidata a una voce maschile fuori campo anziché alla Lady, che la riceve. Lo spettacolo si dipana veloce e sicuro. Forse fin troppo sicuro. Manca, mi è parso, il lato thriller. È tutto regolare, risaputo. Incomincia così e finisce così, come doveva essere. Vincono i buoni, muoiono i cattivi. Amen.
“Macbeth” di Giuseppe Verdi – Como, Teatro Sociale, replica sabato 2 novembre. Repliche successive Brescia teatro Grande 14 e 16 novembre, Cremona Teatro Ponchielli 22 e 24 novembre.