Ma chi è la vera vittima, Antigone o Creonte? All’Elfo un superbo allestimento dello sfrattato Teatro di Ringhiera

MILANO, mercoledì 23 gennaio ► (di Paolo A. Paganini) Sofocle (497 – 406 a. C.), strenuo ricercatore di arricchenti varianti e sorprendenti intrecci, nelle sue tragedie parte sempre da un personaggio centrale e dominante, Aiace, Edipo, Elettra, Filottete eccetera. Strada facendo, la scrittura ha svolte ed evoluzioni di straordinaria potenza drammatica. Vedi Antigone. Da sola potrebbe riempire la scena. Ma Sofocle crea sottili e tragici intrecci prima di arrivare a un finale di sangue, che travolge la vita di tutti, non prima di avere messo le basi di un dibattito morale, nella contrapposizione Stato/Famiglia, legge positiva e legge naturale, che da più di duemila anni s’è trascinato fino all’epoca moderna, coinvolgendo anche Goethe e Hegel (che definì l’Antigone “un esempio assoluto di tragedia“, dove ciascun protagonista, Antigone e Creonte, è protagonista della propria catastrofe, ma concludendo pilatescamente che hanno tutti e due torto e ragione).
Nasce dunque, al di là del dibattito fra i due ordini di valori, un’appassionante confluenza di sviluppi drammaturgici, che, in corso d’opera, vedono il contrasto di Antigone con la sorella Ismene, oltre all’opposizione Antigone/Creonte. E via via, il Coro e l’eroina pronta al sacrificio assumono forza e significato insieme con altri personaggi: il fidanzato Emone, figlio di Creonte, che poco servirà all’azione, ma necessario per creare infine i rimorsi e la disperazione di uno stolido Creonte, il quale, impavido e superbo,contro gli dei, contro il buonsenso, contro ogni opportunismo o convenienza politica, manda a morte Antigone, per aver disubbidito all’editto da lui emanato, di non dare cioè doverosa sepoltura al fratello di lei, nemico della patria, morto in battaglia combattendo contro la sua stessa città, Tebe. Ma Antigone sfida dolori e morte per rispettare il dovere morale e la legge degli dei di non lasciare il corpo del fratello Polinice insepolto, divorato e deturpato dal morso degli uccelli e dei cani. E accetta così la stessa sorte di Polinice, trascinando con sé, in un destino di morte, il giusto e innamorato Emone, in dissidio con il padre Creonte, e seguirà, al suicidio del figlio, quello della madre Euridice, travolta dal dolore e dalla disperazione.
Diciamo subito, senza altre pur necessatrie divagazioni, che l’allestimento di “Antigone”, all’Elfo Puccini (un’ora e venti senza intervallo), ad opera dell’ATIR Teatro Ringhiera, impone subito un paio di considerazioni.
La prima. Il Teatro Ringhiera è da un anno e mezzo senza casa. L’ATIR aveva in gestione da una decina d’anni una sala di 230 posti in Via Boifava, presso un centro comunale, dedito nel quartiere a benemerite attività sociali. Ora è chiuso per lavori di restauro. A lavori ultimati (ma non si sa quando), sarà pubblicato un nuovo bando di concorso per la gestione dell’immobile. E non è detto, quindi, che l’ATIR subentrerà nella sua vecchia dimora. Nel frattempo, è scattata una gara di ospitalità fra i diversi teatri milanesi. Ora, come s’è detto, è all’Elfo Puccini.
Seconda considerazione. La regista del Teatro Ringhiera, Serena Sinigaglia, con l’angoscia e l’amarezza per un futuro così incerto, dice: “È stato come trovarsi di fronte al corpo di Polinice. Un teatro chiuso è un corpo morto abbandonato al degrado del tempo“. Per dare, dunque, una maggiore visibilità a quest’abbandono e al dolore della Compagnia, Serena Sinigaglia, per l’Operazione-Antigone, ha voluto assegnare la regia a un grande e conosciuto uomo di teatro, Gigi Dall’Aglio.
Ed ecco in scena l’Antigone a firma Gigi Dall’Aglio. Un allestimento memorabile, con momenti di esaltante intensità e bellezza. Le antinomie e le opposizioni sofoclee ci sono tutte, con maggiori insistenze su alcuni aspetti drammaturgici (emersi peraltro già nel corso degli anni). La tragedia, per esempio, sarebbe stato più consono intitolarla “Creonte”, che occupa quantitativamente (e qualitativamente) maggiore spazio. E che, fragile e puntiglioso, ci prende di più e subito, inesorabilmente, per una sensibilità molto prossima alle nostre comuni debolezze umane. Si vedano i due tragici dialoghi con il figlio Emone e con la ribelle Antigone. Che rabbia. E che angoscia per la vanità, per l’impotenza e per l’eroismo dell’animo umano.
Ed è così che Antigone diventa un simbolo. Un’eroina, grande, maestosa eppure dolce e determinata. Non si discute. La si ama e basta. Shelley dirà: “Ciascuno di noi, in una vita anteriore, ha amato un’Antigone; e ciò fa sì che nessun legame umano possa più appagarci…”. Ma Shelley era un poeta.
Applausi deliranti infine per tutti i generosi, intensi e bravissimi interpreti. Compreso Gigi Dall’Aglio. Repliche ancora per poch giorni all’Elfo. E poi in tournée. Da non perdere.

“Antigone”, di Sofocle. Regia Gigi Dall’Aglio. Traduzione e adattamento      a cura di Maddalena Giovannelli  in collaborazione con Alice Patrioli e Nicola Fogazzi. Con Carla Manzon, Aram Kian, Stefano Orlandi, Francesca Porrini, David Remondini, Arianna Scommegna, Sandra Zoccolan. Scene Emanuela dall’Aglio, Federica Pellati, costumi Katarina Vukcevic, luci Giancarlo Salvatori. Produzione ATIR Teatro Ringhiera. Al Teatro Elfo Puccini, corso Buenos Aires 33, Milano. Repliche finio a domenica 27 gennaio.
Info e prenotazione: tel. 02.0066.0606.
www.elfo.org

Tournée
30 gennaio, LAC, Lugano
21, 22 febbraio, Teatro Faraggiana, Novara
24 febbraio, Teatro Civico Fallaci, Ozieri (Sassari)
25 febbraio, Cineteatro Olbia, Olbia
26 febbraio, teatro Comunale Dorgali, Dorgali (Nuoro)