250 disegni, pupazzi, foto e manifesti di Tinin Mantegazza. A 88 anni, la prima mostra antologica dell’eclettico artista

BAGNACAVALLO (Ravenna), domenica 28 aprile ► (di Andrea Bisicchia) La mostra “Tinin Mantegazza: Le sette vite di un creativo irriverente”, organizzata da Accademia Perduta/Romagna Teatri e dalla Fondazione Tito Balestra (al Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo fino a luglio) ha impegnato, per almeno due anni, i curatori Flaminio Balestra e Diego Galizzi, con l’apporto determinante di Velia Mantegazza e Ruggero Sintoni. È composta da 250 opere, tra disegni originali, dipinti, pupazzi, fotografie, filmati, manifesti, e offre una consistente panoramica di questo artista poliedrico e multidisciplinare, visto che la sua attività ha attraversato forme diverse di comunicazione, essendo stato illustratore, pittore, scenografo e scrittore. È stato vignettista per “La Notte” diretta da Nino Nutrizio, giornalista del “Giorno”, creatore di spettacoli televisivi, direttore di teatro, “un uomo dalle sette vite”, appunto.
Personalmente l’ho conosciuto nel 1973, quando fondò, insieme alla moglie Velia, il Teatro del Buratto, al Teatro Verdi, dopo l’esperienza della “Moffola” e del “Cab 64”.
«Io e Velia”, ricorda Mantegazza, “aprimmo a Milano, nel 1960, una piccola galleria d’arte in via Lentasio, La Muffola. Esponevamo disegni e ceramiche con scarso senso degli affari, ma con un certo successo di pubblico, soprattutto perché la sera ospitavamo artisti dello spettacolo più o meno noti e si consumava grappa delle Cinque Terre». Quell’esperienza, vissuta con «scarso senso degli affari», fu in realtà qualcosa di straordinario, che la notte si animava con improvvisazioni musicali e teatrali degli emergenti Bruno Lauzi, Cochi e Renato, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci…
Poi, gli anni Settanta. Erano, per Milano, quelli del decentramento e della nascita dei teatri alternativi: il Pier Lombardo, l’Elfo, il CRT, Il Teatro Officina, e il Teatro Verdi con i suoi trecento posti, dove Tinin si impegnò con un vero e proprio spirito da crociato, realizzando un centro di elaborazione per una idea diversa del Teatro per ragazzi. Questa attività è documentata nella mostra con alcuni dei Manifesti degli spettacoli più importanti come “Il gran buffone”. “Pierino e il lupo”, “Histoire du soldat”, che fu dato anche alla Scala.
Più che manifesti, oggi ci appaiono come vere e proprie opere d’arte che sono ubicate proprio dinanzi a una serie di pupazzi che ne erano stati i veri protagonisti. A guardarli, si riscopre il suo impegno, il suo perfezionismo, la sua inesauribile fantasia. Egli sapeva di operare in un luogo decentrato della città, tanto da pensare a un prodotto che fosse molto attento alla realtà della zona. La sua idea era quella di un teatro decentrato che dovesse essere, non solo un luogo di produzione, ma anche un’occasione di crescita sociale. Tinin ricorreva all’uso dei pupazzi multicolore, oltre che alla contaminazione tra parola e gesto, tra mimica e musica, tra immaginazione e denuncia.
C’era, in questa attività, qualcosa che somigliava al primo teatro di Dario Fo.
Sono tante le sale che raccolgono i suoi disegni, nati sempre all’insegna di quella ironia che ha caratterizzato la sua produzione, che va dagli anni Cinquanta a oggi, visto che Tinin non ha mai smesso di disegnare. Vi troviamo dei cicli che riguardano gli animali, in particolare i gatti, che raccolgono le sue vignette, i suoi Pinocchi, le pubblicità, gli Gnomi, i Miles.
In tutto il materiale esposto, traspare la sua curiosità per i particolari, il suo stupore dinanzi ai personaggi che nascevano dalla sua fantasia.
Parecchio spazio, nella mostra, è dedicato ai suoi rapporti con la televisione, alla trasmissione “L’albero azzurro”, con l’invenzione del pupazzo Dodo, di cui erano interpreti la bravissima Francesca Paganini, che non solo recitava, ma anche cantava, ballava, accompagnata musicalmente da Claudio Madia. Debbo confessare che vedevo spesso la trasmissione perché, come è sempre stata intenzione di Tinin, lo spettacolo per bambini doveva piacere anche ai grandi.
Prima di iniziare il percorso, i curatori hanno presentato l’autore, nel bellissimo chiostro, al folto pubblico. Lucia Vasini ha letto “La Ginetta” e “Amore insicuro”, estraendo la comicità sorniona di Tinin, il quale, con la solita sorniona ironia, ha detto. “Dopo questa lunga commemorazione potete visitare la mostra frutto della mia incostanza che, alla fine, è diventata la mia costanza”.
A 88 anni, Tinin Mantegazza continua, oggi come ieri, a regalarci lampi della sua genialità, anche con i suoi più recenti lavori di disegnatore e di scrittore, che continua a produrre nella sua casa-studio con vista sul porto di Cesenatico.

La mostra “Tinin Mantegazza. Le sette vite di un creativo irriverente” sarà visitabile fino a domenica 7 luglio. L’ingresso è gratuito. Museo Civico delle Cappuccine, via Vittorio Veneto 1/a, Bagnacavallo.

Per informazioni:
www.museocivicobagnacavallo.it
Tel. 0545 280911-3