A confronto il miracolo della luce nella buia “Cena” di Caravaggio e i tormenti di Rembrandt nel mistero di Cristo

Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio: “Cena in Emmaus”, 1606 – olio su tela, cm 141 x 175 – Pinacoteca di Brera

MILANO, martedì 5 febbraio ► (di Carla Maria Casanova) C’è una “Cena di Emmaus” di Michelangelo Merisi (Caravaggio) che conosciamo tutti (o quasi). È uno dei quadri più importanti di Brera.
Basterebbe, da solo, per fare il vanto di un museo.
Fu dipinto nel 1606 in uno dei tanti momenti “critici” della vita del Caravaggio: aveva ucciso Ranuccio Tomassoni e se ne stava scappando da Roma a Malta.
L’opera, registrata nella collezione della famiglia Patrizi dal 1624, nel 1939, grazie al contributo di due mecenati milanesi, fu acquistata dalla Associazione Amici di Brera per la Pinacoteca. È la seconda versione dello stesso soggetto dipinto dal Caravaggio: la prima (assai diversa) è alla National Gallery di Londra. La “nostra” è uno dei dipinti citati quale esempio dell’alta maestrìa del Merisi nel trattare la luce.
Il soggetto è immerso nell’oscurità da cui i personaggi emergono illuminati dalle caratteristiche pennellate bianche, luminosissime: una porzione del viso del Cristo, la tovaglia, il riflesso della brocca, il turbante di due dei presenti. È una scena fissa, statica, senza misteri.
Ora, a Brera, continuando l’operazione-scambio dei “dialoghi” instaurata dall’illuminatissimo direttore James Bradburne, a questo quadro viene abbinato uno dello stesso soggetto di Rembrandt. È la “Cena dei pellegrini di Emmaus” e proviene dal Musée Jacquemart-André di Parigi, dove la Cena del Caravaggio è rimasta esposta dal 21 settembre 2018 al 28 gennaio 2019. L’opera di Rembrandt  rimane a Milano fino al 24 febbraio 2019.

Rembrandt Harmenszoon van Rijn, detto Rembrandt: “La Cena dei pellegrini di Emmaus”, 1629, – olio su tavola, cm 39 x 42 – Musée Jacquemart-André, Parigi

Rembrandt (nato nel 1606, anno in cui Caravaggio dipinse la sua Cena di Emmaus) lo dipinse nel 1629, a 23 anni. È la prima di numerose versioni che seguirono. È un quadro piccolo (30 x 50 circa) collocato a destra dell’altro. Ma non appena si entra nella sala XXVIII  si vede solo quello. C’è un mistero, una emozione, un movimento che cattura al primo sguardo. E una infinità di particolari emerge a poco a poco dal buio del minuscolo capolavoro. La figura del Cristo è in controluce, la si crederebbe senza dettagli. Ma poi si vede il gesto del braccio e la mano che tiene il pane, si avverte soprattutto l’imperio del suo rivelarsi. Tanto che il pellegrino di fronte a lui ha una espressione esterrefatta, quasi spaventata, mentre il pellegrino alla sinistra del Cristo lo si scopre solo dopo un attento esame. Costui, in primo piano ma in ombra totale, ha capito chi gli sta accanto e si è prostrato, scaraventando il suo sedile dietro di lui. Lontano, nella bettola, c’è una donna che riassetta i piatti al lavello, appena illuminata da una fioca luce.
Questa scena sprigiona una dinamica prorompente e nel suo tumulto manifesta lo stato di dubbio tormentoso che Rembrandt visse nei confronti della religione e della natura divina/umana del Cristo. Eppure, da come manifesta la sua regalità, si direbbe che già a 23 anni, dipingendo il soggetto su un foglio di carta applicato in seguito a un piccolo pannello di legno, il suo dubbio era risolto.
Il confronto delle due opere (VIII dialogo della serie) avrà un approfondimento il 15 febbraio, ore 11, nella Sala della Passione, in occasione della pubblicazione del libro di Max Milner “Rembrandt a Emmaus” (Vita e Pensiero). Intervengono James Bradburne (Direttore generale Pinacoteca di Brera), Carlo Ossola (Collège de France), don Giacomo Rossi (teologo), Maria Cristina Terzaghi (Università degli Studi Roma Tre), Giacomo Zanchi (Fondazione Bernareggi di Bergamo).

“La Cena di Emmaus – Caravaggio incontra Rembrandt” – Pinacoteca di Brera
Via Brera 28, Milano – Fino al 24 febbraio.

www.pinacotecabrera.org