MILANO, giovedì 27 maggio ► (di Carla Maria Casanova) – È morta Carla Fracci. Mi chiamano sul cellulare mentre sono in campagna toscana e sto zappando nell’orto. Sto a 6 km da Pisignano, dove Carla e Beppe hanno la loro residenza estiva, bellissima. Ci stavo pensando ieri. Saranno qui o sono rimasti a Milano? Adesso mi si chiede un ricordo, subito, a tamburo battente. E così faccio, senza pretendere di perlustrare il curriculum mondiale della più grande ballerina italiana, date, studi, successi. Non so nemmeno come sia morta, Carla (le notizie mi dicono “ieri era grave”). All’improvviso? Naturalmente scrupolosamente vaccinata. Ci eravamo sentite in piena pandemia e mi aveva detto “Tutti i giorni faccio tutte le scale del palazzo, su e giù, per tenermi in forma.”
La consideravo una sorella, quasi gemella: nate tutte due d’agosto, stesso anno (1936), lei 20 giorni dopo di me. L’ho seguita – casualmente – dal suo debutto alla Scala: in quella Cenerentola (31 dicembre 1955) quando dovette sostituire la titolare Violetta Verdy indisposta e debuttò in un ruolo protagonista. Aveva 19 anni. Era già una star.
Nella sua carriera (e nella vita) Carla fece tutto giusto. A ventisei anni sposò il regista Beppe Menegatti. Nel 2002 festeggiarono le loro nozze d’oro.
Disse Beppe “Carla è una donna straordinaria. La convivenza, per chiunque, non è facile. Abbiamo voluto restare insieme a tutti i costi e spesso è stato a caro prezzo… L’importante è che siamo insieme ancora.”
Disse Carla “Beppe è stato molto importante per me, mi ha insegnato tante cose. Io non ho mai amato camminare da sola.”
Con Beppe, Carla ebbe il coraggio (raro nelle ballerine) di fare un figlio (il gigantesco Francesco, che studiò seriamente, è diventato architetto, si è sposato ed ha avuto a sua volta due figli) e Carla divenne amorosissima nonna. Anche severa, come lo era stata con Francesco, rivelandosi educatrice perfetta quel giorno in cui, a casa sua, aveva un incontro professionale con registi e coreografi e Francesco (otto anni o giù di lì) cincischiava intorno. Carla molto diva, molto in palcoscenico. Poi la Diva si girò e in tono improvvisamente casereccio ma fermissimo, disse al figlio “Adesso tu vai a studiare. Ricordi, vero? Geografia da pag 16 e gli esercizi di aritmetica. Stasera vengo a provarteli.” Rimasi di stucco.
D’altra parte, leggera come una piuma, volatile, senza peso (nessuna aerea come lei, né Pavlova né Karsavina né Plitseskaja, nessuna al mondo), Carla Fracci, la più grande Giselle mai esistita, aveva carattere fortissimo, proprio quello che le permise di imporsi su tutte le “difficoltà del mestiere” ed anche quelle fisiche, perché quando fu ammessa alla scuola di ballo della Scala (aveva otto anni) la giudicarono troppo gracilina e con i tendini del malleolo (se non sbaglio) troppo lunghi, il che le avrebbe costato molta fatica in certi esercizi. La presero perché aveva “un bel faccino”. Il resto lo fece lei. Danzatrice di fama mondiale, Carla Fracci affrontò ogni genere di ruolo, dalla classica al musical, al jazz, alla contemporanea. Moltissimi i ruoli creati dalla fervida fantasia del marito. Uno per tutti “Il lutto si addice ad Elettra”, balletto in tre atti con musica di Bela Bartok, andato in scena in prima assoluta a Jesi nel 1995. Carla aveva 59 anni. Ma ballò molto e molto più in là con gli anni. Fu ineffabile interprete di Giuseppina Strepponi nella serie televisiva dedicata a Giuseppe Verdi.
Potrei citare mille altre cose, magari storpiando nomi e date. Una però la ricordo bene: a Cuba 1998 Festival del Balletto.
A Cuba si sa che governava una stella “Alicia Alonso” il cui nome valeva quello di Fidèl. I ballerini sbiancavano in volto per l’emozione al solo nominarla. Nel contingente italiano c’erano anche Carla Fracci, Bolle, Alessandra Ferri. Dopo l’esibizione della Fracci, Alicia Alonso, immobile come una statua (cos’aveva: 100 anni?) nel Palco reale del Teatro Nacional, si alzò in piedi ad applaudire. Bisogna aver vissuto l’atmosfera di Cuba per capire l’importanza di quel gesto.
Carla Fracci non c’è più. Starà volando tra le nuvole. La sola “terra” che veramente le convenga.
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L’ANNUNCIO E IL RICORDO DEL TEATRO ALLA SCALA
MILANO, giovedì 27 maggio – Il Teatro alla Scala annuncia con commozione la notizia della scomparsa di Carla Fracci avvenuta oggi nella sua casa di Milano. Il Teatro, la città, la danza perdono una figura storica, leggendaria, che ha lasciato un segno fortissimo nella nostra identità e ha dato un contributo fondamentale al prestigio della cultura italiana nel mondo.
“Con Maria Taglioni Carla Fracci è stata la personalità più importante della storia della danza alla Scala” ha dichiarato il Sovrintendente Meyer. “Cresciuta all’Accademia, ha legato intimamente il suo nome alla storia di questo Teatro”….
Carla Fracci è una figura cardine della storia della danza e di quella del Teatro alla Scala, ma anche un personaggio di riferimento per la città di Milano e per tutta la cultura italiana. La storia fiabesca della figlia del tranviere che con talento, ostinazione e lavoro diventa la più famosa ballerina del mondo ha ispirato generazioni di giovani, non solo nel mondo della danza. Entrata nel 1946 alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala, dove studia tra l’altro con Esmée Bulnes e Vera Volkova, Carla Fracci si diploma nel 1954 e nel marzo 1955 partecipa al “Passo d’addio delle allieve licenziande della Scuola di ballo” al termine di una rappresentazione de La sonnambula diretta da Leonard Bernstein con la regia di Visconti e Maria Callas protagonista. Nello stesso anno si rivela al pubblico sostituendo Violette Verdy nella Cenerentola di Prokof’ev e inizia un’ascesa che dal 1958 la vede prima ballerina. Nello stesso anno John Cranko, dopo Il principe delle pagode, la vuole nella parte di Giulietta in trasferta veneziana a San Giorgio Maggiore e la invita alla Royal Festival Hall, inizio di un’ascesa internazionale che tocca i maggiori palcoscenici e le più importanti compagnie del mondo, ma in cui la Scala conserva un ruolo centrale. Qui Carla Fracci danza tra gli altri con Mario Pistoni, Roberto Fascilla, Vladimir Vassiliev, Amedeo Amodio, Paolo Bortoluzzi, Mikhail Barishnikov, George Iancu e negli anni più recenti Massimo Murru e Roberto Bolle. Partner fondamentali restano Erik Bruhn, che le schiude le porte degli Stati Uniti, e Rudolf Nureyev con cui forma una coppia leggendaria. Interprete d’elezione dei grandi balletti romantici e delle nuove versioni dei classici create da Nureyev, la Fracci è anche dedicataria alla Scala di un numero imponente di nuove coreografie pensate per lei, da Sebastian di Luciana Novaro a La strada di Nino Rota e Mario Pistoni, Pelléas et Mélisande e Images d’Ida Rubinstein di Beppe Menegatti, fino a Chéri di Roland Petit (danzato per l’ultima volta alla Scala nel 1999 con Massimo Murru), e carismatica interprete dei balletti incastonati nelle opere inaugurali di Stagione: da Guglielmo Tell ai Vespri Siciliani e La Vestale, oltre che protagonista della rinascita di Excelsior con la regia di Pippo Crivelli. Proprio nella parte della Luce in Excelsior Carla Fracci ha calcato per l’ultima volta il palcoscenico del Piermarini nel 2000.