Adolescenza, voglia di evasione, rapporto con la madre. I temi di sempre in un film intelligente e sincero. No social

(di Patrizia Pedrazzini) Un’adolescente determinata e ribelle quanto basta, che sogna di andare lontano. Una madre severa al limite dell’inflessibile, ma buona e che augura, alla figlia, di essere “la migliore versione di se stessa”. Un padre tenero e disponibile che, come tanti padri, fa quello che può, stretto com’è fra le “personalità troppo forti” delle due donne di casa. E, sullo sfondo, la sonnolenta provincia americana, in questo caso dell’Ovest: Sacramento, 450.000 abitanti a 140 chilometri da San Francisco. Ovvero, per dirla con le parole della scrittrice Joan Didion: “Chiunque parli di edonismo californiano, non ha mai trascorso un Natale a Sacramento”.
Candidato a cinque Oscar, “Lady Bird”, opera prima come regista della sceneggiatrice statunitense (originaria di Sacramento) Greta Gerwig, è un film garbato e intelligente, dolce e sincero, tuttavia alieno da sentimentalismi e retorica, giocato su due temi. L’adolescenza, appunto, ma un’adolescenza (siamo nel 2002) ancora non insidiata dai social, per certi versi più “autentica”, meno deformata, il momento della vita nel quale è, sì, lecito e doveroso essere egoisti, irresponsabili e anche cattivi, ma a patto, grazie a tutto questo, di crescere, di capire, di arrivare – ed è qui l’ingresso nella maturità – a chiedere perdono. E, con l’adolescenza, il rapporto madre-figlia, uno dei più visti, rivisti e stravisti, tuttavia qui affrontato con la schiettezza e il rispetto dovuti a un’autentica storia d’amore. Che, come tutti gli amori veri, alla fine ottiene la meritata ricompensa.
Così Christine (Saoirse Ronan), che si fa chiamare Lady Bird (lady uccello, ma scritto tutto attaccato, Ladybird significa coccinella), odia Sacramento e sogna il college a New York, e alla fine ce la fa anche a concretizzare la propria voglia di fuga, ma solo per capire, grazie alle inevitabili, doverose delusioni, che la grande città non ha in fondo, quanto a substrato umano, niente da invidiare all’amata-odiata provincia, e per arrivare, subito dopo, a un’inattesa riconciliazione con le proprie origini, le stesse che non sapeva, o si rifiutava, di amare. Mentre Marion (Laurie Metcalf), madre amorevole ma dura, costretta dalla disoccupazione del marito a fare i doppi turni come infermiera, desidera sì il meglio per la figlia, ma rischia di farsi fagocitare dal senso del dovere, a scapito della comprensione e della tenerezza: “E se fosse questa, mamma, la mia versione migliore?”
Detto ciò “Lady Bird”, al di là dell’essere un film parzialmente autobiografico, ha soprattutto il pregio di affrontare lo spinoso tema dell’adolescenza in maniera scarna e schietta, senza esagerazioni ma anche senza sconti. E di riuscire come pochi a rendere il senso di costrizione e di soffocamento dei più giovani in una cittadina di provincia (le interminabili, sonnolente prime ore del pomeriggio), nonché il conseguente desiderio di evasione e la voglia di mettersi alla prova in una realtà più ricca e più libera.
Le cinque nomination riguardano il film, la regia, la sceneggiatura, l’attrice protagonista e l’attrice non protagonista.

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  1. […] difficile tra voglia di evasione e l’odio/amore per le proprie radici… (qui la nostra […]