VERONA, lunedì 1 aprile (di Carla Maria Casanova) – “Adriana Lecouvreur” di Francesco Cilea non è opera di largo consumo. Del compositore calabrese è la più importante, l’unica rimasta in repertorio, se si esclude “L’Arlesiana”.
Cilea (1866-1950) ebbe vita facile, lunga e felice. Riconoscimenti fin dai primi anni. Diligente studente di pianoforte a San Pietro a Majella, ottiene la medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione; la sua prima opera – “Gina” – è accolta con successo; “L’Arlesiana” (1897), rappresentata a Milano, ha per protagonista Enrico Caruso; ancora Caruso per “Adriana Lecouvreur”, (1902) successo strepitoso; “Gloria” (1907) viene diretta da Toscanini. Per concorso, Cilea ottiene la cattedra del Conservatorio di Palermo, poi di Napoli. Nel 1938 è nominato Accademico d’Italia. La città ligure di Varazze, dove il Maestro muore nel 1950, gli aveva dedicato la cittadinanza onoraria. Ma a ricordarlo rimane solo “Adriana Lecouvreur”, opera per giunta un po’ negletta. È stata però il cavallo di battaglia di grandi interpreti: una per tutte Magda Olivero. Ai giorni nostri, Daniela Dessì, alla cui memoria sono dedicate le recite in corso al Teatro Filarmonico di Verona.
Lo spettacolo, ripreso dalla produzione AsLiCo di alcuni anni fa, è firmato per regìa, scene e costumi da Ivan Stefanutti, artista “au noir” per eccellenza. Ed anche qui impera il buio, addirittura totale (o quasi) là dove si svolge il celebre duetto tra le due donne (soprano e mezzosoprano) che dovrebbero rimanere incognite l’una all’altra. Stefanutti ha ambientato la vicenda settecentesca nel primo ‘900, tra Liberty e Art Nouveau, con gusto raffinatissimo. Anche i costumi, giocati su bianco e nero, con profusione di candide piume di struzzo, sono splendidi.
Al secondo atto, l’opera prevede un balletto. Il libretto specifica “Il giudizio di Paride” e addirittura comporta una controscena: Paride ignora come di dovere le “concorrenti” Giunone e Pallade, ma anziché assegnare il pomo a Venere, lo offre alla principessa di Bouillon, la quale al momento ha tutt’altro per la testa. Il Teatro Filarmonico, per irrisolta vecchia vertenza, non possiede più un corpo di ballo. Stefanutti ha colmato l’ammanco con una azione coreografica che vede Paride trasformato nel celebre fauno di Nijinskij, versione qui appropriatissima. Ma lo affiancano due danzatrici. Pallade e Giunone? E Venere? E il giudizio? Direi: o tutte tre o tagliar la testa al toro e lasciare solo il fauno. Pignoleria a parte, è gran bello spettacolo.
Adriana Lecouvreur fa parte del cosiddetto verismo, meglio Giovane Scuola del dopo-Verdi: Mascagni, Leoncavallo, Puccini. Cilea, Giordano. E già si è detto quasi tutto. Fu una esplosione di opere di successo che rivoluzionarono il repertorio dei teatri di tutto il mondo. Adrienne Lecouvreur, attrice tragica parigina celebre anche per i suoi turbolenti amori (tra cui Voltaire), morì giovanissima. Avvelenata? Da qui la nostra storia, dalla tragedia di alta tensione psicologica dovuta a Scribe. Cilea la riempie di violenza amorosa, di spasimi e di attese. Celeberrime alcune arie (Io son l’umile ancella, O vagabonda stella d’oriente, Poveri fiori), e alcuni declamati di particolare forza (“Chiedo in bontà di ritirarmi”, “Scostavi, Melpomene son io”…) e anche fascinose pagine sinfoniche (intermezzo del secondo atto). Non ci sono momenti di calo: è un’opera tutta riuscita bene. La dirige con il necessario fervore, alla testa dell’Orchestra e Coro dell’Arena di Verona, Massimiliano Stefanelli già assistente di Argiris, Lombard e poi Levine. Ha girato il mondo e lì raccolto consensi e premi. A Verona debutta nella lirica. Protagonista il soprano cinese Hui He, nota a Verona sin dal 2002. La sua tenuta scenica è pregevole e, moderato qualche sbandamento nel registro acuto, è un’ottima Adriana. Fabio Armiliato (Maurizio) ha imparato il ruolo sotto la guida della moglie Daniela Dessì. Con lei era un’altra cosa. Ma sono anche passati degli anni. Carmen Topciu, recente Carmen in Arena, debutta come Bouillon. Il timbro è bello e in scena ha allure. Michonnet sembra personaggio defilato ma non è vero: Alberto Mastromarino gli dà tutto il rilievo che merita.
Anche al Filarmonico, sala esaurita, una “Adriana Lecouvreur” di successo.
Teatro Filarmonico, Verona: “Adriana Lecouvreur” di Francesco Cilea. Repliche, 2 aprile (ore 19), 4 (ore 20), 7 (ore 15,30). La recita del 2 ha un secondo cast. Lo spettacolo dura 3 ore e 10 minuti.