
Milano. Gianrico Tedeschi e Alberto Onofrietti in “Farà giorno”, di Menduni/De Giorgi, al Teatro Franco Parenti.
(di Paolo A. Paganini) Sì, d’accordo, farà giorno. Ma, intanto, questa “nuttata che ha da passà” non passa mai. Una notte lunga, una notte malata, una notte metaforica, certo, sprofondata in un buio d’ignoranza, d’indifferenza, di violenza, di ricordi che ritornano come incubi, di un male di vivere in un presente senza speranze. E quando poi farà giorno, un vecchio si ritrova con una gamba rotta, perché un giovane, un cretino, che guidava senza patente, l’aveva investito. Ora il ragazzotto lo supplica di non denunciarlo, perché ha qualcosina ancora in sospeso, e finirebbe in galera. Fanno un patto, un contratto d’onore: il vecchio non lo denuncerà, ma il giovane s’impegnerà a fargli da badante finché la gamba non andrà a posto. La conseguenza coabitativa diventerà un feroce scontro dialettico tra il vecchio, un ex tipografo, partigiano comunista con molti ricordi e molte ferite, e il giovane, un bullo di quartiere, violento e ignorante come una capra, pieno di muscoli e di tatuaggi inneggianti al Duce e al truce passato nazifascista.
Tra i due come potrà esserci intesa? Eppure…
In due tempi (due ore e mezzo con un intervallo) al Teatro Franco Parenti di Milano, lo spettacolo, dal titolo appunto “Farà giorno”, di Rosa A. Menduni e Roberto De Giorgi (abile drammaturgia con qualche carognata sentimentale e lacrima finale malandrina), diventa, da una parte, un percorso di crescita del giovane, verso la conoscenza e la responsabilità civile, e, dall’altra, dalla parte del vecchio, un debito da pagare per qualche amaro e crudo ricordo, di quando la fede nella giustizia e nella libertà gli fece dimenticare pietà e tolleranza. E allora diciamo che, senza altri giri di parole, è uno spettacolo assolutamente imperdibile. La locandina recita “L’evento teatrale dell’anno”. Non è esagerato.
In scena c’è il novantatreenne Gianrico Tedeschi, un superbo, tenerissimo vecchio, d’invidiabile memoria, stupefacente nella tempistica degli interventi, con quella sua elegante, bonaria ironia ora sorniona ora burbera. Gli sta alla pari, seppure all’opposto, per irruenza, energia, spavalderia e cialtronismo, il bravissimo trentaduenne Alberto Onofrietti, esperto in lingue e dialetti, qui bullescamente esibito in irruento eloquio trasteverino, a fronte del vecchio tipografo comunista padovano, esemplare pedagogo, che spesso scivola nell’irresistibile intercalare veneto, che tutto risolve: il simpatico e sbrigativo “va in mona”. Marianella Laszlo qui fa la figlia, che torna alla casa del padre dopo trent’anni, portando un lungo corteo di ricordi e di fantasmi.
Il primo tempo è semplicemente strepitoso. Inevitabile caduta nel melodramma la seconda parte. Regia di Piero Maccarinelli, attenta, precisa, senza sbavature, rigorosa e tenerissima, soprattutto orgogliosamente rispettosa della pietas della vecchiaia. Applausi finali da grande evento. Appunto.
“Farà giorno”, Teatro Franco Parenti – Via Pier Lombardo 14, Milano . Repliche fino a domenica 22 dicembre. Infine, sarà a Carrara il 27 e 28 dicembre. Poi verrà ripreso il prossimo anno