Alberto Lionello: brillante, ironico, seduttore di platee. Lo charme dell’ultimo grande attore. Quand’ancora esistevano

(di Andrea Bisicchia) La storia di un grande attore sembra inventata, perché corredata da eventi, da episodi che hanno più a che fare con l’immaginario teatrale, piuttosto che con la fatica per diventare tale. È possibile, oggi, parlare ancora di grande attore, in un momento in cui si registra l’affermazione della messinscena collettiva o di gruppo, che esclude l’affermazione del singolo? Forse non va più utilizzata la definizione: “tramonto” di cui parlava D’Amico (“Tramonto del grande attore”, Ed. Mondadori), bensì ne va segnalata la scomparsa.
Chiara Ricci che si è specializzata in biografie d’attori, dopo aver scritto su Anna Magnani e Lilla Brignone, ha pubblicato, per le Edizioni Book Publishing, “Signore & Signori… Alberto Lionello”, utilizzando il metodo storiografico fondato sulla ricerca nelle emeroteche e sulle interviste a chi gli è stato vicino, soprattutto, professionalmente, le cui testimonianze arricchiscono le notizie poco note sulle qualità tipiche del grande attore, qual era Alberto Lionello, attento a non recitare soltanto il testo, ma anche le contraddizioni, le ambiguità, le metafore, le allusioni che lo caratterizzano.
Il talento o ce l’hai o non puoi acquisirlo, Lionello lo possedeva sin dagli esordi. Diceva chiaramente di non essere un intellettuale e di non volerlo neppure sembrare, al contrario degli attori di oggi che si ritengono anche scrittori, solo perché intervengono sui testi altrui, volendo dimostrare la loro bravura intellettuale, piuttosto che quella attorale.
Forse per questo motivo, la categoria del grande attore è scomparsa.
Lionello capì subito quale sarebbe stata la sua carriera, Chiara Ricci la ricostruisce, partendo dagli esordi, ovvero dall’Accademia dei Filodrammatici e dai primi contratti con dei maestri che egli stesso sceglieva, come Gandusio, Besozzi, Melnati, Porelli, Calindri, tutti attori “brillanti”, come se fosse stato predestinato a occupare quel ruolo, benché sapesse coniugarlo con ruoli drammatici.
Si impose subito per delle doti innate, come la brillantezza, l’ironia, la duttilità, lo stile, lo charme. Amava sedurre il pubblico. Fece quasi subito “Ditta” con Volonghi-Buazzelli e, quindi, con Merlini-Garrani. Nel 1960 esplose il successo di “Canzonissima”, insieme ad Aroldo Tieri e Lauretta Masiero, il pubblico ricorda ancora la sua paglietta e il suo “la la la la”. Lo notò Ivo Chiesa che gli fece firmare un contratto che durò per ben sette anni, allo Stabile di Genova, accanto a Luigi Squarzina, al quale riconobbe una sua parte di maturazione. Alcuni suoi spettacoli appartengono ormai alla storia del teatro, da “Uomo e galantuomo” a “Ciascuno a suo modo”, ai “Due gemelli veneziani” (successo mondiale), a “Il Diavolo e il buon Dio”, a “La coscienza di Zeno”, a “La pulce nell’orecchio”.
Recitava a teatri sempre esauriti, col pubblico sedotto dalla sua bravura. La seduzione, per lui, era tutto, la utilizzava in maniera positiva, ben diversamente da come la intendesse, in quegli anni, Baudrillard: “artificio del mondo”. Lionello odiava l’artificio, era un Don Giovanni, come il personaggio che seppe coniugare in diversi spettacoli per il suo modo di sedurre, da quello cinico di “Uomo e galantuomo”, a quello nevrotico di Zeno, a quello “involontario” di Brancati, a quello esuberante di “Ciao Rudy”, a quello insoddisfatto ed egocentrico di “Monsieur Ornifle”. Qualcuno avanzò l’ipotesi che, a contatto di simili personaggi, si ammantasse di un certo gigionismo, in verità, Lionello era molto scrupoloso, persino meticoloso, in modo tale da non rispiarmarsi nessuna fatica. Anzi, delle volte, i compagni di scena lo accusavano di rinchiudersi in se stesso, di essere “antico”, proprio come un grande attore del passato, solo che nessuno possedeva dei guizzi meravigliosi come lui. Era un Don Giovanni a cui, sulla scena, non dispiaceva di fare anche il cornuto perché, diceva, i cornuti sul palcoscenico hanno sempre successo.
Nel 1978 avviene l’incontro con la bellissima Erika Blanc, che diventerà sua compagna di vita e di scena. Straordinario il loro “Piacere dell’onestà”, con la regia di Puggelli, dove risultava finalmente credibile che Agata si potesse veramente innamorare di Baldovino. Fu replicato per tre stagioni, come del resto altri fotunatissimi spettacoli, da “Divorziamo” a “Il giuoco delle parti”.
Enrica lo accompagnerà fedelmente fino alla morte precoce, in piena maturità d’attore, avvenuta nel 1994.
Scompariva un vero signore della scena, forse l’ultimo, che lo si ricorda per i suoi occhi grandi e il suo volto luminoso.
Il volume è corredato dalla teatrograrfia e dalla filmografia, oltre che dall’elenco degli spettacoli realizzati in televisione e alla radio.

Chiara Ricci, “SIGNORE & SIGNORI… ALBERTO LIONELLO” – Edizioni Book Publishing 2014 – pp 166 – € 15