Aldo Giovanni e Giacomo tornano con una storia discreta e struggente. Nella quale si ride bene, ma senza esagerare

(di Patrizia Pedrazzini) Rieccoli. Tre anni dopo il deludente “Fuga da Reuma Park”, ultimo capitolo di una parabola discendente avviata nel 2008 con “Il cosmo sul comò”, Aldo Giovanni e Giacomo tornano sugli schermi. A tacitare quanti paventavano che la loro vena umoristica si fosse, negli anni, esaurita, e a chiarire che il momento buio, quello della crisi, è finito. E, per farlo, sono andati sul sicuro, richiamando dietro la macchina da presa Massimo Venier, il regista che, a partire da “Tre uomini e una gamba”, del ’97, ha firmato i primi cinque riuscitissimi film del trio.
Nella loro ultima fatica, “Odio l’estate”, i tre sono sempre loro – caratteri e maschere non sono cambiati – solo che, inizialmente, non si conoscono. E, quando si conoscono, non vanno d’accordo. Troppo differenti e distanti i mondi dai quali provengono: Aldo è un ipocondriaco nullafacente, Giovanni ha un ordinatissimo negozio di articoli da calzoleria nel quale non entra mai nessuno, Giacomo è un dentista ricco e affermato (con qualche scheletro nell’armadio). Ma l’amicizia è dietro l’angolo, pronta a uscire allo scoperto. E, quando questo accade, tutto miracolosamente torna com’era: la comicità schietta e pulita, mai volgare, surreale ma non troppo, e sempre venata di malinconia, “alla milanese”; il botta e risposta che corre via liscio; le battute che nessun altro riuscirebbe a inventarsi (“Sì, ridiamo, ridiamo. Ridevano anche i Maya e… si sono estinti!”); l’immancabile viaggio in macchina, Giovanni e Giacomo davanti, Aldo dietro; gli antichi fasti che si rinnovano (la partita di pallone sulla spiaggia è un must: come resistere alla tentazione di riproporla?).
Sono solo più vecchi, i tre, ma per il resto Aldo è il guascone filosofo di sempre, Giovanni il solito pignolino che se non spacca il capello in quattro non sta bene, Giacomo il borghese perennemente intrappolato in problemi che non sa risolvere.
In breve: con mogli e figli (e un cane), i nostri partono da Milano per le vacanze estive, destinazione un’isola del Meridione, dove hanno affittato, per un errore dell’agenzia, la medesima villetta sul mare. Inizialmente mal digerita e sopportata, la forzata convivenza si trasforma presto in occasione di conoscenza, di scambio di esperienze, di aiuto reciproco, di sincero affetto. Fra cani che spariscono con la cagnolina del posto, figli che si innamorano, ragazzini in crisi preadolescenziale che scappano di casa dopo il primo ceffone della loro vita, mogli insoddisfatte che riscoprono quanto siano terapeutiche quattro risate fra donne, marescialli dei carabinieri (Michele Placido) sornioni e accomodanti, canzoni di Massimo Ranieri.
Ben amalgamate anche le figure delle tre mogli (interpretate da Lucia Mascino, Carlotta Natoli e Maria Di Biase), comprimarie ma mai spalle dei protagonisti, ben definite nelle loro differenti frustrazioni quotidiane, tuttavia capaci, una volta abbassata la guardia, di scioltezza e di generosità. Perché estate vuol dire anche lasciarsi andare. E lasciar correre. Il tutto in grande sintonia.
Il risultato è una commedia godibile, discreta e struggente. Nella quale si ride bene, ma senza esagerare.
Tutto a posto, allora? Eh no, troppo facile. Perché comunque il tempo è passato, e niente è per sempre. Occhio al titolo.