All’Out Off Francesco Manetti, un sopravvissuto della storica avanguardia italiana

Francesco Manetti all’Out Off in “A.H.”, una intensa perfomance, come allegoria del male e come storia  della violenza

Francesco Manetti all’Out Off in “A.H.”, una intensa perfomance, come allegoria del male e come storia
della violenza

(di Paolo A. Paganini) Non smentendo le proprie primigenie origini e le ultratrentennali benemerenze nell’ambito della ricerca, anche con coerenti proposte, con coraggiosi avanguardismi teatrali, ora il Teatro Out Off ospita ’operazione drammaturgica di Federico Bellini e Antonio Latella (anche regia), “A.H.”, un non criptico cerebralismo, che sta per Adolf Hitler. In realtà la monologante performance di Francesco Manetti (un’ora e dieci) vuol essere una specie di allegoria del male (o della follia), che trova appunto nel fuhrer il più tragico, il più oltraggioso, il più infame dei simboli. Manetti usa il corpo come massimo strumento di sapienza espressiva. Non si tira indietro in nessuna occasione di possibili significati: lordandosi, andando a quattro zampe in lugubri latrati, vomitando, strappandosi di dosso il cartaceo abito bianco, rimanendo in mutande, ma sì, togliamoci anche quelle, e poi ululando, gridando, gemendo. Per dimostrare cosa? Per dimostrare una specie di storia della menzogna e del tradimento dell’uomo nei confronti del suo Creatore, che aveva creato l’uomo e la donna per popolare la terra e perché vivessero in pace felici e contenti. Ma poi l’uomo inventò la clava –  e Manetti ne fa mimicamente la storia – , il sasso, la fionda, la lancia, l’arco e, su su,la balestra, il moschetto, fino agli ultimi ritrovati delle stragi di massa, mitraglie, bombe, gas… in un concertato di sirene, crepitii, esplosioni. Manetti ci si guazza davanti a un pubblico straordinariamente silente ed attonito, e alla fine entusiasta. Ma è un pubblico quasi tutto giovane, che probabilmente nulla sa delle avanguardie storiche e delle loro provocazioni (ah, le italiche avanguardie teatrali, sempre in ritardo nel panorama europeo), che, senza partire dalle radici futuriste, fin dall’inizio degli Anni Settanta, sconvolgevano le italiche platee, con memorabili personaggi come Quartucci, De Berardinis, Mario Ricci, Carmelo Bene e tanti altri ancora, finiti presto, più o meno, nel dimenticatoio, ma che pur scorrazzavano su e giù per la penisola in camion, carri di Tespi, per piazze e teatrini, tra fischi , fautori ed ammiratori, con la ferrea ed eroica volontà di scardinare languori, salamelecchi, sdolcinature del perbenista teatro borghese. Ma è tutto finito. Rimane qualcuno che ancora ci crede. Per questo, per rendersi conto di una pagina di teatro forse dimenticata, si può ora andare a vedere Francesco Manetti, in questo suo generoso e faticoso “A.H.”. Lo merita.

Si replica solo fino a domenica 20.
www.teatrooutoff.it