MILANO, mercoledì 11 maggio ► (di Paolo A. Paganini) – C’è spazio oggi per un teatro di parola, un teatro di pensiero che s’incarni, si faccia verbo, oggi, in un mondo sommerso d’immagini, tutti frastornati da miliardi di accensioni che invadono la nostra mente, che distraggono il nostro cervello pensante?
La domanda ci porta a chiederci: c’è posto, oggi, per il teatro di Giovanni Testori (teatro o, piuttosto, liturgia?
Prendiamo la trilogia testoriana, ch’è teatro di parola in senso stretto: “Factum est”, “Conversazione con la morte” e “Interrogatorio a Maria”. In particolare, l’Interrogatorio a Maria c’impone una specie di genuflessione spirituale, smarriti nel dolore, estasiati in un sensuale rito d’amore. Lo provai, nel ’79, nella chiesa di Santo Stefano, a Milano. Ora, l’ho vissuto all’Out Off.
E torno a farmi la domanda sul teatro di parola. Allora scopro che anche gli attori, i registi, qui, nella fattispecie Nicoletta Mandelli (Maria) e Paolo Scheriani (regista e interrogante), nutrono forse qualche dubbio sull’intoccabile religiosità della parola, anche se non viene mai disattesa o attenuata o distorta, e tuttavia hanno avvertito il bisogno di teatralizzarla, di drammatizzarla (movimenti e oggetti scenici, musiche di David Bowie, effetti luce, viva voce alternata a microfono).
La nuda, tragica, inquietante parola di Giovanni Testori ha dunque bisogno di avere un’acconcia confezione? Personalmente non credo. Ma non si deve nemmeno essere così drastici di negare possibili alternative. Non c’è mai in teatro, neanche nella vita, l’imperativo categorico: prendere o lasciare. Penso, dunque, che possano esserci altre possibilità espressive (negate dallo stesso Testori, ma questo è un altro discorso), purché non si sia distratti da una artificiosa pletora d’invenzioni. E, ora, in questo algido, drammatico, coinvolgente allestimento, qualche rischio c’è (il pur limitato e contenuto ausilio musicale di David Bowie talvolta svia e distrae). Ma si possono usare trucchi e marchingegni teatrali finché si vuole, la parola testoriana, così dolorosa, così inchiodante nel suo afflato di vita e di morte, ne uscirà sempre trionfante.
Ci sono due momenti da brividi. Il primo, quando Maria è stata ingravidata dallo Spirito Santo. L’uomo che la interroga, le chiede (con un sospetto di umana malizia) cos’ha sentito. “sono stata avuta, non posseduta…” E la liturgia testoriana si fa carnale, lacerante, pulsante di sangue per quel grumo di vita che rappresenta tutti noi. Non c’è più traccia di riferimenti di antiche Sacre Rappresentazioni, di laudi medievali o di altre madonne. Nella parola testoriana qui emerge, misteriosamentre, sensualmente, il richiamo biblico della donazione, dell’amore. E poi, ancora, quel secondo momento, che lascia storditi, quando Maria assiste alla flagellazione e crocifissione di nostro Signore, di suo Figlio, con il cuore di madre, con la pietà di ogni madre per le sofferenze di un figlio.
E qui non c’è più posto per trucchi e marchingegni. Qui c’è una madre che ti strappa il cuore. Da vedere. Commossi e annichiliti.
Della Mandelli s’è detto. Dello Scheriani diremo che abbiamo apprezzato la sua sobrietà, il fare spazio soprattuto a Maria (la regia m’è parsa un po’ pasticciata). E poi c’è un’intensa ragazzina, che sembra Maria fanciulla (e non per niente si chiama Ginevra Cerri Mandelli!). Promettente.
Lo spettacolo, che è molto breve, 45 minuti, sarà seguito nelle repliche (fino a domenica 15), di sera in sera, da concerti o da cori o da celebrazione testoriane e presentazioni di libri.
“Interrogatorio a Maria”, di Giovanni Testori, con Nicoletta Mandelli, Ginevra Cerri Mandelli, Paolo Scheriani (anche regia). All’Out Off, via Mac Mahon 16, Milano.