Amare. Ma poi scoprire di non essere amati. E, divorati dal demone della solitudine, precipitare in un abisso d’angoscia

(di Andrea Bisicchia) – Il teatro, la letteratura, il cinema, spesso, hanno trattato il tema degli “spostati”, ovvero di coloro che, scartati dalla vita, hanno cercato diverse vie di fuga, per difendere una propria identità, sconvolta dagli eventi.
Gli spostati sono come gli “sbandati della vita” che troviamo in “Marionette, che passione”, di Rosso di San Secondo, proprio perché abbandonati da coloro che amavano.
Chi sono i referenti del nuovo libro di Carla Stroppa, “Gli spostati. Vivere senza amore”, edito da Moretti&Vitali? Tutti coloro che non sono riusciti a capire il fine e il senso della propria esistenza, tanto da allontanarsi dagli altri, non solo fisicamente, ma anche mentalmente, solo che, quando viene coinvolta la mente, ne risente la psiche che dovrà scontrarsi con la solitudine, l’angoscia, la depressione, perdendo quel percorso spirituale, necessario per ripararsi dai conseguenti traumi. Gli spostati, per la Stroppa, psicanalista junghiana, ma anche scrittrice, amante della letteratura, del teatro, della filosofia, non sono altro che degli ossessi, divorati da demoni di dostoevskiana memoria. Generalmente queste persone che, in arte, diventano personaggi, vengono a scoprire l’assenza d’amore in coloro li circondano, tanto che il loro mondo subisce una specie di frammentazione, come se fosse attraversato dal maligno, ma anche da una tensione verso il trascendente, nel caso in cui, tra gli spostati, mettiamo anche i mistici o i poeti.
Carla Stroppa è convinta che esista una analogia tra i pazienti e i personaggi che si incontrano nelle varie esperienze artistiche, come nel cinema, dove recentemente abbiamo conosciuto uno “spostato” come Joker, protagonista del film di Todd Phillips, che l’autrice analizza, non dal punto di vista del critico cinematografico, bensì da quello psichiatrico, come a voler significare che l’analista è un po’ come il regista, avendo il medesimo compito, quello di entrare nel mondo interiore del paziente e dell’attore, per spiegare la materia oscura che si muove dentro di loro, quando interpretano, ciascuno a suo modo, le proprie parti. Chi segue le prove di uno spettacolo, spesso sente dire dal regista; “spostati di là”, che non vuol dire fare un movimento, ma compiere un’azione intesa come riflesso di un pensiero.
Tra gli spostati, la Stroppa mette Don Chisciotte, ben diverso da Joker, per il quale esisteva una realtà ontologica del male che coincideva con il lato oscuro della psiche, mentre per Chisciotte esiste la realtà fantasmatica, un “oltre” che sa di irrealtà, corroborata, a sua volta, dall’amore inventato per Dulcinea.
Non mancano le incursioni nel mondo del mito, tra tipi dionisiaci e apollinei, in particolare tra quelli presenti nell’Odissea, ritenuta, dalla Stroppa, un inesauribile paradigma di conoscenza simbolica, quella stessa che troviamo nel mondo della fiaba. Il lettore si imbatte in personaggi “sbandati” come Ulisse, l’Asino di Apuleio, Faust, il quale si dà alla magia per esplorare il proprio inconscio, andando in cerca di risposte, prima di farsi delle domande. Tra gli spostati, ci sono anche gli esclusi, come Cenerentola, fragile, smarrita, non dissimile da Zoe, una paziente della Stroppa, angosciata, anch’essa, dall’isolamento. È chiaro che, tra le persone, ci sono altri pazienti che la Stroppa ha esaminato per conoscere i traumi che li hanno resi “spostati”, nel senso che hanno smarrito la propria personalità. Di una cosa è certa l’autrice del libro che l’immaginario, sia singolo (Freud) che collettivo (Jung), non possa essere negato da nessuna mente razionale, perché la capacità dello sguardo simbolico è la sola che permette di trasformare l’individuale in universale e di entrare in quel mondo dei simboli della mente umana che vanno spiegati nel momento in cui essa comincia a vacillare.

Carla Stroppa, “Gli spostati. Vivere senza amore”, Moretti&Vitali 2020, pp. 214, € 20
www.morettievitali.it