LOCARNO, venerdì 15 agosto
(di Marisa Marzelli) Il Festival di Locarno è alle battute finali. Nell’ampio spettro di offerta ogni tipo di pubblico ha trovato di che soddisfarsi, dall’adrenalinico Lucy di Luc Besson, che ha aperto la programmazione serale in Piazza Grande, al recentissimo Kommunisten (è ancora una copia di lavoro) di Jean-Marie Straub; dalle opere del concorso internazionale a quelle stilisticamente più radicali del concorso cineasti del presente. E ormai, con l’assegnazione del Palmarès, fra un po’ conosceremo i verdetti delle giurie. Anche se, sempre più spesso ai festival, vincere un premio prestigioso ormai non è sinonimo di successo (e nemmeno di uscita) nelle sale.
La sezione più vista e commentata è quella dei film della Piazza, che quest’anno ha alternato buone produzioni ad operine più leggere, senza sfornare capolavori.
Da segnalare, in questa sezione, lo svizzero Schweizer Helden del regista Peter Luisi, che affronta in forma di commedia un tema ingombrante come l’arrivo degli esuli in fuga dai Paesi in guerra. Una signora della buona borghesia elvetica, casalinga disperata e in fase di separazione coniugale, decide di darsi al volontariato. Dovrebbe insegnare il tedesco a un eterogeneo gruppo di richiedenti l’asilo ma finisce per mettere in scena con loro una versione un po’ approssimativa del Guglielmo Tell di Schiller. Tutti si appassionano e si identificano con le battaglie dell’eroe elvetico, anche se l’espulsione è dietro l’angolo. La forza dei classici è di saper parlare a tutti.
Altro titolo interessante Marie Heurtin del francese Jean-Pierre Améris. Storia alla Anna dei miracoli di una giovane suora che in un istituto religioso del tardo Ottocento riesce a educare una ragazzina sorda e cieca al linguaggio dei segni, mettendola così in comunicazione con il mondo. Apprezzabile soprattutto l’equilibrio assolutamente laico con cui il film affronta la difficile tematica.
Più schematici, pur trattando entrambi argomenti ostici, il tedesco Hin und Weg di Christian Zübert e il francese A la vie di Jean-Jacques Zilbermann. Il primo racconta di un malato incurabile che, ancora in forze, sceglie il Belgio per il suicidio assistito, accompagnato dai parenti e dagli amici più cari per una scampagnata in bicicletta per lui senza ritorno. Il secondo, tratto dalla storia vera della madre del regista (interpretata dalla figlia di Depardieu, Julie) segue negli anni gli incontri periodici di tre amiche, sopravvissute ai campi di concentramento nazisti.
In cartellone anche qualcosa di più leggero, come The Hundred-Foot Journey di Lasse Hallström. Il regista svedese ha confezionato un Chocolat in salsa curry, fiaba di due ristoranti, uno di cucina francese, l’altro indiana, in concorrenza tra loro per le stelle Michelin. Ricette e impiattamenti come protagonisti, oggi di moda. C’è anche Helen Mirren ma in un’interpretazione di routine. Da segnalare ancora Sils Maria del francese Olivier Assayas. Ottima prova di Juliette Binoche, affiancata da Kristen Stewart (la Bella di Twilight) e Chloë Grace Moretz, in un film già visto a Cannes. Assayas è un po’ cerebrale nel riproporre la sua variante di Eva contro Eva o Tutto su mia madre. Tra riti del mondo dello spettacolo e una famosa attrice che dopo essere stata la protagonista giovane in una famosa pièce, nel sequel deve interpretare l’antagonista più anziana.
Ambiziosi drammoni e lievi commedie: sventagliata dei film più visti a Locarno… in attesa di giudizio
15 Agosto 2014 by