Amori, arazzi, uno showman. E una fabbrica di morte. Nella terra del Grande Lago, vittima di una catastrofe ambientale

(di Marco Beck) L’ex repubblica sovietica dell’Uzbekistan, nell’Asia centrale, è un Paese ricco di contrastanti attrattive. Anzitutto il Lago d’Aral, fino a qualche decennio fa immenso e pescoso, oggi inquinato e quasi prosciugato, vittima di una catastrofe ambientale: a fattori climatici si sono aggiunti massicci prelievi idrici per l’irrigazione di estensive piantagioni di cotone, fonte per i latifondisti di pingui profitti contrappuntati da malattie e decessi di braccianti sottoposti a un cinico sfruttamento. Note più liete riguardano cultura, arte e artigianato, con le moschee e i mausolei di Samarcanda, cui si affiancano la tradizionale produzione della seta e una pregiata arazzeria.
Tutti questi e diversi altri connotati geografici, storici, antropologici definiscono ambientazione e cornice di un romanzo che si segnala per la sua carica di esotismo perlopiù realistico ma striato di colori metafisici, Il principio della terra. Ne è autrice Elena Maffioletti, raffinata intellettuale, ispanista e viaggiatrice, che divide il suo tempo fra Bergamo, la Val Seriana e l’Abruzzo.
Sorretta da uno stile incisivo, icastico, capace di un nitore paragonabile alla visuale di una videocamera, caratterizzata nell’articolazione dei dialoghi da una densa essenzialità direttamente convertibile in sceneggiatura cinematografica, la narrazione – che attinge a una conoscenza di prima mano del territorio uzbeko – si dirama in una molteplicità di linee tematiche, seguendo le vicende individuali o collettive di un gran numero di personaggi.
Numerose risultano anche le possibili chiavi di lettura. A contendersi il primato sono, di pagina in pagina: la fitta ragnatela di episodi al centro della quale siede Anrai, moderna Aracne, geniale creatrice di arazzi, nonché proiezione metaforica della scrittrice intenta a ricamare il proprio tessuto verbale; la denuncia dello scempio ecologico perpetrato ai danni del Lago d’Aral; l’inchiesta intorno alle criminali sperimentazioni batteriologiche compiute da scienziati e militari sovietici sull’isola lacustre di Rad nel contesto della Guerra fredda; gli squilibri politico-sociali riconducibili alla precipitosa conquista dell’indipendenza nel 1991, dopo lo sfaldamento dell’URSS.
Un’ulteriore pista di accesso al cuore del romanzo ha a che vedere con il teatro in senso lato. Vengono alla ribalta, infatti, alcune forme autoctone di spettacolo, di intrattenimento offerto ai turisti stranieri. Il “mattatore” è Nail, un giovane artista poliedrico, attore, danzatore, mimo, in seguito anche acrobata circense e persino pilota di mongolfiera. Il suo talento dissoluto e dissipato finisce col risucchiare in un gorgo omoerotico il marito di una fotografa francese che si aggira nell’Uzbekistan non solo per realizzare un reportage ma anche per soddisfare un segreto desiderio.
L’inclinazione omosessuale riveste però, nella dinamica degli eventi, un ruolo alquanto marginale, venato d’ironia. Predominano ben altre passioni. Il principio della terra ne squaderna un variegato catalogo, poiché non è un semplice romanzo d’amore, bensì un romanzo di amori, nutrito di sentimenti forti, brucianti, umanissimi.
In pole position, sulla griglia della casistica amorosa, si piazza il rapporto coniugale, quell’“attrazione fatale” che unisce due persone di sesso diverso nel progetto di una famiglia. Un patto, di norma, fecondo di figli. Ma, guarda caso, proprio l’amore esemplare tra due uzbeki in età matura, Uymar e Umma, non conosce la gioia della paternità e della maternità per un oscuro problema di infertilità. Conosce, invece, l’esperienza dell’improvvisarsi genitori adottivi, impegnati in una strenua lotta per la salvezza di una ragazza sradicata dal villaggio nativo, che l’impossibilità di strappare il fidanzato a un’ingiusta condanna a morte spinge verso un suicidio per anoressia.
Non manca neppure, sempre all’insegna dell’eterosessualità, un excursus di piccante erotismo. Due sconosciuti condividono una dirompente intimità nelle tenebre della capitale Taškent colpita da un blackout notturno. Lui è “Nessuno”, un innominato graffitaro, difensore del popolo e fustigatore del regime governativo; lei una giovanissima prostituta dotata di una sensualità non priva di dolcezza.
Spiazzante, infine, l’ultima “variazione sul tema” inscenata da Elena Maffioletti con un gran colpo d’ala: una sublimazione dell’amore, un puro incontro di cuori fra Anrai Ahl, l’eterea tessitrice di arazzi giunta sulla soglia della morte, e Aleksander Akov, lo scienziato che con questo suo surreale innamoramento sconfessa e riscatta anni di impegno teso a sviluppare micidiali armi di distruzione di massa negli inaccessibili laboratori in mezzo al lago. Un uomo già minato nella salute e una donna ormai moribonda celebrano così, in extremis, un sacramento laicamente religioso, simbolo di pace fra due popoli antagonisti, il russo e l’uzbeko. È, il loro, quello che un altro valente scrittore, Luca Desiato, definirebbe, con suggestivo ossimoro, «un corpo a corpo d’anime».

Elena Maffioletti, “Il principio della terra”, Prefazione di Christiana Ruggeri, Postfazione di Davide S. Sapienza, Infinito Edizioni 2018, pp. 176, 14.