MILANO, venerdì 16 giugno ► (di Andrea Bisicchia) Da circa un mese, i palcoscenici milanesi, quelli Off, ovvero spazi alternativi, alcuni già noti, altri in continua fase di allestimento, stanno vivendo un’esperienza particolare che rispecchia una situazione altrettanto particolare, quella del moltiplicarsi di compagnie, associazioni, drammaturgie, ma soprattutto spazi.
Non siamo molto lontani dalle “Cantine Romane” del ’68 per alcuni casi di Milano Off, un festival dislocato in 14 luoghi, che vede impegnate 50 compagnie, inferiori alle 84 che hanno invaso gli spazi della Fabbrica del Vapore, per il Festival IT svoltosi la settimana scorsa.
Facevo riferimento all’avanguardia romana del ’68, perché le Compagnie non superavano le 10 unità, così come, sempre a Milano, il numero delle Cooperative si contava sulle dita di una mano. Non molto diversa fu la situazione di “Milano 90” ( 6-16 Marzo 1997), il festival che dette vita ad alcune formazioni come Fanny e Alexander, Masque Teatro, Teatro del Lemming, Teatro Clandestino, Accademia degli Artefatti, Studio Momus che, nel giro di pochi anni, acquisirono riconoscimenti internazionali. Per i critici fu anche un’opportunità per conoscere i linguaggi delle nuove generazioni. A dire il vero, allora, non si faceva molta fatica seguire un numero moderato di Compagnie. Il festival delle nuove generazioni, definito “Scena ardita”, fu curato da Antonio Calbi e Andrée Ruth Shammah ed ebbe una sola sede, quella del Franco Parenti.
Seguire oggi più di 150 compagnie tra spettacoli, laboratori eccetera, sarebbe inimmaginabile. Allora bisogna fare delle scelte, magari poche, ma significative, indicarle come archetipo di altre aggregazioni, può essere utile per poter fare alcune considerazioni, magari di carattere sociologico. Le prime domande sono: Perché sono così numerose? Perché quasi tutti scrivono i loro testi, mettendoli in scena senza l’occhio vigile di un giovane regista che potrebbe dare dei consigli? Perché recitare dinanzi a un pubblico, a volte raccattato? La risposta potrebbe essere: siamo in cerca di visibilità, risposta pertinente, ma se non vengono critici ed operatori, la visibilità è concessa solo agli amici.
La verità potrebbe essere un’altra: non essendoci possibilità di lavoro, dove indirizzare la propria creatività, le proprie ansie? Personalmente credo che le nuove generazioni, disilluse dalla situazione di stagno per quanto riguarda il mondo del lavoro, vanno in cerca di occasioni più semplici e accattivanti: la politica e lo spettacolo; non importa la preparazione, la professionalità, cercano e basta. Debbo confessare che, se gli operatori seguissero di più gli eventi, non solo potrebbero essere d’aiuto alle loro aspirazioni, ma potrebbero anche considerarsi soddisfatti per aver individuato qualcosa di artisticamente valido.
Mi riferisco ad alcuni spettacoli che ho visto, insieme a Lorenzo Vitalone, allo Spazio Dilà, come: “7 paia di scarpe di donna”, autrice e attrice Valeria Ducato, “La guerra di Angela”, di e con Giuseppina Facco, e “Girls like that” di E. Placey, messo in scena da Upnos APS e interpretato da quattro bravissime attrici, due delle quali si sono formate a Santa Cristina, si tratta di Giulia Gallone, Flavia Mancinelli, Ottavia Orticello, Cristina Pelliccia. Il testo appartiene alla loro generazione, nel senso che parla di ragazze e ragazzi, di amicizie, di branco, di femminismo, oltre che della loro vulnerabilità, delle loro ansie e, in particolare, di come alcune notizie, come quella di una foto di Scarlett nuda o di Russel altrettanto nudo, possano avere una visibilità tale da avere un coinvolgimento ansiotico.
Mi sono spostato, il giorno dopo, allo spazio Lambrate Sala Prove, dove ho visto “Non mi ricordo più niente” di Arthur Miller, un testo che affronta il tema della precarietà, con la regia di Emanuele Vezzoli, con Carola Stagnaro e Michele De Marchi. Sono andato un po’ sul sicuro, visto che, tra tanti giovani, anche dei bravi attori, con anni di teatro sulle spalle, possono recitare col medesimo spirito, ma con parecchia professionalità in più!
Anni ’90? Una decina di compagnie. Oggi, tra Milano Off e Festival IT centocinquanta. Generazioni in cerca d’identità?
16 Giugno 2017 by