Assenza, nostalgia e scomparsa del “padre rassicurante”, sostituito da un “nuovo padre”, distratto e dimissionario

22.8.16 copertina zoia(di Andrea Bisicchia) Ci siamo occupati, sulle pagine di questo giornale, del rapporto figlio-padre, recensendo il libro di Recalcati: “Il complesso di Telemaco – Genitori e figli dopo il tramonto del padre “(Feltrinelli), analizzando tre figure di figli, quelle di Telemaco (in attesa del padre), di Edipo (che uccide il padre), di Narciso (indifferente al padre), oggi ci occupiamo di un testo di Luigi Zoja considerato un classico sull’argomento: “Il gesto di Ettore. Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre”.
L’autore distingue l’epoca preistorica da quella storica, ovvero la condizione pre-patriarcale da quella patriarcale, per pervenire alla figura rarefatta e dimissionaria del padre in età moderna, lo fa utilizzando la disciplina psicologica applicata, non all’analisi dell’individuo, bensì a quella psicologica della storia, legata alla cultura del padre, per segnarne, contemporaneamente, l’assenza e la nostalgia, fino alla scomparsa, per essere sostituita dal “nuovo padre” che ha annullato la sua responsabilità etica a vantaggio di una economica, badando a far star bene i propri figli e prolungarne la ricchezza, per chi ce l’ha. Ne consegue l’immagine di padri non eroici, rinunciatari agli affetti, che rendono orfani i propri figli, pur essendo ancora in vita, ma con la consapevolezza che, rinunziare a conoscere i figli, è come rinunziare a conoscere una parte di loro stessi.
Il cammino di Zoja è molto lungo, attinge al rapporto padre-figlio nel mondo animale e in quello del mito dove rovista per ricercare modelli della nostra psiche e per rintracciare le spiegazioni dell’anomalo rapporto padre-figlio, fino a chiedersi se il padre sia un prodotto della natura o della cultura.
I padri del mito sono tutti personaggi eroici: Agamennone, Ettore, Anchise, Achille i cui figli: Oreste, Astianatte, Enea, Neottolemo rappresentano tante figure diverse di figli: quello che cerca vendetta, quello che cerca affetto, quello che porta sulle spalle il vecchio padre, quello che ne eredita la ferocia. Il padre greco, a differenza di quello mitico degli dei, come Urano e Cromo che mangiavano i propri figli (vedi Teogonia di Esiodo), è il fondatore della famiglia e si trova anche a capo di un’istituzione politica, oltre che culturale, è quasi una figura “monopaterna”, ben diversa dal “nuovo-padre” o “vice madre” che sono anche il risultato di una galleria legata a questa figura: il padre separato, quello adottivo, quello comprensivo, come dire che, nel tempo, è avvenuto il trapasso dal padre forte a quello debole, dal padre eroe a quello che non usa la forza, palesando la sua figura introversa e contraddittoria.
Per riferirci al teatro, è come se assistessimo al passaggio dalla tragedia al dramma, dall’evento irrazionale a quello che si può risolvere in un salotto borghese. Vedi i padri deficitari di Ibsen e Strindberg. Sono padri senza corazza, quella che utilizza Ettore per abbracciare Astianatte quando va in guerra, trasformando il suo gesto da militare in un gesto d’amore che testimonia la sua prontezza a morire per il figlio, a differenza dal padre di Admeto che rinuncia a morire per il figlio e che permette ad Alcesti di compiere il gesto eroico, scegliendo la morte in cambio della vita del marito. C’è anche da ricordare il mito del padre assoluto (Dio), quello del figlio senza padre (Cristo) proprio perché figlio di Dio, c’è poi quello del padre protetto (Anchise) e del protettore (Enea verso Ascanio), come dire che i rapporti tra padri e figli nella società non sono soltanto d’amore, anche perché la famiglia è un prodotto della cultura e non della natura, proprio come quella di chi dovrebbe esserne il capo.

Luigi Zoja, “Il gesto di Ettore – Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre”, Bollati Boringhieri, p. 342, € 26.