
A conclusione del Festival di Locarno, Piazza Grande si è entusiamata per la spy-story “Atomic Bronde”, sugli schermi italiani da giovedì 17. Qui sopra, una scena del film, di cui pubblichiamo anche la recensione.
(di Patrizia Pedrazzini) Sarà anche atomica, la biondo-platino (e occhi di ghiaccio) Charlize Theron, spia britannica in tacchi a spillo (rossi) nella Berlino livida, violenta e strafatta pre-caduta del Muro (siamo giusto nel 1989). Di sicuro è un concentrato di abilità, forza, astuzia e sensualità. Di sicuro fa a cazzotti alla grande (e risulta che non si sia voluta avvalere di controfigure, tanto da rimetterci due denti). D’altra parte, dopo le performances da guerriera futuribile esibite in “Mad Max: Fury Road”, non stupisce che la 42enne attrice, Oscar 2004 per “Monster”, si sia voluta cimentare in un genere che più maschile non si può.
Ma, e lo diciamo subito,”Atomica Bionda” non è un film di spionaggio. Anche se l’esile trama potrebbe farlo supporre: un agente sotto copertura in possesso di una lista con i nomi di tutte le spie che operano della capitale tedesca viene ucciso in circostanze misteriose, e a Lorraine, la migliore fra gli agenti segreti inglesi, viene affidato il compito di recuperare l’elenco. O meglio, “Atomica Bionda” è un film ammantato di spionaggio, perché in realtà la pellicola che porta la firma di David Leitch (più che come regista, noto come stuntman, o se si preferisce come controfigura, per esempio, di Brad Pitt in “Fight Club”, o anche in “Troy”, e di Jean-Claude Van Damme in “The Replicant”) appare più che altro mirata a esaltare, complici le atmosfere accattivanti della spy story, da un lato l’algida (più che atomica), seducente, scultorea, letale protagonista, dall’altro il concetto di fisicità, i tutte le sue declinazioni.
Perché tutto, in “Atomica Bionda”, è fisico: dall’immagine di lei che esce, piena di lividi, da una vasca colma di cubetti di ghiaccio (e come prima cosa si versa e butta giù un bicchiere di vodka), alla scena d’amore saffico con la collega Delphine (Sofia Boutella, “La Mummia”), spia francese molto francese (almeno tanto quanto Lorraine è inglese), con collarino nero d’ordinanza. Alle scazzottate infinite, ai calci, ai denti che saltano, alle labbra spaccate, al sangue che schizza. Alla faccia da fuori di testa di David (lo scozzese James McAvoy, “X-Men”, “Split”), intrigante e ambiguo capo dell’intelligence berlinese. Agli stessi colori di una Berlino che rimanda alle atmosfere di una polveriera in disfacimento, e che una fotografia indubbiamente incline all’estetismo, tuttavia ottima, fa sfumare dal seppia, quasi bianco e nero, degli esterni plumbei ai contrasti sgargianti e violenti degli interni a luci rosse. In un avvicendarsi di doppi, tripli, quadrupli giochi, veri o presunti, o semplicemente sospettati.
Il tutto sorretto da una colona sonora che si qualifica come la parte migliore del film: quindici brani azzeccatissimi scelti fra i più iconici degli anni Ottanta, uno più “in tema” dell’altro, da “Cat People” di David Bowie a “Personal Jesus” dei Depeche Mode a “Der Kommissar” di Falco.
Detto questo, “Atomica Bionda” è un film che mantiene esattamente quello che promette, dato che altro non è se non l’adattamento cinematografico di “The Coldest City”, la graphic novel del 2012 scritta da Anthony Johnston e illustrata da Sam Hart, rivisitata da Leitch in chiave un po’ meno noir e un po’ più psichedelica.
Il risultato sono 115 minuti di pellicola patinata (anche troppo), discretamente ripetitiva (troppo lunghi i combattimenti), emotivamente povera. Tuttavia intrigante e divertente. Come un fumetto.
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