Ma con “Nuda proprietà” Lella Costa e Paolo Calabresi mettono a nudo anche la loro anima

Milano. Lella Costa e Paolo Calabresi in una scena di “Nuda proprietà” di Lidia Ravera, al Teatro Carcano (foto Marina Alessi)

Milano. Lella Costa e Paolo Calabresi in una scena di “Nuda proprietà” di Lidia Ravera, al Teatro Carcano (foto Marina Alessi)

(di Paolo A. Paganini) Lei vive sola all’ultimo piano d’un palazzo con millantata vista panoramica su una Roma intuita. Lei si dovrebbe dire che è un’anziana signora, che rifiuta gli stereotipi dell’età, seppur con qualche dubbio per lo scorrere del tempo e con qualche angoscia per quella inesorabile fatale visitatrice che prima o poi busserà alla sua porta. Ma c’è in lei ancora una bambina piena di paure e di curiosità. E poi, tra yoga e aerobica, è ancora capace di fare i quattro piani di corsa. Lei bisogna dire che non ha più un soldo, e allora decide di vendere il proprio appartamento come nuda proprietà per tirare a campà almeno un’altra ventina d’anni. Lei aggiungeremo che è una deliziosa, inarrestabile chiacchierona.
E quindi c’è lui, che è uno psicoanalista sfrattato dai piani bassi. Lui, di poche e misurate parole, è per natura e professione abituato ad ascoltare. Lui decide di accettare in subaffitto una stanza da lei dove continuare a ricevere pazienti problematici. Lui, un po’ alla volta, si accorge di provare una crescente simpatia per lei, per la sua straordinaria voglia di vivere. Lui ovviamente vive e ama il presente, e angosce e paure sono soltanto sintomi di stati ansiosi da curare con un po’ di xanax.
Per farla breve, fregandosene di età e pregiudizi, i due sessantenni decidono di mettersi insieme e, porca miseria, sono veramente felici. Ma la vita è una carogna. A lui scoprono, come si suol dire, una malattia che non perdona. Ma forse questa volta perdonerà, chissà. E comunque il grande dono che la sorte ha riservato ai due stagionati amanti sarà la consapevolezza che il tempo non esiste, quando lo si vive in eterno nel proprio cuore, senza sprecare nemmeno una briciola di affetto e di carezze.
In un’ora e venti al Teatro Carcano di Milano, la bella storia d’amore, intitolata “Nuda proprietà”, di Lidia Ravera, tratta dal suo stesso romanzo “Piangi pure”, è interpretata da Lella Costa e Paolo Calabresi, che a loro volta non sprecano nemmeno una briciola della loro travolgente simpatia. Una coppia semplicemente inarrivabile, che vorremmo vedere anche in altre prove. Lei, con i suoi inarrestabi effluvi di parole. Lui, schivo, misurato, professionale. Sembra all’inizio uscito da un manuale di deontologia medica. Eppure, scoprendo via via il calore di una calda e seducente umanità, costretto infine lui a rivelarsi e lei ad ascoltare.
Condotti con esemplare senso della misura, senza sbavature e senza prevaricanti velleitarismi registici – come ormai siamo rassegnati – dalla regista Emanuela Giordano, i due protagonisti danno vita, in un’ora e venti senza intervallo, a dieci quadri che danno finalmente giusta cognizione di cosa sia il teatro, senza tanti marchingegni e fasulle sovrastrutture. Un meritatissimo successo, con applausi entusiastici anche di quadro in quadro, osannanti alla fine per tutti, compresi, nei ruoli secondari ma di giusto peso, Claudia Gusmano e Marco Palvetti.
“Nuda proprietà”, di Lidia Ravera, con Lella Costa e Paolo Calabresi. Al Teatro Carcano. Corso di Porta Romana 63, Milano. Repliche fino a domenica 16 marzo.
Tournée
Omegna (17 marzo), San Casciano, FI (19 marzo), Viareggio (20 marzo), Siena (21 marzo), Carpi (25-27 marzo), Genova (28-29 marzo), Lerici (30 marzo).

Vittorio Storaro, luci e ombre, colori e simboli di uno “scrittore di cinema”

Marlon Brando in “Apocalypse Now”

Marlon Brando in “Apocalypse Now”

(di Patrizia Pedrazzini) Che cosa lega la Vocazione di San Matteo di Caravaggio e Apocalypse Now di Francis Ford Coppola? Che cos’hanno in comune quelle mani, quei visi da osteria sui quali si staglia, potente nella fitta penombra, uno squarcio di luce bianca, e il volto madido e stanco di Marlon Brando, quella grande testa rasata, sulla quale scorre lentamente la mano, quei lineamenti che sembrano prendere forma e vita dal buio nel quale sono immersi? E l’antico mito della caverna di Platone, con i suoi prigionieri, il fuoco che getta luce, le ombre proiettate sul muro, verosimilmente, non può forse essere letto come una moderna metafora del cinema? Perché Ultimo tango a Parigi è tutto permeato del colore arancio? E Quarto potere sarebbe stato lo stesso film senza il bianco e nero e le profondità di campo di un direttore della fotografia del calibro di Gregg Toland? E i capolavori del muto? Cosa ne sarebbe stato senza l’Espressionismo tedesco?
Vittorio Storaro, direttore della fotografia tre volte Premio Oscar (per Apocalypse Now, Reds e L’ultimo imperatore), non ama definirsi tale. A suo parere sul set c’è un solo direttore, il regista, e preferisce, per sé, la qualifica americana di Cinematographer, ovvero colui che scrive di cinema. O che lo “illumina”, come lui stesso ha più volte precisato intervenendo, a Milano, alla presentazione del suo ultimo libro, “L’Arte della Cinematografia”, scritto con Bob Fisher e Lorenzo Codelli. Una sorta di rilettura della Settima Arte attraverso gli occhi di 150 grandi autori della fotografia cinematografica nel mondo dal 1910 a oggi. Un incontro che è stato occasione per Storaro, classe 1940, non solo di ripercorrere una carriera che lo ha portato, da ragazzino di 11 anni appassionato di fotografia e di cinema (il padre era un proiezionista della Lux Film) ai più ambiti fasti internazionali, ma anche di parlare, forte di una passione e forse ancor più di una curiosità che mai gli è venuta meno, di quella grande magia che è il cinema, del suo essere linguaggio di immagini, del fascino dell’immagine in movimento (“ero un bambino quando ho visto per la prima volta Luci della città di Chaplin, credo che tutto sia cominciato da lì”). E soprattutto del rapporto fra luce e ombra, dalla scoperta delle intuizioni figurative di Caravaggio (“allora non conoscevo niente di pittura”) allo studio sull’utilizzo dei colori nei dipinti di Leonardo. Fino al simbolismo legato ai colori stessi: il giallo, l’arancio, il rosso del corso solare a evocare l’essere maschile; l’azzurro, il grigio, il bianco della luna e del suo ciclo a definire quello femminile. E, ancora oltre, fino a utilizzare in modo simbolico lo stesso rapporto fra luci e ombre. In un perenne alternarsi fra pittura e cinema, fra arte e arte. E, una volta analizzato, compreso, assimilato tutto questo, fino al bisogno di trovare un equilibrio, che consenta alla conoscenza, se non di essere completa, quanto meno di avviarsi sulla strada della completezza.
Ecco allora che il primo piano sul tagliente profilo, in rigoroso bianco e nero, di Ivan il Terribile nell’omonimo capolavoro del ’44 di Ejzenstein e quello sull’ironico sorriso di Rhett Butler in quella pietra miliare della storia del cinema che è Via col vento approdano a nuove chiavi di lettura e acquistano nuovi valori. No, non sarebbero stati gli stessi, quei film, senza i loro direttori della fotografia, che si chiamavano Eduard Tissé ed Ernest Haller. O meglio, come piace a Storaro, senza i loro “scrittori di luce”.

Educazione siberiana dei Robin Hood della steppa, criminali, sì, ma onesti

Milano. Una scena di “Educazione siberiana”, di Nicolai Lilin e Giuseppe Miale di Mauro, al Teatro Elfo Puccini (foto di Adrea Macchia)

Milano. Una scena di “Educazione siberiana”, di Nicolai Lilin e Giuseppe Miale di Mauro, al Teatro Elfo Puccini (foto di Adrea Macchia)

(di Paolo A. Paganini) “Criminali onesti” è un ossimoro, una figura retorica (unione di parole di significato opposto, come “ghiaccio bollente” o come la famosa definizione morotea “convergenze parallele”). Qui, “criminali onesti” offre qualche variante. Lo spettacolo “Educazione siberiana” (famoso libro non eccelso di Nicolai Lilin, trentaquattrenne scrittore russo di origini siberiane, naturalizzato italiano, dal quale è stato tratto nel 2012/13 il film omonimo di Gabriele Salvarores, elogiato dalla critica ma fallimentare al botteghino), ora è anche in versione teatrale, all’Elfo Puccini, con la regia di Giuseppe Miale di Mauro, che ha curato anche la drammaturgia insieme con lo stesso Nicolai Lilin.
Tornando alle stranezze di questo ossimoro, c’è da dire che le due parole non sono proprio contrarie l’una all’altra, criminali onesti non si elidono del tutto, anzi, qui, si completano. Uomini tutti d’un pezzo, cristiani ortodossi, ribelli a ogni autorità, specie al governo centrale russo, liberticida e dittatoriale, sono stati dunque mandati a rinfrescarsi le idee e deportati ai confini del mondo, in Siberia, dove fondarono un’agguerrita comunità di abili saccheggiatori dei convogli sovietici, una combriccola alla Robin Hood, dove, invece della foresta di Sherwood, ci sono le lande desolate della steppa. Uomini dal coltello facile, ma osservanti e rispettosi d’un rigoroso codice morale: obbedienza agli anziani, difesa delle donne e dei più deboli, assistenza ai più bisognosi. Criminali, dunque, per i sovietici, in quanto fuori legge, ma con possibili e diverse valutazioni sul piano del patriottismo, come difensori della libertà e della democrazia. Appunto criminali ma onesti.
Sulle scene, tutto questo si disperde in un’ansia di rappresentazione paradigmatica, come scontro tra bene e male, tra santi e dannati, in una esagitazione collettiva dove s’è inteso soprattutto privilegiare la violenza, la brutalità della polizia sovietica, a scapito d’un più approfondito scavo psicologico e d’un più preciso approccio alle ragioni della resistenza siberiana. Tra lampi di guerra, bevute di vodka, ritmi di balalaika, suoni e rumori con spreco di decibel, il taglio registico ci pare ispirarsi a Salvatores, con scene e rituali di facile e superficiale impatto visivo.
L’aspetto dialogico è limitato a poche manciate di frasi fatte, a citazioni da catechismo parrocchiale, a frasi da baci perugina (esempio: “Un uomo non può possedere più di quanto possa amare”). Rimane la figura centrale, bella e sanguigna, del Nonno, un verace Luigi Diberti difensore degli antichi valori, affiancato dalla tenera ed energica Elsa Bossi, madre sfibrata dal dolore per quei poveri figli, vinti dalla brutalità della violenza e, più tardi, dalle sirene della droga.
Ivan Castiglione, Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino, Stefano Meglio, Adriano Pantaleo e Andrea Vellotti sono generoso contorno di un cosmo di disperati senza speranza, se non per il miraggio di facili guadagni, e al diavolo i codici morali. Non per niente l’azione scenica ci porta fin quasi all’alba dei tempi nostri. Applausi di cordiale accoglienza e simpatia per tutti.
“Educazione siberiana”, di Nicolai Lilin e Giuseppe Miale di Mauro. Al Teatro Elfo Puccini, Corso Buenos Aires 33. Milano. Repliche fino a domenica 2 marzo.
Tournée
4 – 9 marzo, Napoli, Teatro Bellini;
11 – 12 marzo, Casalecchio di Reno, Teatro Testoni;
14 marzo; Venaria, Teatro Concordia;
15 marzo, Cirié, Teatro Magnetti;
17 – 18 marzo, Casale Monferrato, Teatro Municipale

I film della settimana: commedie, dammi, animazione, fantascienza, e Laetitia Casta per amica

Laetitia Casta e Fabio De Luigi in una scena del film “Una donna per amica”, di Giovanni Veronesi

Laetitia Casta e Fabio De Luigi in una scena del film “Una donna per amica”, di Giovanni Veronesi

Una donna per amica” – Regia Giovanni Veronesi – Con Fabio De Luigi, Laetitia Casta, Monica Scattini, Geppi Cucciari – Commedia – Italia – Francesco e Claudia sono belli, giovani e molto amici. Lui è un avvocato, impacciato e spiritoso. Lei fa la veterinaria, un’anima libera e anticonformista. Tra loro non ci sono segreti, ma quando nella vita di Claudia arriva Giovanni e lei decide di sposarlo, Francesco si accorge che l’amicizia fra uomo e donna è più complicata del previsto…
Snowpiercer” – Regia, Joon-ho Bong – Con Chris Evans, Ed Harris, Tilda Swinton, Jamie Bell – Fantascienza – Corea del Sud – 2031. Dopo il fallimento di un esperimento per contrastare il riscaldamento globale, una vera e propria Era Glaciale stermina tutti gli abitanti del pianeta. Gli unici sopravvissuti sono i viaggiatori a bordo dello Snowpiercer, un treno ad alta velocità che fa il giro del mondo…
La bella e la bestia (La belle & la bête)” –  Regia Christophe Gans – Con Vincent Cassel, Léa Seydoux, André Dussollier, Eduardo Noriega – Fantastico – Francia – 1810. In seguito al naufragio delle sue navi, un mercante perde tutti i suoi averi, ed è costretto a ritirarsi in campagna con i suoi sei figli. Tra di loro c’è Belle, la più giovane delle sue figlie, e la più bella. Di ritorno da un viaggio massacrante, il commerciante scopre il magico regno della Bestia, che lo condanna a morte per avergli rubato una rosa. Per salvare la vita del padre e garantire un futuro ai suoi fratelli Belle decide di presentarsi al castello al posto del padre…
Spiders 3D (Spiders)” –  Regia Tibor Takács Con Christa Campbell, Patrick Muldoon, William Hope, Shelly Varod – Fantascienza – Usa – New York. I detriti di una stazione spaziale russa abbandonata precipitano sulla metropolitana. Dopo varie indagini, le autorità locali liquidano l’evento come una spiacevole fatalità priva di conseguenze allarmanti. Nessuno può immaginare quale pericolo mortale si stia in realtà abbattendo sulla città…
“TIR” – Regia Alberto Fasulo – Con Branko Završan, Lucka Pockja, Marijan Šestak – Documentario – Italia, Croazia – La storia di Branko, un ex professore di Rijeka, che da qualche mese è diventato camionista per un’azienda italiana. Una scelta più che comprensibile: adesso guadagna tre volte tanto rispetto al suo vecchio stipendio d’insegnante. Eppure tutto ha un prezzo…
“Il violinista del diavolo” – Regia Bernard Rose – Con: Joely Richardson, Christian McKay, Veronica Ferres, Helmut Berger – Drammatico – Germania, Italia – 1830. Niccolò Paganini, virtuoso del violino e amante delle donne, si trova all’apice della carriera, acclamato in tutta Europa. Il suo nome è sinonimo di amori e scandali, esattamente ciò che il suo manager Urbani sta facendo del suo meglio per alimentare. Manca ancora però un debutto britannico e per riuscire a convincere Paganini a raggiungere Londra, l’impresario inglese John Watson e la sua amante Elisabeth Wells sono disposti a tutto. Urbani, astuto uomo d’affari, riesce a portare Paganini nella capitale britannica, anche contro la sua volontà…
“La legge è uguale per tutti… forse” – Regia Ciro Ceruti, Ciro Villano Con Ciro Ceruti, Ciro Villano, Gianluca Di Gennaro, Carolina Marconi – Commedia – Italia – Due cognati si trovano a doversi confrontare col mondo della Giustizia da due punti di vista completamente differenti. Il primo è un ambizioso avvocato che, grazie ad un cavillo legale, riesce a fare uscire di galera un ragazzo con disturbi psichici accusato di avere ucciso i suoceri, mentre il secondo, un simpatico cialtrone, viene accusato di un omicidio che non ha commesso…
“La scuola più pazza del mondo” – Regia Hitoshi Takekiyo – Animazione – Giappone – Nella scuola elementare St. Claire arrivano in visita tre simpatiche bambine: la Super Peste Mako, la Super Vanitosa Miko e la Super Secchiona Mutsuko. Gironzolando per la scuola, si intrufolano nell’aula di scienze, dove trovano un modello anatomico che battezzano Signor Nudo, per loro un giocattolo da truccare e disegnare. Ma il Signor Kun, come si chiama realmente, prende vita…