Il fantasma al Nazionale per ora non vola, ma poi arriva Loretta Grace

Il musical “Ghost” al Nazionale con Loretta Grace (foto Gianluigi Di Napoli)

Il musical “Ghost” al Nazionale con Loretta Grace (foto Gianluigi Di Napoli)

(di Francesca Paganini) È approdato al Teatro Barkley Nazionale di via Rota/P.zza Piemonte, l’attesissimo “GHOST, il musical”, ispirato al celebre film interpretato da Demi Moore e Patrick Swayze (ha conquistato due Oscar, migliore sceneggiatura, a Bruce Joel Rubin, e migliore interprete non protagonista, a Whoopi Goldberg). Già messo in scena a Londra nella stagione teatrale 2011-2012, il musical è stato scritto dallo stesso sceneggiatore del film, Bruce Joel Rubin, con la collaborazione, per le liriche e le musiche, di Dave Stewart degli Eurythmics e Glen Ballard e, nella versione italiana, adattato da Fabio Serri che ne ha curato anche la direzione musicale. (A fine ottobre è prevista l’uscita in cd). Lo spettacolo è molto simile alla sceneggiatura del film del 1990 e narra la vicenda di Molly Jensen e Sam Wheat, interpretati rispettivamente da Ilaria Deangelis e Salvatore Palombi, una coppia di giovani molto innamorati che vedono trasformare in tragedia quella che era la loro felice prospettiva di vita insieme. Infatti, Sam viene assassinato una notte mentre sta rientrando a casa, lasciando la povera Molly nella disperazione. Ma Sam, in realtà, non ha ancora abbandonato la fidanzata. Rimane prigioniero a metà strada tra la vita e la morte continuando a seguirla come fantasma. Commedia e tragedia si susseguono fino alla scoperta che Molly stessa è in pericolo di vita, proprio per mano di colui che lo ha assassinato. Come metterla in guardia se è impossibile contattare il mondo vivente? Oda Mae Brown, medium molto poco affidabile e improbabile, interpretata da una straripante Loretta Grace, ruolo che fu di Whoopi Goldberg, contribuirà a svelare chi ha voluto la morte di Sam e cioè proprio quell’amico, Carl Bruner, interpretato da Cristian Ruiz , cui entrambi i giovani erano così affezionati. La medium riuscirà ad aiutare Sam nella sua impresa di proteggere Molly e quindi salvarla dai piani meschini di Carl.
Lo spettacolo si avvale della partecipazione di musicisti di grande livello già sentiti nel precedente musical “Priscilla, la regina del deserto”, che però, in questo contesto, ci paiono non ben compattati. L’equalizzazione del suono non ci è sembrata ben equilibrata, dando troppa rilevanza alla batteria e meno agli altri strumenti. È vero che eravamo seduti in galleria e probabilmente il suono ci arrivava diversamente rispetto alla platea, ma questa acustica ha determinato un minore coinvolgimento del pubblico seduto in quel settore del teatro.Il corpo di ballo e il coro, guidati dal coreografo Thomas Signorelli è stato sempre all’altezza delle aspettative e ha comunicato energia ed unità. Purtroppo lo spettacolo nel suo complesso non è riuscito a soddisfare completamente queste caratteristiche. I tempi recitativi sono sfilacciati e comunque poco incisivi. E anche la famosa scena della canzone “ Unchained Melody”, unico pezzo rimasto in lingua originale, in cui Molly e Sam sono seduti davanti al vaso in argilla che lei sta modellando, momento clou di sommo romanticismo, diventa quasi una prova scolastica. Gli interpreti e, soprattutto il giovane Palombi che ci pare come disorientato nel portare avanti il percorso del suo personaggio, devono acquisire più sicurezza e più padronanza, cosa che ci auguriamo avvenga con l’andare avanti delle repliche.
È solo all’entrata in scena di Loretta Grace, nel ruolo della sensitiva, che finalmente lo spettacolo pare decollare travolgendo il pubblico e dove anche il suono diventa tondo e pieno fino alla fine. Menzioniamo Matteo Piedi per i costumi e le scenografie create tecnologicamente da videoproiezioni e mappature digitali che ci trasportano dalla vita frenetica della Grande Mela fin dentro il loft di Sam e Molly, per passare attraverso il limbo della metropolitana abitato da feroci fantasmi, fino ad ascensori che ci portano alle sale dei bottoni dell’economia.
Oltre a Salvatore Palombi, Ilaria Deangelis, Cristian Ruiz, Loretta Grace, Sebastiano Vinci, nomineremo ancora Riccardo Ballerini, Davide Paciolla, Francesca Gemma, Dapheny Oosterwolde, Diego Savastano, Barbara Alesse e, per l’ensemble Nicola Trazzi, Luca Magnoni, Antonio Caggianelli, Samuele Cavallo, Antonio Grandi, Vera Dragone, Dania Mansi, Sara Marinaccio, Mekdes Cortili, Diana Lecchi. Regia di Stefano Genovese.
Pubblico moderatamente partecipe (ma ovazione finale per Loretta Grace.)

Repliche milanesi fino al 31 dicembre. Poi a Torino, Teatro Alfieri 8/12 gennaio. E a Roma, Teatro Brancaccio 22 gennaio – 9 febbraio. Per maggiori informazioni: www.teatronazionale.it

Ora aperta anche al pubblico la Pinacoteca Manfrediniana di Venezia

Apre al pubblico la Pinacoteca Manfrediniana del Seminario Patriarcale di Venezia, uno spazio museale interamente rinnovato e per la prima volta presentato ai residenti della città lagunare e ai suoi visitatori da tutto il mondo. Era il 1829 quando il marchese Federico Manfredini moriva lasciando al Seminario Patriarcale, per espressa volontà testamentaria, la sua collezione di pittura. Nelle tre sale trovano spazio i dipinti, italiani ed europei, dal XV al XVIII secolo collezionati da Manfredini insieme ad altri giunti al Seminario attraverso successive eredità e doni da parte di ecclesiastici e illustri personaggi veneziani. Un tesoretto finora sconosciuto ai più che, grazie anche al finanziamento regionale che ha permesso il restauro della sua sede, viene finalmente valorizzato e reso fruibile. La Pinacoteca Manfrediniana e le altre raccolte d’arte conservate al Seminario alla Salute (il lapidario e la raccolta archeologica) saranno visitabili su appuntamento a partire dal prossimo 14 ottobre.
Dettagli e contatti sono disponibili sul sito www.seminariovenezia.it

Il’900, da Matisse a Bacon, al Palazzo Reale di Milano fino al 9 febbraio 2014

Ha aperto il 25 settembre a Milano a Palazzo Reale una grande mostra. Oltre ottanta straordinari capolavori – ritratti e autoritratti del XX secolo del Centre Pompidou di Parigi -, sono in esposizione al Palazzo Reale di Milano fino al 9 febbraio 2014: capolavori assoluti di artisti celebri, come Matisse, Bonnard, Modigliani, Magritte, Music, Suzanne Valadon, Maurice de Vlaminck, Severini, Bacon, Delaunay, Brancusi, Julio Gonzalez, Derain, Max Ernst, Mirò, Léger, Adami, De Chirico, Picasso, Giacometti, Dubuffet, Fautrier, Baselitz, Marquet, Tamara de Lempicka, Kupka, Dufy, Masson, Max Beckmann, Juan Gris.

Un esilarante soufflé comico di Eduardo con Imparato/Esposito al Manzoni

Gianfelice Imparato, al centro, in “Uomo e galantuomo” (foto Studio Azais)

Gianfelice Imparato, al centro, in “Uomo e galantuomo” (foto Studio Azais)


(di Paolo A. Paganini) Farsa acerba del giovanissimo Eduardo De Filippo, eppure percorsa da qualche ingombrante brivido pirandelliano, “Uomo e galantuomo”, scritta nel ’22, ma rivisitata e andata in scena undici anni dopo nell’interpretazione dei tre fratelli Eduardo, Peppino e Titina, è tuttora tanto piacevole quanto palesemente squilibrata nella sua struttura drammaturgica. Si ha oggi un bel dire che non è soltanto una farsa, che il nocciolo duro è pur sempre l’umanissima filosofia popolare di Eduardo, con le sue pieghe amare, con la sua indulgente pietas verso l’innocenza del vulgo, ma tira di qua, tira di là, l’abito dei presupposti contenuti si sbrindella, si lacera tutto, e rimane a nudo la farsa pura e semplice. E allora godiamocela così com’è, come con un pizzico appena di seriosità l’ha registicamente impostata Alessandro D’Alatri, ma come poi Gianfelice Imparato e Giovanni Esposito l’hanno stravolta in un ilare e giocoso divertimento. Almeno nelle intenzioni, perché i tre atti della commedia scandiscono anche tre piani di lettura non sempre felici. Il primo atto contempla una compagnia di scavalcamontagne, più affamati che talentosi, arrivati in ameno luogo di villeggiatura, per rappresentare un dramma all’aperto con l’esito di spernacchianti dissensi. Ma c’è una scena dove, a ruota libera, questi guitti fanno le prove sul terrazzo dell’albergo che li ospita (e ciascuno mettendoci del suo): da tenersi la pancia dal ridere. Merita tutto lo spettacolo. Il secondo atto, inquietante e allappante rispetto al primo, contempla il cedimento della farsa in dramma. Per salvare l’onore della donna amata e malmaritata, l’amante della fedifraga si finge pazzo (lectio magistralis di Ciampa nel pirandelliano “Berretto a sonagli”). Il terzo atto contempla la catarsi. Tutti in carcere dove un perplesso delegato di polizia tenta di capirci qualcosa tra sani che si fingono pazzi e pazzi che improvvisamente rinsaviscono. Il finale? Ovviamente riprende il ritmo della farsa che rivendica i suoi diritti: tutti si fingono pazzi, chi per non pagare il conto d’albergo, chi per nascondere la vergogna delle corna, chi per camuffarsi “da uomo in galantuomo”. Naturalmente, in questo soufflé alla napoletana, Gianfelice Imparato e Giovanni Esposito sono stati gli straordinari cucinieri nel confezionare bocconi di saporita ineguagliabile fragranza comica. Il contorno attoriale, nell’eterna felicità della lingua napoletana, è stato senz’altro all’altezza, da Antonia Truppo a Valerio Santoro, a tutti gli altri. Successo da grande soirée nel milanese teatro Manzoni.

Si replica fino a domenica 27 ottobre.