Autistico, genio dei numeri. I bilanci per lui non hanno segreti. Specie della mala. Thriller puzzle tra azione e flash back

27-10-16-accountant(di Marisa Marzelli) Ben Affleck è un talento poliedrico. Già agli esordi aveva vinto nel 1998 un Oscar come sceneggiatore (insieme all’amico Matt Damon) per Will Hunting – Genio ribelle. Come regista si è rivelato di prim’ordine nei tre titoli sinora diretti (il quarto, La legge della notte, non è ancora uscito) e per Argo si è aggiudicato meritatamente l’Oscar di miglior film dell’anno nel 2012.  Ma Ben Affleck è conosciuto soprattutto come un divo. E lì le cose non vanno tanto bene perché, pur essendo molto famoso, viene considerato uno degli attori più mono-espressivi di sempre. A volte criticato e ridicolizzato anche troppo.
Lui non se ne cura e in questo The Accountant (Il contabile) sfrutta la sua scarsa mobilità facciale cercando di tramutarla in un pregio. Interpreta infatti un individuo autistico, genio dei numeri, capace di scovare qualsiasi minima discrepanza in un bilancio. Mette la sua abilità, come libero professionista, al servizio tanto della malavita quanto di poveracci. Tiene sotto controllo il suo handicap con disciplina ferrea e non disdegna, quando servono, le maniere forti. Sempre defilato, prudente, misterioso, attira però l’attenzione di un agente federale del Tesoro (J. K. Simmons, premio Oscar per Whyplash) intenzionato a catturarlo.
Costruito come un puzzle, The Accountant alterna il racconto con andamento thriller delle imprese del protagonista a flash back della sua infanzia, con lo scopo di ricostruirne a poco a poco la personalità complessa.
Diretto da Gavin O’Connor, un regista spesso attento alle dinamiche familiari in ambienti violenti (come nel caso di Pride and Glory o Warrior) il film è drammatico ma con qualche tentazione di alleggerimento da commedia, soprattutto nei rapporti tra Affleck e l’ingenua contabile (Anna Kendrick) con cui si trova a collaborare, anche se non si sviluppa una vera relazione sentimentale dati i presupposti di difficoltà relazionali del protagonista.
C’erano le premesse per un film a suo modo originale e magari memorabile, incentrato su un personaggio disfunzionale ma coriaceo, con un preciso codice d’onore, seppure malavitoso. Un giustiziere o un “risolutore di problemi” da antologia. Però le carenze in vari reparti rendono il tutto solo un buon intrattenimento action. Intanto, la sceneggiatura è troppo e inutilmente complicata. Tutta la parte riguardante la caccia degli uomini della legge per catturare il protagonista è pressoché inutile rispetto agli sviluppi del plot; inoltre, la sparizione per buona parte del film di un personaggio all’inizio importante lascia presumere che a costui sia delegato un colpo di scena, che poi puntualmente si verifica (ma il pubblico più attento già prevede in anticipo quale sarà la svolta). Ben Affleck ha le phisique du rôle, massiccio e incombente, corazzato anche senza armatura. Non molto diverso, psicologicamente, dal suo Batman del cinefumetto Batman verso Superman. Ma qui la costruzione dell’antieroe dovrebbe puntare sull’ossessività, con gesti quotidiani ripetuti, solo che dopo un po’ il personaggio sembra dimenticarsene. Nel film di O’Connor le finezze si perdono. Siamo ben lontani, per fare un esempio, dalla strepitosa caratterizzazione di Dustin Hoffman in Rain Man (gli fruttò l’Oscar di migliore interprete nel 1989). Anche se sembrerebbe quello il modello di riferimento. Altro modello sul quale ha puntato la campagna promozionale della pellicola, trailer compreso – ma che non c’entra niente –  è A Beutiful Mind. Sebbene in una scena Affleck scriva una gran quantità di numeri su un vetro, il suo personaggio è solo un genio della contabilità, non un matematico comeil John Forbes Nash interpretato da Russell Crowe nel film diretto da Ron Howard.
Nonostante le pecche che gli impediscono di diventare un grande film, The Accountant può contare su accurate atmosfere e ambientazioni. In America, nel primo weekend di programmazione ha conquistato la testa del box office. Molto a sorpresa; non se l’aspettava nemmeno la produzione.