VENEZIA, mercoledì 2 agosto ► di Paolo A. Paganini ●
BIANCANEVE – Quasi trentacinque anni fa, nel 1983, Maria Grazia Cipriani credeva ancora nelle favole, nel senso di quella poetica ingenuità che ancora illumina gli occhi e l’anima. E nacque “Biancaneve”, crudele storia dei Fratelli Grimm, che avevano un gusto un po’ sadico di parlare ai bambini. Da Cappuccetto Rosso ad Hansel e Gretel, da Pollicino a Cenerentola. Storie da incubi notturni. E tuttavia così belle, così affascinanti ed avvincenti, da tenere gli innocenti col fiato sospeso. Nella Biancaneve della Cipriani, che divenne un classico ancora oggi rappresentato, rimane la livida gelosia della cattiva matrigna nei confronti della bellissima fanciulla. La crudezza della favola, che non ha niente a che vedere con Walt Disney, è tuttavia attenuata – che tenera e poetica leggerezza mentre la storia s’affida alla drammaticità lirica! – nella trasfigurazione teatrale di un entusiamante spettacolo di marionette. Emergono e si stagliano da una specie di scatola magica, che un po’ ricorda gli antichi gabbiotti degli spettacoli di marionette e burattini, che, come si sa, rappresentano due generi diversi. Qui si socchiudono porte, si aprono finestre e pertugi, e si vedono, in magnifiche prospettive, le giornate dei sette nani, le fatiche in miniera, l’arrivo della matrigna cattiva con i suoi sortilegi di morte. Insomma la storia dell’ingenua Biancaneve. Una piccola chiosa socio-familiare: in tutta questa tragica vicenda, che sfiorava sangue e morte, dov’era andato a finire il padre? Mah, i preveggenti fratelli Gimm, già due secoli fa, avevano intuito la “scomparsa” dei padri. Lo spettacolo (65 minuti) in scena all’Arsenale, alle Tese dei Soppalchi, per la Biennale veneziana, è stato anche questo, come i precedenti allestimenti di Nathalie Béasse, accolto da un uragano di applausi.. Fondamentali, con trascinante peso protagonistico, le musiche, che sono di Mozart, Benedici, Puccini, Sibelius, Mendhelsson, Ivanov, Auber, Puccini.
In scena e dietro la scena: Maria Teresa Elena, Elsa Bossi, Giacomo Vezzani, Giacomo Pecchia, Andrea Jonathan Bertolai.
Ed ora, spostandosi lì vicino, al Teatro alle Tese, ecco un altro spettacolo della Cipriani.
PINOCCHIO – L’allestimento del capolavoro di Collodi, nell’adattamento e regia di Maria Grazia Cipriani, è del 2006. Gli anni non sono passati invano. La differenza drammaturgica, scenografica e registica è strutturalmente diversa. Recitato da attori in carne ed ossa, anche con il predominante uso di maschere e costumi, questo “Pinocchio” (un’ora e 40) diventa un’irridente commedia dai foschi contorni tragici. Meglio: una tragedia dal tono scanzonato, con una truculenza di alcune scene indimenticabili. Anche qui (come in tutte le fiabe) non c’è niente di consolatorio. D’acccordo, la morale e la conclusione delle diverse storie finiscono sempre in gloria, con la punizione del cattivo o l’eterno bacio d’amore dei protagonisti. Ma questo Pinocchio è un diverso. Come si sa, è fatto di legno, nato dall’amore del suo caro babbino falegname. È un discolo matricolato, disubbidiente, avventato, bugiardo. Ne passerà di tutti i colori, prima di diventare un vero bambino, grazie al suo angelo protettore, che è la Fata Turchina, premurosa e buona di cuore. La scena, con stupenda manipolazione registica, è una specie di circo con porte e finestre a pannello. Da qui entrano ed escono i vari personaggi della storia, che non staremo a raccontare: Il Gatto e la Volpe, i becchini, Lucignolo, Mangiafuoco, la fatina, un’adorabile lumachina, fino a quando Pinocchio, che stava per diventare anche lui un asino, non viene salvato per l’ennesima volta dalla sua dolce fatina. E diventa finalmente, dopo tante disavventure, un bambino in carne ed ossa. E con un colpo di scena conclusivo, dolente e commovente: tutti i personaggi del contorno favolistico si afflosciano senza vita. Pinocchio guarda ed esce. È ora diventato un bambino buono, è diventato giudizioso… La favola bella, che ieri m’illuse, è finita. Per sempre.
Scene e costumi di Graziano Gregori. Con, tra gli altri, Giandomenico Cupaiuolo (Pinocchio), Elsa Bossi (Fata), Elena Nenè Barini (Lumachina), Giacomo Vezzani (Volpe), Giacomo Pecchia (Gatto), Nicolò Belliti (Mangiafuoco). Musiche di Fucik Julius, Chopin, Puccini, Leoncavallo, Westkemper.