Blackout planetario. Tutti in un attimo dimenticano i Beatles. Metafora di una umanità che non ha più memoria di sé

(di Marisa Marzelli) – Yesterday si presenta come una commedia romantica (e molto musicale) gradevole e abbastanza prevedibile. Ma ad una possibile lettura metaforica risulta ben più intrigante.
Andiamo con ordine. Diretto da Danny Boyle (Trainspotting, The Millionaire) e sceneggiato da Richard Curtis (Quattro matrimoni e un funerale, Notting Hill, Il diario di Bridget Jones, oltre che creatore del personaggio di Mr. Bean), il film somma i talenti di due marchi di fabbrica della cinematografia britannica. Il plot, pur basandosi su un’idea robusta, è apparentemente semplice e lineare; una fiaba contemporanea sospettabile di intenti non oltre il commerciale. Su un budget di 26 milioni di dollari pare che circa 10 milioni siano stati spesi per i diritti delle musiche del quartetto di Liverpool.
Jack (Himesh Patel), giovane cantautore di origini indiane senza successo che sbarca il lunario come magazziniere in una cittadina inglese, scopre che, a causa di un blackout planetario durato solo pochi secondi, tutti (tranne lui, che in quel preciso momento era stato investito da un bus) hanno dimenticato i Beatles. Cancellati, mai esistiti, nessuno conosce le loro canzoni. Stupefatto, il giovane comincia dapprima timidamente a spacciare quei motivi come suoi. E ottiene un successo strepitoso. Viene notato da un’arrembante manager americana (Kate McKinnon) e ai suoi concerti arrivano folle oceaniche. Ma rischia di perdere l’amore della sua vita (Lily James).
In chiave realistica, tutto qui. Ma proviamo a guardare Yesterday da un altro punto di vista. Il misterioso blackout che in pochi attimi cancella l’esistenza di un caposaldo della cultura pop, patrimonio di tutti, come le musiche dei Beatles (ma non solo quelle, l’umanità non ha più memoria, tra l’altro, né della Coca Cola né di Harry Potter) è il trucco per introdurre con gentilezza una situazione da fantascienza distopica (Boyle è anche il regista del post-apocalittico 28 giorni dopo), un mondo in cui si è persa la memoria persino della cultura in cui siamo immersi. Sono di stampo ironico very british le scene in cui lo sconcertato Jack digita su Google la parola Beatles e gli escono solo immagini di scarafaggi; o digita John, Paul, George, Ringo e si ritrova la biografia di Giovanni Paolo II. Una società che cancella il suo passato, che ha la memoria del pesce rosso (lo vediamo anche in politica), che ingurgita tutto distrattamente senza più una scala di valori ha seri problemi. Ecco, Yesterday lo dice con il sorriso sulle labbra, concedendosi anche un pellegrinaggio nei luoghi sacri delle musiche beatlesiane, sulle orme di Strawberry Fields Forever, Abbey Road, Hey Jude ed altre hit storiche, sino all’apoteosi (attesa per buona parte del film) di All you Needs is Love. La presenza nel film del cantautore di fama internazionale Ed Sheeran, nel ruolo di se stesso, amplifica il voluto cortocircuito sui meccanismi del business musicale.
Vale la pena rilevare anche che registi e attori di origini indiane e pakistane in questo momento vanno forte sugli schermi. Oltre a Himesh Patel di Yesterday si possono citare l’attore di ascendenza pakistana Viveik Kalra in Blinded by the Light-Travolto dalla musica di Gurinder Chadha (la regista indiana d’origine di Sognando Beckham) dove un giovane anglo-pakistano viene ispirato dalla musica di Bruce Springsteen o l’americana di origini bengalesi Mindy Kaling nel ruolo di una ragazza assunta, prima e unica donna (ma solo perché arrivata al momento giusto, come quota rosa), per scrivere le battute di un famoso talkshow serale in E poi c’è Katherine, altra intelligente commedia, firmata dalla regista canadese-americana di origini indiane Nisha Ganatra, con una scatenata Emma Thompson, che prende in giro l’esasperato “politicamente corretto” nel mondo televisivo.