(di Andrea Bisicchia) Sulle pagine di questo giornale, da un po’ di tempo ci stiamo occupando di alcuni autori dimenticati dal nostro teatro. L’occasione ci è stata data più dalle opere critiche, scritte in proposito, che da realizzazioni sceniche.
Oggi ci occupiamo di Bontempelli, grazie a un libro di Maria Dolores Pesce, presto in ristampa. Anche per lo scrittore comasco, che vanta una ricca bibliografia, non sono mancate delle edizioni teatrali che ne abbiano mostrato sia uno stile che una poetica personale, mi riferisco a “La guardia alla luna”, “Siepe a nord ovest”, “Nostra Dea”, “Minnie la candida”, “L’innocenza di Camilla”, commedie scritte tra il 1922 e il 1949, tutte accomunate da alcune categorie morali, come il candore o l’innocenza, categorie astratte, che alimenterebbero le voci di un teatro avulso dalla realtà.
Il periodo teatrale vissuto da Bontempelli è lo stesso di quello di Savinio, di Rosso di San Secondo, autori che si muovono nell’orbita pirandelliana e attenti alla costruzione di una drammaturgia che superasse le barriere della commedia borghese che, pur attratta dai movimenti avanguardistici, cercava di scardinare dal di dentro il genere drammatico, col ricorso all’Umorismo (Pirandello), all’ Espressionismo ( Rosso di San Secondo), alla Satira surreale, sia Savinio che Bontempelli. Attorno a questi autori, escluso Pirandello, gli studiosi lamentano una sorta di trascuratezza da parte delle Istituzioni teatrali, benché le loro commedie possano, di certo, inserirsi in una dimensione europea.
Maria Dolores Pesce, con “Massimo Bontempelli drammaturgo”, Edizioni dell’Orso, è andata alla ricerca degli elementi di originalità e di novità che caratterizzano il teatro di Bontempelli. Il primo lo rintraccia nel “senso del meraviglioso” che lo distingue dal “Realismo magico”, la formula più sbrigativa per caratterizzare l’invenzione bontempelliana, sempre attenta a smascherare la realtà, attraverso una super realtà, frutto della libertà immaginativa dell’autore, la stessa che lo libererebbe dal pirandellismo.
Cos’è il “senso del meraviglioso”, se non la creazione di un mondo che, pur essendo vicinissimo all’uomo, ha le sue radici nell’immaginario, che, però, non ha nulla a che fare col sogno, essendo sufficiente il candore e l’innocenza a produrlo. Nel meraviglioso, c’è un indizio del soprannaturale che in Bontempelli non si colora di istanze metafisiche, ma di un modo diverso di osservare la realtà.
Gli storici della psicoanalisi fanno coincidere il meraviglioso con la ricerca delle proprie radici, presenti nel nostro inconscio.
Bontempelli evita questo processo, perché la sua indagine non è di tipo analitico, bensì surreale. Col suo immaginario, egli intende rappresentare, in modo diverso, l’ambiente sociale e incidere sulla realtà. Dea, per esempio, è una donna senza sentimenti, una marionetta senza passioni, Minnie, a contatto, con gli uomini artificiali, perde il senso della realtà, tanto che il suo candore non riesce a salvarla dalla crudeltà, anche se involontaria, degli uomini, trattandosi di una burla riuscita. Soltanto Camilla, grazie alla sua innocenza, riuscirà a riparare i danni.
Dolores Maria Pesce sostiene che Bontempelli, utilizzando categorie non realiste, riuscì a stravolgere il meccanismo dei sentimenti, creando delle atmosfere sceniche surreali e ricorrendo a una “narrazione con funzione conoscitiva”, liberando l’identità soggettiva, per immetterla, paradossalmente, in uno smascheramento libero da ogni condizione socialeggiante. Le teorizzazioni, in teatro, sono affascinanti, ma non bastano, se non sono suffragate dalle realizzazioni sceniche. Nel secondo Novecento alcune messinscene sono rimaste esemplari, come “L’innocenza di Camilla”( 1949) con la regia di Salce, protagonisti Fulvia Manni, Nino Manfredi, Gianrico Tedeschi, o “Nostra Dea” (1972) regia De Lullo, con Rossella Falk, Sergio Fantoni, Carlo Giuffrè, o “Minnie la candida”(1980), regia Battiston, con Giulia Lazzarini, Luciano Virgilio, Antonio Fattorini, a cui seguì quella di Marco Parodi (1990) con Marina Giordana, Luca Lazzareschi, Luca Lionello. La più recente messinscena è quella di “Nostra Dea” (1992) con la regia di Mario Missiroli, con Carla Gravina, Virgilio Gazzolo e Stefano Santospago. Dopo, il silenzio.
Maria Dolores Pesce, “Massimo Bontempelli drammaturgo”, Edizioni dell’Orso 2008, pp 156, euro 16.