
Copia da Jheronimus Bosch, “Scena con elefante”, XVI secolo. Olio su tela (Firenze, Gallerie degli Uffizi). In alto, a sin.: un particolare
MILANO, mercoledì 9 novembre ► (di Patrizia Pedrazzini) – Jheronimus Bosch. Il Maestro dei mostri e degli incubi. Il pittore dei sogni e degli inferni. Del vizio e della redenzione. Le sue visioni oniriche fatte di incendi e di creature spaventose, i suoi mondi curiosi popolati di figure fantastiche, la grande ironia con la quale mise in scena, su tela, i conflitti dell’uomo rispetto alle regole imposte dalla morale religiosa, hanno scomodato, nel tempo, dottrine differenti, non ultima la psicoanalisi.
Rimane tuttavia arduo, nonostante le numerose “letture” della sua opera, perdersi nella visione di un dipinto di Bosch e percepirvi qualcosa di “rinascimentale”. Almeno per lo spirito, e il pensiero, che alimentarono il Rinascimento, e l’Umanesimo, in Italia e più in generale nel meridione europeo.
Per questo la ricca e preziosa mostra allestita (fino al prossimo 12 marzo) a Palazzo Reale e forte di alcuni celebri capolavori del genio fiammingo vissuto fra il 1453 e il 1516, appare inedita fin dal titolo: “Bosch e un altro Rinascimento”. Nel senso, spiegano i curatori, di un Rinascimento alternativo, lontano da quello governato dal mito della classicità, a riprova dell’esistenza di una pluralità di Rinascimenti, con centri artistici diffusi in tutta Europa. Ed è quanto il percorso espositivo si prefigge di spiegare e dimostrare.
Una “lettura” nuova e affascinante, che tuttavia in alcun modo riesce ad arricchire il limpido, incantevole, magico splendore delle opere esposte. A cominciare da quella che apre il percorso, totalmente immerso nel buio delle sale, e dal quale emergono, luminosi gioielli, i dipinti: il “Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio” (del quale esistono oltre quaranta repliche), che solo un paio di volte ha lasciato il museo di Lisbona che lo custodisce e che per la prima volta approda in Italia. Per passare al “Trittico del Giudizio Finale”, prestito da Bruges; alla tavola “Meditazioni di San Giovanni Battista”, dal museo Galdiano di Madrid; al “Trittico degli Eremiti”, dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Oltre all’intero ciclo dei quattro arazzi dell’Escorial e al cartone dell’Elefante, realizzato per il quinto arazzo della serie, andato perduto.
Sono in tutto cinque i dipinti di Bosch in mostra a Palazzo Reale (pochi sono infatti i lavori sicuramente attribuiti al Maestro, il che spiega come molto raramente lascino le sedi di appartenenza), ma, decisamente, bastano per sostenere l’intera esposizione. Che annovera anche “pezzi” di artisti della sua Bottega e della sua Scuola, oltre a opere di Jan Brueghel il vecchio, di Albrecht Dürer (“Il mostro marino”), dell’incisore Pieter van der Heyden, per dirne solo alcuni. In tutto 104 lavori, fra dipinti, sculture, arazzi, incisioni, bronzetti, volumi antichi, oggetti rari e preziosi.
Perché il linguaggio artistico di Jheronimus Bosch travalicò molto presto i limiti, geografici e culturali, del nord Europa per raggiungere, e contagiare, il sud del continente e arrivare persino oltreoceano. Anche se il Paese nel quale più trovò riscontro fu da subito la Spagna, dove non a caso ancora oggi si trova la maggior parte delle grandi opere del fiammingo, distribuite fra il Museo del Prado e il Monastero dell’Escorial. Tuttavia, pur affermatasi nella penisola iberica, la “moda” delle immagini “alla Bosch” ne oltrepassò presto i confini, toccando l’Italia e poi tutto il resto d’Europa. Grazie alla stampa, soprattutto, e ai grandi incisori fiamminghi che immediatamente si cimentarono a riprodurne i lavori.
Mentre, su un altro fronte, la tematica, sviluppatasi fra Cinque e Seicento inoltrato, dei riti magici e dei sabba infernali, a loro volta legati all’elemento diabolico e misogino della stregoneria, non poteva prescindere dall’immaginario boschiano e dalle sue invenzioni fantasiose e grottesche. Che, al termine della mostra milanese, è possibile rivivere grazie all’opera audiovisiva “Trìptiko. A vision inspired by Hieronymus Bosch”, che mette in scena un viaggio nel mondo onirico del pittore, riportandone in vita i dipinti grazie a tecniche di animazione digitale.
Da non perdere.
“Bosch e un altro Rinascimento”, Milano, Palazzo Reale, fino al 12 marzo 2023.