Alla Gran Guardia di Verona, due giorni dedicati all’imperatore dei vini: sua maestà l’Amarone

Scan_20140126_081206(di Paolo A. Paganini) Fermarsi a Verona e non indugiare a tavola davanti a un bicchiere di Valpolicella è grave mancanza. Come non togliersi il cappello davanti a una signora o non cedere il posto a un anziano. Se poi nella città di Giulietta, sabato 25 e domenica 26, si è passati davanti alla Gran Guardia, in Piazza Bra, senza accorgersi dell’imperdibile mostra di Monet e, a fianco, della rassegna, che dico, del festival, macché festival, della solenne celebrazione dell’imperatore delle tavole venete, sua maestà l’Amarone, be’, allora si è commesso peccato mortale. E vuol proprio dire che non si sanno apprezzare le gioie della vita.

Come in un laico consesso religioso, come una specie di conclave delle massime autorità enologiche, alla presenza degli accademici del vino, nel palazzo della Gran Guardia erano esposti e offerti all’assaggio di intenditori ed estimatori gli Amaroni di tutta la provincia di Verona, che sono più di una cinquantina, per l’esattezza 58, alcuni discendenti da antiqui e nobili lombi, altri di novella acquisizione, ma sempre di grande lignaggio, tutti suddivisi per zone geografiche genetliacamente legate a una precisa storia familiare.

Verona. Una gentile hostess della rassegna enologica alla Gran Guardia

Verona. Una gentile hostess della rassegna enologica alla Gran Guardia


Per amor di statistiche, e per rispetto all’anzianità, diremo che ben nove aziende vinicole vantano una storia risalente all’Ottocento (ma sì, almeno nominiamole: Aldrighetti – il primo, classe 1818 – e a ruota Bertani, Bolla, Cantina di Soave, Damoli, Montresor, Santi, Sartori, Zonin, e senz’altro ne abbiamo dimenticato qualcuno). Le nuove leve, quelle nate dopo il 2000, sono già un’agguerrita e affermata presenza (sono ben diciassette), anche queste presenti alla Gran Guardia, con dei DOC di assoluto, vertiginoso prestigio. Degustare per credere. Tutti gli altri (trentadue), classe Novecento, formano il grosso di una produzione totale di alcuni milioni di bottiglie che portano nel mondo la qualità e il prestigio delle aziende veronesi della Valpolicella.
La rassegna veronese, dedicata all’Anteprima Amarone 2010 DOCG, organizzata dal Consorzio Tutela Vini Valpolicella, ha così presentato ufficialmente il primo Amarone che ha potuto fregiarsi della Docg quello dell’annata 2010, che debutta quindi sul mercato dopo i canonici tre anni di maturazione.
L’organizzazione del Consorzio, allo scopo di una maggiore e più dettagliata conoscenza del territorio della Valpolicella, ha inoltre sviluppato un’applicazione mobile (APP), operativa su sistemi iOS e Android: gli appassionati del vino potranno trovare ogni utile informazione su tipologie di vino, news, eventi, percorsi gastronomici, posizioni e indirizzi dei produttori, indirizzi eccetera.

L’arcivescovo Scola incontra il giornalista Quirico: esporsi in prima persona per testimoniare la verità

L’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola

L’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola

(di Patrizia Pedrazzini)Quando parlo del prossimo la mia bocca, nel servirsi della lingua, è da paragonarsi al chirurgo che maneggia il bisturi in un intervento delicato tra nervi e tendini: il colpo che vibro deve essere esattissimo nel non esprimere né di più né di meno della verità“. Parola di San Francesco di Sales (1567-1622), patrono dei giornalisti, in onore del quale si è svolto, sabato 25 gennaio a Milano, l’annuale e tradizionale incontro fra l’arcivescovo, cardinale Angelo Scola, e la stampa. Un appuntamento che questa volta è stato l’occasione per far dialogare l’alto prelato con un giornalista oggetto lo scorso anno di un drammatico rapimento: l’inviato de La Stampa Domenico Quirico, sequestrato per cinque mesi in Siria, dove si trovava per raccontare il conflitto in corso.
Tema dell’incontro, la testimonianza, ovvero la figura del giornalista in quanto testimone. Ovvero che cosa significhi, veramente, testimoniare. Che sarebbe poi l’essenza stessa del giornalismo. Per Quirico un’essenza “semplice come la mia fede: cioè scrivere ciò che uno vede, essere presenti laddove l’uomo soffre. Raccontare il dolore è una cosa molto complicata, che richiede molta onestà, e la prima onestà è di vederlo e di condividerlo. Non si racconta chi soffre se non soffri anche tu“. Mai, ha sottolineato, esporsi alla domanda. “Ma tu dov’eri?”, perché “solo se ci sono posso scrivere, parlare, filmare, scattare fotografie“. Di qui la logica considerazione per la quale fare giornalismo “è una cosa terribilmente semplice: essere lì. Non è una scelta, è una necessità”. Senza dimenticare che l’umanità e il dolore non si trovano mai solo da una parte, e che quindi l’obbligo della testimonianza si deve tradurre nel raccontare “non solo i buoni, ma anche i cattivi, i maledetti, i dannati, i perdenti”. Una strada, quella della testimonianza, che ha fornito al cardinale l’aggancio per sottolineare la necessità della “commozione” da parte del giornalista, dell’autoesposizione, del farsi coinvolgere, del “pagare di persona”. “Si può conoscere senza il cuore, solo con la testa? Non credo proprio”, si è detto l’arcivescovo, denunciando come “noi Europei siamo diventati duri di cuore, impagliati, per dirla con Eliot. E questo perché la compassione non rientra più fra i nostri costumi”.
Dalla testimonianza partecipe, allora, al “rapporto di responsabilità morale”, ovvero al dovere di considerare le conseguenze dirette che “quello che scrivo avrà sulle persone delle quali scrivo”. Quindi al “peccato del giudizio temerario”, come l’ha definito il cardinale (“sorta di itterizia che trasforma tutto in giallo, in qualcosa di negativo”), all’ossessione per la dietrologia, alla faticosa coerenza, o se si vuole all’incoerenza, che deve sì, ha chiarito Scola, fare i conti con la fragilità umana, ma che può facilmente trasformarsi in colpa. E senza farsi ammaliare dall’ingannevole, quanto diffusa, opinione che esistano più verità. Perché “la verità è una sola, non ce ne sono tante. Semmai ci sono tanti punti di vista”. Fino all’obbligo dell’onestà, dell’attenzione costante alle parole che si utilizzano, della correttezza a tutti i costi.
E ancora una volta all’attualità del pensiero di San Francesco di Sales: “La maldicenza è un vero omicidio, perché tre sono le nostre vite: la vita spirituale, con sede nella grazia di Dio; la vita corporale, con sede nell’anima; la vita civile, che consiste nel buon nome. Il peccato ci sottrae la prima, la morte ci toglie la seconda, la maldicenza ci priva della terza. Il maldicente, con un sol colpo vibrato dalla lingua, compie tre delitti: uccide spiritualmente la propria anima, quella di colui che ascolta, e toglie la vita civile a colui del quale sparla. Dice San Bernardo che entrambi, sia colui che sparla sia colui che ascolta il maldicente, hanno il diavolo addosso: uno sulla lingua e l’altro nell’orecchio”.
Nel 2013 sono stati 129, nel mondo, i giornalisti e gli operatori dell’informazione uccisi mentre svolgevano il loro lavoro

Il maxi-musical “Romeo e Giulietta” inaugura a Milano il più grande teatro tenda d’Italia

A Milano, a ridosso di Piazzale Cuoco – area non immemore di un glorioso Teatro Quartiere di quarant’anni fa – è sorto un nuovo spazio teatrale, “Linear 4 Ciak”, il teatro tenda più grande d’Italia, che s’impone di proseguire sulla strada delle grandi tradizioni dell’ormai chiuso Teatro Smeraldo, unitamente all’altrettanto famosa etichetta dell’indimenticato Teatro Ciak. Il nuovo spazio consiste in una tensostruttura di 2862 posti su un’area di 4500 mq, con un palcoscenico di 35 m di larghezza e 22 di profondità, in grado di accogliere qualsiasi tipo di spettacolo e di concerto. Intanto, l’inaugurazione del nuovo spazio teatrale è affidata a “Romeo e Giulietta. Ama e cambia il mondo”, reduce di ottanta repliche a Roma, dove il musical è stato applaudito da 160.000 spettatori. Lo spettacolo è prodotto da David Zard, con la regia di Giuliano Peparini, musiche di Gerard Presgurvic, testi di Vincenzo Incenzo, corpo di ballo diretto dalla coreografa Veronica Peparini. È previsto un mese di repliche, dal 23 gennaio al 23 febbraio. In cartellone, per il momento, sono poi previsti: concerto di Gigi D’Alessio (11 aprile); show di Rita Pavone (6 maggio); Ben Harper in “Acoustic Tour” (13 maggio) e Steve Hackett in “Genesis Extendend 2014 World Tour” (26 maggio).
Per informazioni e acquisto dei biglietti:
http://www.romeogiulietta.it

Ripresa del mercato cinematografico italiano dopo due annate negative

Sono positivi i dati del mercato cinematografico italiano nel 2013 che segna un’inversione di rotta dopo due annate negative. Secondo i dati Cinetel, che rileva il 90% dell’intero mercato, i biglietti venduti sono stati 97.380.572, con un incremento del 6,56% rispetto al 2012, e gli incassi hanno raggiunto la cifra di 618.353.030, con una crescita dell’1,45%. Aumenta anche la quota di mercato del cinema italiano che in termini di presenze nel 2013 arriva al 31,02%, contro il 26,5% del 2012.
Cresce peraltro il numero di film distribuiti che nel 2013 sono stati 453, a fronte dei 364 del 2012 (+89 film), anche per merito della digitalizzazione delle sale. Sette i film italiani nelle prime venti posizioni della classifica, due dei quali si attestano al primo e al terzo posto.
Tra i dati positivi c’è anche la diminuzione del prezzo medio del biglietto, pari a 6,08 euro, contro i 6,21 del 2012. Dal punto di vista delle sale, positiva la crescita in termini di presenze e di incassi delle strutture multisala da 5 a 7 schermi e dei multiplex, mentre è tendenzialmente stabile il risultato delle monosale e delle strutture da 2 a 4 schermi. A fine 2013 risulta digitalizzato il 75% circa degli schermi cinematografici italiani.
Importante l’incremento delle presenze in sala al giovedì: nel 2013 i biglietti staccati sono aumentati infatti del 25,74%, grazie alla decisione delle associazioni di concentrare tutte le prime uscite dei film in questa giornata.
Il trend positivo prosegue anche nel 2014: dal primo al 12 gennaio i biglietti staccati, rispetto all’omologo periodo del 2013, sono infatti aumentati del 35% e gli incassi del 36,5%, con una quota di mercato per i film italiani pari al 39,33%.