
Milano. Pietro Traldi, Vincenzo Occhionero e Manuela De Meo in una scena di “Il Vecchio Principe”, in scena all’Elfo Puccini
(di Paolo A. Paganini) “Il Vecchio Principe…”, di Manuela De Meio, Vincenzo Occhionero e Pietro Traldi, che ne sono anche gli interpreti, porta un sottotitolo, “… e le sue avventure nel corridoio di un ospizio”, con un’altra piccola, ma importante, aggiunta, che sa di spiegazione o di giustificazione: “Primo studio sulla terza età”. Che sia il primo ci auguriamo che lo rimanga. Che sia uno studio accettiamolo per buono. E come tale lo tratteremo. In un’ora scarsa, con la regia di César Brie, che si dà molto da fare per trovare un filo conduttore, e qualche volta ci riesce, “Il Vecchio Principe” vuole essere una trasposizione in chiave senile del “Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry, il quale, come ormai tutti sanno, racconta la storia d’un bimbo dolce e strano, fuggito da un piccolissimo pianeta, per evadere dalla possessività di una rosa, di cui era innamorato. Dopo aver attraversato altri pianeti, arriva sulla Terra. Nel suo viaggio, questo Piccolo Principe, ha incontrato alcuni personaggi, che gli sembrano davvero stravaganti: un beone, un uomo d’affari, un vanitoso, un lampionaio… Intanto, nel deserto in cui è giunto, trovandocisi a suo agio, incontra un aviatore, che, per un guasto al motore, ha fatto un atterraggio di fortuna e che diventa il narratore di tutta la storia… Basta, fermiamoci qua.
Allora, immaginiamo che il Piccolo Principe sia diventato il Vecchio Principe, il quale, anziché giungere nel deserto, si ritrova in un ospizio per vecchi, che sempre di deserto si tratta. Qui, anziché il pilota, incontra un infermiere, che con il Veccho stabilisce un singolare rapporto d’amicizia. Con pietoso affetto, l’infermiere racconta le allucinate storie di quella vetusta mente, forse già toccata dall’Alzheimer. La trasposizione dei personaggi del celebre racconto per ragazzi si fa sempre più palese: c’è un nipote ubriacone, una nipote manager fanatica del cellulare, il primario-vantone, il lampionaio, diventato un nevrotico che accende e spegne in continuazione le luci. E c’è anche l’adorata rosa, in sembianze di fascinose rotondità muliebri, profumo consolatorio di giovinezza… Il Piccolo Principe, divorato dal desiderio di ritornare sul suo piccolo pianeta e rivedere la sua adorata, svanisce nella notte dopo aver consolato l’amico aviatore. Ed anche il Vecchio ora se ne andrà nel suo sudario di morte, dopo aver consolato l’amico infermiere.
Narrata sulla scena con leggerezza e ironia, a parte due/tre chiari riferimenti con il testo originale, l’operazione, per eccesso di concisità, ha perso via via una più coerente e approfondita connotazione, che sarebbe servita o a recuperare il piacere della lettura di Saint-Exupéry o a strutturarsi in un’operina drammaturgicamente autonoma. Né l’una né l’altra. Rimane la giustificata spiegazione di “studio sulla terza età”. E rimane una recitazione onesta e generosa, applaudita anche in singole performance teatrali. E, ancora, rimane, tutto sommato, un allestimento povero ma gradevole, con un pubblico, alla fine, calorosamente entusiasta.
“Il Vecchio Principe”, studio sulla terza età, da Antoine de Saint-Exupéry, al Teatro Elfo Puccini, Sala Fassbinder, Corso Buenos Aires 33, Milano. Repliche fino a domenica 12