(di Andrea Bisicchia) Che differenza c’è tra un giovane e un vecchio? Secondo Marc Augé: “Il tempo senza età. La vecchiaia non esiste”, Cortina Editore, il primo può, il secondo sa. Il rapporto è, quindi, tra potere e sapere, tra forza e conoscenza. Cosa sono forza e conoscenza al cospetto del tempo? Ovvero, in che modo il tempo scorre dinanzi a chi può e a chi sa? Il tempo non ha, certo, pregiudizi, sia nei confronti del sapiente, che di un giovane, è consapevole di essere utilizzato, con baldanza, come materia prima e come fonte di ispirazione, da parte dei giovani, con saggezza da parte dei vecchi. Come non pensare ad Achille, a Enea, a Nestore, a Catone il censore? L’età, per loro, era una categoria del pensiero, non il tempo che trascorre.
Oggi, sostiene Augé, l’età avanzata è diventata banale, nel senso che ha perso il carattere di eccezionalità, perché quel che conta, nella società mediatica, non è l’eroismo, né tanto meno la saggezza, quanto la capacità di battere i record, di esibirsi in talk-show televisivi, durante i quali, vengono utilizzati eufemismi come terza età, quarta età etc. A dire il vero, l’età rivela anche la disuguaglianza sociale, tanto che la vecchiaia è diversa per chi è ricco e per chi è povero, per chi sa e per chi non sa. Per l’intellettuale che invecchia, per esempio, l’età sta come la bellezza sta alla donna. Il ruolo sociale si rivela importante quanto il ruolo per un attore. Fino agli anni Sessanta, i registi sceglievano gli attori in base al ruolo, dagli anni Settanta, il ruolo non esiste più, come non esiste più la vecchiaia. L’attore, invecchiando, si rinnova, benché, spesso, accetti i ruoli che corrispondono alla sua età. La seconda donna, nei “ Sei Personaggi in cerca d’autore”, quando il capocomico le affida la parte della madre, si offende, mentre ci sono attori che amano invecchiarsi, come accadde a Eduardo quando interpretò “L’uomo dai capelli bianchi”, un testo che mostra il lato più orribile della vecchiaia, quello ipocrita, subdolo, quello che, per egoismo, trama contro i giovani.
Gli intellettuali, gli scrittori, appaiono più vulnerabili, più tentati a ringiovanirsi artificialmente, senza, magari, riflettere sul fatto che il talento non debba, per forza, coincidere con l’età. Nell’era post moderna, il percorso del tempo non è lineare, tanto da creare delle discrepanze tra invecchiamento ed età. C’è chi dice: “Io sono la mia età”, chi sostiene: “Conosco la mia età, ma non ci credo”, oppure chi reagisce dicendo: “Ho l’animo di ragazza”, si tratta di verità apparenti che autorizzano qualche ombra di dubbio sulla stessa identità, anche perché il tempo non si lascia abbindolare, al massimo, si fa registrare nelle Memorie, nei Diari, nelle Autobiografie, si fa osservare, trasformandosi in strumento per indagare dentro noi stessi, per conoscere il ritmo della vita e l’uscita che ne consegue.
A questo proposito, consiglierei: “Mortalità, immortalità e altre strategie di vita” di Bauman (Il Mulino, 2012), una analisi di come la cultura contemporanea si atteggi davanti al tabù della morte. Parafrasando Shakespeare, potrei dire che “Noi siamo della stessa sostanza di cui sono fatti gli anni”.
Marc Augé: “Il tempo senza età. La vecchiaia non esiste”, Raffaello Cortina Editore, 2014, pp 104, € 11.