Cechov, la condanna della provincia, morta gora dell’abulia e della rassegnazione. Ovvero “Le tre sorelle”, tutte infelici

Le tre sorelle: Maria Alberta Navello, Maria Laura Palmeri e Fiorenza Pieri

MILANO, mercoledì 8 marzo ► (di Paolo A. Paganini) Se nelle “Tre sorelle” di Cechov dovessimo andare alla ricerca d’un soggetto, d’una storia lineare, d’un argomento principe, saremmo molto in difficoltà. Sì, d’accordo, qui ci sono queste famose tre benestanti sorelle, Olga, Irina e Mascia, nella loro grande tenuta, in un angolo remoto della provincia russa: morta gora di noia e di rassegnazione, mortale anestesia dell’anima. Sì, c’è il grido di speranza di un futuro migliore, che Cechov si premura insistentemente di santificare in un florilegio di panegiriche promesse: un avvenire radioso, con genti diverse, con un popolo felice del proprio lavoro, in una società di giustizia e fratellanza. Ma tutto asfitticamente finisce lì, in un velleitario grido di inutile, esorcistico e illusorio miraggio, gridato e ripetuto dalle tre sorelle: “A Mosca, a Mosca”. Ma non succede niente. Tutto rimane così, nell’inerzia, nell’angoscia. In un’atmosfera di paralizzante rassegnazione.
O meglio, non c’è una storia, ci sono tante storie da raccontare, dove ogni personaggio è protagonista dei propri sogni, illusioni, aspirazioni, sofferenze, frustrazioni, infelicità, in una continua ridda di stati d’animo, senza che nulla sembra che succeda fuori di loro, anche se in realtà avvengono due adulteri e un omicidio. Ma tutto avviene al di fuori, a cose fatte, tanto che la rappresentazione scenica è tutta imperniata in un gioco di atmosfere, di attese, come in un’eco di azioni già avvenute.
Eppure, queste vite incrociate sono dense di tensioni emotive, di turgide ripercussioni sentimentali, grandi e piccole, mentre la casa delle tre sorelle è animata, come unico diversivo, dalla presenza degli ufficiali d’un reggimento.

I personaggi delle “Tre sorelle” alla festa di compleanno di Irina.

Qui, alla festa di compleanno di Irina incontriamo tutti i personaggi: il barone tenente Tuzenbach e il capitano Solenyj, entrambi innamorati di Irina; l’ufficiale medico, amico di famiglia, Cebutykin; il tenente colonnello Versinin, insoddisfatto della propria situazione familiare, che diverrà l’amante di Mascia, sposata con il buono e pedante Kulygin, professore di ginnasio, da lei disprezzato; Natascia, fidanzata, e poi moglie invasiva, autoritaria e infedele di Andrej, fratello di Irina, Mascia e Olga (insegnante e poi direttrice al ginnasio).
Andrej, copertosi di debiti di gioco: ipotecherà la casa delle sorelle; Irina, annoiata e incapace di trovare un lavoro che la soddisfi, accetterà di sposare senza amore l’innamoratissimo  baroneTuzenbach.
Ma il destino si abbatterà su Irina e Tuzenbach, il quale viene sfidato e ucciso in duello dal geloso Solenyj.
E cambierà tutto per tutti. Cioè non cambierà niente, se non che il reggimento sarà costretto a partire. E la vita delle tre sorelle ripiomberà nella struggente apatia di sempre. Ora in peggio. Tutti dominati dalla cinica e dispotica cognata Natascia, che la farà da padrona.
In scena al Piccolo Teatro Studio (una non felicissima collocazione, con la scena laggiù, in fondo, distanziata dagli spettatori di faccia), l’allestimento ha tuttavia meritevoli motivi di plauso, anche se le parole arrivano talvolta attenuate. E la scena, dopo qualche iniziale smarrimento, è bella e convincente. Si presenta come un pack di ghiacci, mentre appaiono ai lati simbolici animali polari, un orso, un lupo. E un serpente (a buon intenditor). Questo involucro di ghiaccio alla fine si accartoccerà, in un ultimo gioco di metafore, ad indicare come tutti i personaggi si siano accartocciati nelle loro sofferenze, nella loro apatia.
Bene.
I tredici interpreti, si prodigano in una esemplare dedizione di alta professionalità, con un testo affascinante, anche se qua e là faticosamente tedioso. Ma è la rappresentazione della vita che talvolta lo è. E Cechov ha voluto riprodurre e denunciare proprio la greve atmosfera di una noiosa apatia, languorosa e rassegnata.
La regia di Emiliano Bronzino è attenta, scrupolosa, con puntuali e interessanti contrappunti recitativi. Le tre sorelle sono interpretate da Fiorenza Pieri, Maria Alberta Navella e Maria Laura Palmeri, in un gioco di diversificati caratteri. Marcella Favilla è l’odiosa cognata. Brava. E bene tutto il contorno del variegato mondo maschile, da Massimo Reale a Riccardo Ripani, da Alessandro Meringolo a Graziano Piazza, da Alberto Onofrietti a Stefano Moretti, ma ineccepibili anche tutti gli altri (nei due tempi dello spettacolo, uno di un’ora e l’altro di un’ora e un quarto). Alcuni applausi a scena aperta e consensi calorosi per tutti alla fine.
Si replica fino a domenica 19.

“Tre sorelle”, di Anton Čechov. Regia Emiliano Bronzino. Scene Francesco Fassone. Costumi Chiara Donato. Luci Massimo Violato – Produzione Fondazione Teatro Piemonte Europa. Al Piccolo Teatro Studio, Via Rivoli 6, Milano.
Informazioni e prenotazioni 0242411889
www.piccoloteatro.org