CREMONA, sabato 8 aprile ► (di Paolo A. Paganini) Anche Caravaggio, che pur cremonese non era, è sceso generosomante in campo per dare una mano a una delle più imponenti manifestazioni celebrative che italica città possa dedicare a un amatissimo figlio: Claudio Monteverdi (Cremona 1567 – Venezia 1643), compositore e precoce genio musicale. Ancora quindicenne pubblicò “Sacrae cantiunculae” a tre voci, e poi, via via, di anno in anno, celebri canzonette e madrigali, fino al suo trionfale “Orfeo” del 1607 e fino a quel sopravvissuto “Lamento”di Arianna. Gran parte della produzione teatrale monteverdiana è andata perduta. Ma tra il raffinatissimo “Orfeo”, il “Ritorno di Ulisse in Patria” e “L’incoronazone di Poppea”, così intensi e “moderni”, nel toccare inusuali corde del sentimento, tali da mover gli affetti, ce n’è d’avanzo per giudicare la rivoluzionaria opera monteverdiana, come superamento della retorica madrigalistica del belcantismo barocco, seppur rispettata, da Monteverdi, ma sublimata in creazioni d’ineguagliabile grandezza.
E ce n’è d’avanzo per far sì che la città di Cremona sia giustamente riconosciuta come patria, per antonomasia, di Monteverdi (e del violino).
Ma cosa c’entra Caravaggio? Niente. Né per generi d’arte, uno musicista, l’altro pittore, né per indole. Monteverdi era poco propenso ad avventurarsi in incognite di novità e di viaggi, anche se il duca Vincenzo Gonzaga riuscì a trascinarlo con sé nella campagna d’Ungheria e nelle Fiandre, così utili però per far maturare in lui nuovi e più intensi orientamenti musicali, specie nellaconoscenza delle recenti arie di corte di gusto francese.
Caravaggio, invece, realista e spregiudicato avventuriero in vita e in morte (Bergamo 1571 – Paludi Pontine 1610), ribelle e violento, fra risse, torbide storie e condanne, scardinatore di tutte le mode pittoriche dell’epoca, dispregiatore di preconcetti e di barocchistiche liturgie dell’arte del colore, si dedicò a più cronacistiche narrazioni della realtà, con disincantata violenza, senza infingimenti o decorativi abbellimenti più o meno ideologicizzanti. E ben più che da santi e madonne era attratto da giocatori di carte e da bari, da “donne morte e gonfie” (“La morte della Vergine”). Dal dramma della vita, insomma, così com’era. Fuggì da Roma, fuggì da Malta, fuggì da Napoli, fuggì da Milano, ma dopo di lui la pittura non fu più uguale. Trionfò il caravaggismo, con i suoi angoscianti neri, con le sue abbacinanti lame di luce di ambigua luminosità.
Dunque, a parte una coincidenza coeva, cosa c’entra Caravaggio con la patria del violino e con Monteverdi?
Niente.
O, meglio, c’entra nel senso che, per le celebrazioni cremonesi dedicate ai 450 anni dalla nascita del musicista, è stata assunta, come simbolico logo, la famosa opera di Caravaggio, “Il suonatore di liuto”, che forse non è nemmeno del Caravaggio, ma teniamola per buona, e, comunque, è ben pensata.
E così, nel nome dei due artisti”, “Monteverdi e Caravaggio”, tutto il 2017 vedrà una serie imponente di manifestazioni, che collocano Cremona, anche fuor di confini, al centro dell’italica musicalità, con conferenze, incontri, esposizioni museali, concerti.
A cominciare dal Museo del Violino. In un trionfo di storiche viole da gamba e da braccio e di violini d’epoca, diventa l’emblematico percorso delle celebrazioni monteverdiane: e, nell’ultima delle tre sale sala, la visisione propiziatoria del “Suonatore di liuto” (8 aprile – 23 luglio). In particolare si potranno ammirare gli strumenti originali utilizzati, 410 anni fa, per la prima dell’Orfeo, e cioè: “duoi gravicembali, duoi contrabassi de viola, dieci viole da brazzo, un’arpa doppia, duoi violini piccoli alla francese, duoi chitaroni, duoi organi di legno, tre bassi da gamba, quattro tromboni, un regale, duoi cornetti, un flautino alla vigesima seconda, un clarino con tre trombe sordine”.
E qui, venerdì 7 aprile, si sono ufficialmente aperte le manifestazioni monteverdiane con un applaudito concerto del soprano Roberta Invernizzi e di Franco Pavan alla “tiorba”, storico strumento a corde della famiglia dei liuti, in un repertorio di preziose arie d’epoca, nel magnifico auditorium “Giovanni Arvedi”, presso il Museo del Violino, fra i più belli d’Italia.
Ma un ricco e articolato cartellone di manifestazioni caratterizzeranno tutto un anno 2017.
Il 5 maggio inaugurazione con l’Orfeo dell’Accademia Bizantina; il 20 dello stesso mese, Jordi Savall si esibirà in un concerto intitolato Istanbul; ancora, il 27maggio, uno spettacolo unico nel suo genere, le marionette della Compagnia Carlo Colla, accompagnate dalla musica de Il ballo delle ingrate e Il combattimento di Tancredi e Clorinda; e John Gardiner, il 24 giugno, dirigerà il Vespro della Beata Vergine nella cornice del Duomo.
Oltre alla mostra del Museo del Violino, va inoltre segnalata, dal 20 aprile al 31 dicembre 2017, nella Sacrestia della Chiesa S. Abbondio, la mostra Monteverdi tra Cremona, Mantova e Venezia, a cura dell’Archivio di Stato di Cremona con la collaborazione dell’Archivio di Stato di Mantova e dell’Archivio Diocesano di Cremona.
Nella seconda parte dell’anno le celebrazioni monteverdiane proseguiranno con una mostra alla Pinacoteca, dal 6 ottobre al 6 gennaio 2018, dedicata ad una delle figure di eccellenza del panorama figurativo del barocco nell’Italia settentrionale: Genovesino tra le eleganze del barocco e il naturalismo del Caravaggio.
Per un più completo calendario delle celebrazioni monteverdiane, per maggiori informazioni e prenotazioni:
www.monteverdi450.it