Chandler in salsa napoletana per Zingaretti e Marco D’Amore, apologo della smarrita identità dell’uomo d’oggi

logo perez def(di Paolo Calcagno) E’ il crimine il principale motore della società moderna. Lo aveva già rivelato, genialmente, James G. Ballard nei suoi romanzi: un motore che fa girare l’economia di grandi e piccoli centri e che mastica e inghiotte le esistenze dei vari strati sociali, proletari e borghesi, arruolando i primi e riducendo a una rassegnata acquiescenza i secondi. Edoardo De Angelis, acuto e giovane regista casertano formatosi all’Accademia, già aveva dato prova del suo talento nell’opera prima “Mozzarella Stories”, noir grottesco, godibilmente pastellato e a tratti irresistibile nella narrazione dei contesti tradizionali “contaminati” dall’assalto volgare e inarrestabile del processo criminale di globalizzazione. Per il suo secondo film De Angelis ha seguito con devota attenzione la lezione di Raymond Chandler trasferendo, però, la condanna alla mediocrità del protagonista nel contesto urbano e sociale di Napoli, forse, il più tradito del nostro Paese. “Perez.”, accolto con manifesti favori dalla platea della recente Mostra del Cinema di Venezia (dove era stato inserito, fuori Concorso, nella selezione ufficiale), è un avvocato che ha dirottato le sue brillanti capacità verso il modesto ruolo del difensore d’ufficio, cercando nella mediocrità il suo rifugio dall’infelicità.
Demetrio Perez, tuttavia, nel suo stanco abbandono marlowiano alla deriva esistenziale è aggrappato al salvagente, per lui provvidenziale, dell’infinito amore per la figlia unica Tea, appena oltre la soglia dell’adolescenza, che non lo rispetta e che si è legata al torbido camorrista Corvino, latitante, che si insedia in casa del legale napoletano. Il giovane, peraltro, è rivale del boss malavitoso Buglione “, detto “Centopercento”, divenuto collaboratore di giustizia e assistito legalmente da Demetrio Perez. Quando Corvino si trasforma da presenza ingombrante in reale pericolo, soprattutto per la figlia Tea, Perez scopre dentro di sé energie e rabbia insospettate che lo mutano nel classico “cane di paglia” che prende inarrestabilmente fuoco. L’incendio che sprigiona Perez, però, non è il fuoco sacro del giustiziere che incenerisce ogni espressione del male, secondo l’ideale dettato degli anni ‘70. Oggi, del resto, non glielo chiede nessuno, e in platea nessuno se l’aspetta. Perez, perciò, si limita a travolgere la minaccia più prossima all’esistenza sua e di Tea, ritrovando nel suo passaggio all’azione, nella messa in atto del tipico “Mo’ basta” napoletano, il maltrattato rapporto con la figlia, la sua dispersa identità, il “grande sonno” di cui s’era completamente privato per ben 5 giorni di fila, e finalmente il suo “punto” e a capo.
Le tonalità cupe e desaturate dell’emozionante fotografia di Ferran Peredes aderiscono efficacemente alle inquadrature virtuose di De Angelis che sottolineano la crescente oppressione delle atmosfere del film. “Perez.” è un apologo della smarrita identità di un uomo del nostro tempo, di una vita schiantata dal disagio di essersi rivelata una promessa mancata. Non a caso, De Angelis (che è anche autore della sceneggiatura assieme a Filippo Gravino) ha ambientato il film fra i lividi e spettrali grattacieli del Centro Direzionale, un tempo fiero progetto di evoluzione socio-urbanistica affidato all’ingegno dell’immenso Kenzo Tange, divenuto oggi un desertificato e inquietante quartiere da “day after”.
Anche se il dialetto napoletano e le sue declinazioni canore corredano compiutamente il ritmo ricercato e l’avvolgente vivacità narrativa del film, tuttavia “Perez.” non è tanto un racconto di consueta napoletanità quanto una storia universale che potrebbe essere ambientata in qualsiasi latitudine infettata dalla criminalità dilagante. Infatti, un produttore americano ha chiesto di acquistare i diritti del film per farne un remake made in USA.
Per i ruoli maschili principali De Angelis ha avuto la fortuna di poter contare su due interpreti eccellenti: Luca Zingaretti (Perez), che ha consolidato il suo fortissimo appeal nelle serie-tv dedicate al “Commissario Montalbano”, e l’emergente Marco D’Amore (Corvino), che si è recentemente imposto nel “Gomorra” televisivo con lo straordinario e spietato “sergente di Camorra” Ciro Di Marzio. Inoltre, sempre puntuali all’appuntamento con la prestazione di gran classe i fedelissimi di De Angelis, Massimo Gallo (Buglione), nel ruolo del capoclan di camorra votato alla managerialità; e Gianpaolo Fabrizio (l’avvocato Merolla, grande amico di Perez). Infine, ma non ultima, Simona Tabasco (Tea), attrice dal prepotente temperamento, “un animale di scena” che lascia il segno.
“Perez.”, regia di Edoardo De Angelis, con Luca Zingaretti, Marco D’Amore, Simona Tabasco, Gianpaolo Fabrizio, Massimiliano Gallo. Italia 2014.