Chiara Francini, debordante soubrette sul palcoscenico del Manzoni. Con un intimidito Raoul Bova. E si salvi chi può

MILANO, venerdì 9 febbraio (di Paolo A. Paganini) Un po’ di storia. Che non fa mai male alla salute. C’era una volta il varietà. I più sofisticati cultori, per far vedere che erano stati a Montmartre, lo chiamavano varietée. Si trattava di un genere composito, nato da una costola del café-concerto. Non aveva una trama. Era una gaudiosa congerie di numeri musicali, comici, illusionistici, acrobatici, drammatici. E c’era una gerarchica nomenclatura di ruoli, dai quali non si scappava: il fine dicitore, il fantasista, ma soprattutto la vedette, la soubrette e il balletto. Dal varietà uscirono nomi gloriosi, come Petrolini, Totò, Rascel.
Poi, con il cinema, finì tutto.
Ma prima di tirare le cuoia, si adattò a diventare avanspettacolo, cioè un mini-varietà allestito un po’ prima della proiezione cinematografica. Vita breve. L’avvento della televisione lo cancellò definitivamente come genere, che però si trasferì a mezzo servizio in TV, o cambiò addirittura pelle facendo le valigie, con un nuovo maquillage, verso la commedia musicale e l’operetta, che tuttora hanno una loro dignità nei teatri di tradizione.
Tutto questo, per puntare il classico faro delle luci del varietà sulla soubrette, che vantò nomi illustri e celebrati, per avvenenza e simpatia.
Nata in tempi antichi dal teatro comico boulevardier, divenne, poi, nell’evoluzione dal varietà alla rivista, da personaggino modesto, qual era all’origine (una civettuola presenza di servizio maliziosamente impertinente), a stella di prima grandezza, come cantante e ballerina, protagonista femminile (da Wanda Osiris a Delia Scala), a fianco del primo attore, protagonista maschile (da Macario – ah, le sue favolose donnine col puntino – a Dapporto).
Ora, al Teatro Manzoni, c’è Chiara Francini, brillante conduttrice TV, premiata attrice di cinema e di teatro, scrittrice (“Non parlare con la bocca piena”, Rizzoli). Confesso che non conoscevo tutte le sue eclettiche benemerenze e virtù artistiche. Anzi, non le conoscevo per niente. Conoscerla come attrice protagonista a fianco di Raoul Bova, nello spettacolo “Due”, di Miniero e Smeriglio, è stata una sorprendente scoperta. Definirla soltanto attrice è fuorviante. La tentazione, con qualche esagerazione, è di catalogarla nell’albo d’oro delle soubrettes. Recita, canticchia e balla, ha interessanti e piacevoli forme da maggiorata. Soprattutto è eccessiva. Credo di non aver mai visto in teatro una così debordante presenza, un così invasivo protagonismo, una così sgomitante mattatorialità, una così mitragliesca gragnuola da prestidigitatrice di fonemi, una così ingombrante presenza da offuscare, schiacciare, fagocitare, annullare la pur decorosa presenza di Raoul Bova, tenero e rispettoso come un seminarista. Insomma, parlando della Francini come di una moderna versione della soubrette, partendo dalla sua esagerata performance, potremmo meglio definirla come una moderna caricatura della soubrette. Maliziosa, intemerata, impertinente, sopraffattrice, con un solo obiettivo: diritta allo scopo, ch’è quello di far ridere attraverso ogni forma di performance e di seduzione recitativa.
E la complicità con la platea è totale, tra applausi e sganasciate a non finire per un’ora e quindici senza intervallo.
Parlare del testo e della costruzione drammaturgica (!) diventa quasi l’evanescente tentativo di dare forma teatrale a una pretestuosità letteraria molto prossima al cabaret, con parole in libertà, meglio se qua e là sboccate. Tutto si svolge in una stanza dove due prossimi sposini fanno progetti di vita, proiettandosi da un laborioso presente (la costruzione di un letto da una scatola di montaggio) a un ipotetico futuro, quando, dopo vent’anni, ormai esausti di vita, di figli e di scaramucce, ciascuno se ne andrà sulla propria strada. O forse no, forse è una proiezione solo temuta.
Forse quel letto, presenza emblematica e simbolica, potrà finalmente essere montato. E, chissà, magari riuscirà a rappresentare qualcosa di veramente duraturo. Amen. Deliranti applausi alla fine. Si replica fino a domenica 25.

DUE, di Luca Miniero e Astutillo Smeriglia – Regia di Luca Miniero – Con Raoul Bova e Chiara Francini – Al Teatro Manzoni, Via Manzoni 42, Milano. Tel 02. 7636901