(di Andrea Bisicchia) Dopo anni di ricerche che hanno permesso a Francesco Diego Tosto di portare a termine un’opera monumentale, in cinque volumi, sul rapporto tra “Letteratura e sacro”, eccolo ancora al lavoro con un progetto, in tre volumi, sulla personalità dell’attore siciliano, incontrandone oltre quaranta e dialogando con loro, non soltanto sulla difficile arte dell’interprete, ma anche sulla situazione del teatro in tempi di crisi.
L’esigenza dell’autore è stata quella di capire fino a che punto la generazione nata tra il ’22 e il’ 52, possa considerarsi erede di quella di Maestri come Musco, Grasso, Anselmi, Pandolfini, Abruzzo, Ferro, Randone e, nello stesso tempo, capire come si sia svolto il percorso delle loro carriere in uno dei momenti più difficili del teatro italiano.
È nato così “Icolori del sipario”, Algra Editore, una sorta di arcobaleno con le sue luci e ombre, ma sempre in grado di illuminare una parte del globo teatrale. In forme più o meno brevi, l’autore traccia un identikit degli attori interpellati, attraverso profili ben congegnati che offrono un’idea quasi iconografica della materia umana. I ritratti raccolti superano la cinquantina se si aggiungono i “Maestri” nel ricordo dei propri cari, ovvero attori scomparsi da poco, ma che sono presenti nella nostra memoria. A dire il vero, le molte carriere che Tosto ha assemblato non nascondono alcune somiglianze, dato che gran parte degli attori presenti nel volume, raccontano la medesima nascita all’interno di famiglie di attori, sul modello dei Comici dell’Arte, avendo costruito la professione attraverso un teatro militante piuttosto che accademico, dove contano il talento, la costanza, la fortuna, come sostiene Giancarlo Giannini in una breve introduzione, dopo quelle di Filippo Arriva e Sergio Sciacca.
L’autore, avendo scelto l’intervista come genere di scrittura, ci offre una specie di racconto attraverso brevi capitoli legati l’uno all’altro dalle medesime preoccupazioni, dalla tenacia nello svolgere un lavoro difficile, tanto che le loro carriere assumono, spesso, la forma del romanzo breve. Si va da Nina Micalizzi che, durante una tournée, incontrò il bandito Giuliano ,1945, ma che ha lavorato con Frank Coppola, con Huston, fino a Camilleri, per continuare con Carla Calò e la sua fulminante carriera cinematografica. Occupano uno spazio centrale Tuccio Musumeci, la cui carriera è un romanzo di avventure esilaranti, Pino Caruso, attore-autore,che anche quando racconta di sé lo fa in maniera epigrammatica, evidenziando uno stile alquanto personale, Romano Bernardi, dalla cui scuola sono venuti fuori molti attori dello Stabile catanese.
Si parla, spesso, durante le interviste, della differenza che esiste tra attore comico e attore drammatico, benché, come sostiene Leo Gullotta, questa differenza non esista, visto come lui sia riuscito a passare dal Varietà al teatro di Pirandello e di Patroni Griffi. Non mancano alcune colonne del teatro siciliano, come Pippo Pattavina, attore versatile e sempre in scena, e Gianni Salvo che ha creduto in un teatro più europeo, ma che ha saputo mettere a confronto con quello siciliano.
Il mondo dell’attore è sempre colmo di sorprese, per il quale non sempre è sufficiente il talento, tanto che Gabriele Lavia invita ad approfondire lo studio, soprattutto dei classici, in un momento in cui la drammaturgia non possiede un fondamento filosofico. Ne è convinto Mimmo Cuticchio, che ritiene indispensabile lo studio anche per il suo teatro dei Pupi, col quale sono d’accordo anche Vetrano e Randisi, impegnati in forme diverse di drammaturgia. C’è chi contrappone al pensiero la fisicità, il corpo, come fa Guia Jelo, attrice di temperamento, ansiosa, compulsiva che, sulla scena, offre tutta se stessa. Sono tanti i ritratti, non potendo sintetizzarli tutti, invito il lettore a farlo.
Francesco Diego Tosto, “I colori del sipario. Doposcena con attori siciliani, generazione dal ’22 al’52” Vol. I, Algra Editore 2017 – pp 340 – € 20.