
UMBERTO ORSINI, all’Elfo-Puccini, in una scena di “Il giuoco delle parti” di Luigi Pirandello con Alvia Reale. Altri interpreti: Michele Di Mauro, Flavio Bonacci. Regia di Roberto Valerio.
MILANO, sabato 14 gennaio ► (di Paolo A. Paganini) Il caso, la vita stessa, è solo una questione di lancette di orologio. Bastava un’ora prima, o un’ora dopo, e tutto sarebbe stato diverso. Non avresti fatto quell’incontro fatale, non saresti inciampato, perfino non avresti smarrito la ragione. Allora, prendiamo un dramma di Pirandello, “Il giuoco delle parti”, per esempio, che più di tanti altri si presta a inciampi e ghirigori del destino, e facciamo un piccolo esperimento: spostiamo le lancette dell’orologio in un ipotetico e vorticoso giro, che so, magari di trent’anni. Forse, allora, troveremmo il protagonista Leone Gala in un ospizio per anziani o in una casa di cura per disturbi mentali. Sarebbe lì a rimuginare la sua vita, con l’angoscia di qualche accenno di demenza. Avrebbe finalmente scoperto che la sua vita, che tanto si era preoccupato di ancorare al “pernio” fermo dell’indifferenza, di una esistenza ferocemente razionale e senza emozioni, tra pieni e vuoti, sarebbe diventata come il simbolo stesso dell’uovo, sul quale, trent’anni prima, aveva ragionato. “Bisogna saperselo fare, questo pieno e questo vuoto… Se sei pronto, lo prendi, lo fori, e te lo bevi. Che ti resta in mano? Il guscio vuoto“.
E così l’aveva spiegato al povero Guido Venanzi, amante di sua moglie, costretto a rimetterci la vita, al posto suo, in un duello con il più temibile spadaccino e pistolero della città. “Non tocca a me battermi“, dirà Leone Gala. “Io l’avevo sfidato, come marito, dopo che aveva offeso mia moglie, e non poteva farlo lui per mia moglie. Ma quanto a battermi, nel giuoco delle parti, io non c’entro. Non tocca a me. Tocca a lui, perché quello è il suo posto…”.
Per diventare un altro guscio vuoto. Come lui stesso, d’altra parte, il Leone Gala, che dopo aver veleggiato cinico e indifferente per tutta la vita, ora si ritrova svuotato come un guscio d’uovo in una nuda stanza d’una clinica, a ricordare, acido, ostile e tormentato, quegli antichi avvenimenti, quella moglie smaniosa di sesso e di libertà, eppure così infelice, nonostante la loro separazione e nonostante le compensazioni erotiche con l’amante Venanzi. E rivive quel mancato duello, la morte di quel malcapitato e sprovveduto amante dellamoglie. E rivive quella sua grigia e metodica vita, dalla quale niente sembrava scuoterlo, ma che tuttavia lasciava lividi feroci in quel suo inconscio ora non più controllabile, in quella nuda stanza, tra medici e infermieri, nemmeno confortato dalla visita della vecchia moglie, inacidita e rancorosa. Lui, in carrozzella, senza scarpe, trasandato con i calzini spaiati, segni d’un incipiente Alzheimer…
Tutto questo, senza più divagazioni, rientra nell’allestimento di questo rivoluzionato dall’interno “Giuoco delle parti”, svuotato come un uovo di quei caratteri pirandelliani, come canonicamente erano stati esaltati dalle precedenti edizioni di Aroldo Tieri e Giuliana Lojodice (1981), e di Alberto Lionello ed Erica Blanc (1986), e di Paolo Bonacelli e Carmen Scarpitta (1990), e di Geppy Gleijeses e Marianella Bargilli (2010).
Eppure, salvando e giustificando questa mess’in scena di un’ora e venti senza intervallo, all’Elfo-Puccini, ci sembra, come non mai, di essere entrati nell’anima di Pirandello, non più coinvolti nella sua feroce sarcastica dialettica, ma, spostate appunto le lancette del calendario, vista nitidamente e ingrandita da lontano. E si sono ancor più distinti i chiaroscuri di quelle anime malate, divorate da eros passioni infelicità, si sono ancor più chiariti i ripiegati malesseri delle frustrazioni esistenziali, i gusci vuoti dei sentimenti appassiti, le velleitarie pulsioni delle mancate libertà. E sarebbe bastata solo un’ora prima o un’ora dopo, e quella squadraccia di ubriachi non avrebbe tentato violenza e recato offesa a una povera donna…
Umberto Orsini, grande e amatissimo come sempre, ha voluto festeggiare i suoi primi 60 anni di teatro con questo ostico Pirandello (che fin dall’inizio, dal ’18, non è mai stato visceralmente amato). In una scena a pareti semovibili, per passare dalla stanza della clinica all’abitazione della moglie, Orsini, con l’ironica indifferenza di chi ritiene di non far più parte di un’odiata società, nella parte di Leone Gala interpreta, ora con statica assenza, ora con incontenibili nevrosi, una sofferenza tutta interiorizzata, tanto vicina a tante attuali insoddisfazioni, così prossima a tante anime morte.
Applauditissimo, come, alla fine, Alvia Reale (la Moglie) e Totò Onnis (l’Amante). Bene, nel drastico taglio di personaggi, la presenza di Flavio Bonacci, Carlo De Ruggieri, Alessandro Federico e Woody Neri.
“Il giuoco delle parti”, di Luigi Pirandello, adattamento Valerio – Orsini – Balò. Regia di Roberto Valerio – Con Umberto Orsini, Alvia Reale, Totò Onnis, Flavio Bonacci, Carlo De Ruggieri, Woody Neri – scene Maurizio Balò – costumi Gianluca Sbicca – luci Pasquale Mari – Repliche fino adomenica 22 – All’ELFO PUCCINI, sala Shakespeare, corso Buenos Aires 33, Milano.