(di Marisa Marzelli) Miglior incasso del 2014 in Francia, con dodici milioni di spettatori, e buon successo internazionale (sinora ha raccolto 130 milioni di euro). La commedia Non sposate le mie figlie! è uno di quei rari casi in cui il cinema europeo medio riesce a farsi apprezzare a livello internazionale, dopo i trionfi di Giù al nord (del 2008, subito riproposto in Italia, quasi in fotocopia, dal remake Benvenuti al nord, con il milanese Claudio Bisio e il napoletano Alessandro Siani) e Quasi amici (del 2011). Il segreto del successo sta nel trattare con tono lieve tematiche non solo nazionali ma che riguardano tutti, come la globalizzazione. Quando si dice che gli americani invadono i nostri schermi, si commette un errore. In realtà i film americani sono minoritari tra le uscite europee ma tutti vanno a vederli, perché parlano a tutto il mondo occidentale (e non solo). I vari cinema nazionali europei, invece, coltivano orticelli che fuori dai confini attirano l’interesse di pochissimi spettatori. La produzione francese ha cominciato a capirlo e a modificare la rotta.
Non sposate le mie figlie! non è un capolavoro, ma è una commedia gradevole nei cui personaggi ci si può riconoscere. Pur mantenendo un’identità nazionale fatta di acume, ironia e tradizione illuminista e libertaria squisitamente transalpini.
I coniugi Verneuil, lei casalinga (Chantal Lauby), lui avvocato e notaio (Christian Clavier), sono borghesi benestanti di provincia, francesi sino al midollo. Senza dubbio conservatori, ma si ritengono di ampie vedute, che verranno messe duramente alla prova. Delle loro quattro figlie, le prime tre hanno sposato figli di immigrati: un musulmano, un ebreo, un cinese. Persone di buon livello sociale (un avvocato, un imprenditore con scarso talento per gli affari – ed è sintomatico che sia l’ebreo – e un alto funzionario di banca). Questo antefatto è raccontato sveltamente, con la foto di gruppo dei singoli matrimoni, dove i due genitori hanno l’aria sempre più affranta. Le speranze di un “vero” matrimonio in chiesa, con un buon cattolico, risiedono nella quarta figlia. Ma la piccola di casa, quando decide di convolare a nozze, lo fa sì con un cattolico, di professione attore, ma originario della Costa d’Avorio. Tragedia in vista, e gli altri tre generi (che di solito non vanno d’accordo su nulla) si coalizzano perché “un nero” non entri in famiglia. Aggiungiamo che alle nozze parteciperanno anche i genitori dello sposo, a loro volta contrari al matrimonio misto. Alla fine tutto si risolverà per il meglio, ma prima tutti dovranno ammettere che c’è sempre qualcuno ancora più diverso dagli altri, anche se ciò non significa peggiore. E sono soprattutto gli uomini ad irrigidirsi sulle diversità, con dispetti e spassosi duelli verbali tra il padre della sposa, gaullista convinto, e il consuocero ivoriano, anti-francese perché anti-imperialista e sicuro di essere capitato non in una famiglia multietnica ma “comunista”.
È un gioco scoppiettante di siparietti (magari superficiali ma efficaci) in cui tutti si rinfacciano stereotipi e luoghi comuni, senza rendersi conto dei propri. Su qualsiasi argomento, dalla religione al cibo. Salvo poi ritrovarsi, papà Verneuil e i primi tre generi, a intonare insieme La Marsigliese, mano sul cuore. Quest’altalena di sospettose diffidenze tocca anche le diverse mentalità generazionali. Per una volta sfuggendo al conformismo del politicamente corretto, il film di Philippe de Chauveron non risparmia i pregiudizi di nessuno. In questa commedia corale, dove comunque svetta la classe anche comica di Christian Clavier, il punto di forza è senz’altro la sceneggiatura.
C’è da chiedersi, se fosse uscito dopo il tragico attentato alla rivista “Charlie Hebdo”, Non sposate le mie figlie! avrebbe ottenuto lo stesso unanime consenso popolare? Penso di sì, perché siamo su piani profondamente diversi. E un film come questo aiuta la reciproca comprensione, naturalmente tra gente perbene e non fanatica.
Commedia gradevole e d’incredibile successo. Il segreto? Basta che gli spettatori si riconoscano nei personaggi
5 Febbraio 2015 by