(di Paolo A. Paganini) Un nuovo testo teatrale? Pensavamo che non ce ne fossero più, cioè che non ci fosse più nessuno capace di mettere in scena un nuovo testo, salvo in qualche spericolato teatrino off per pochi intimi. Ed ora invece, in prima mondiale (o quasi), ecco una piacevole ed affascinante sorpresa incontrata al teatro Galleria Toledo di Napoli. Già il teatrino, per chi non lo conosce, è di per sé sorprendente: una singolare sala circolare con impiantito ancora in acciottolato a lastroni, com’è, fuori, Via Concezione Montecalvario, tra bassi in vicoli e stradine strettamente avvinghiati sotto San Martino.
Qui, nell’ambito coraggioso ed ecomiabile di Napoli Teatro Festival, ecco dunque in scena “Le ho mai raccontato del vento del nord” (il libro è uscito nel 2010 per Feltrinelli), del cinquantaquattrenne scrittore e giornalista austriaco Daniel Glattauer.
Il tema si apre su un endemico fenomeno di dalagante contagiosità: i rapporti virtuali via internet. Il cinema, attento alle fenomenologie di “cassetta”, se n’è accorto da tempo. Già un paio di mesi fa, sui grandi schermi, è uscito “Her”, storia d’uno scrittore che si guadagna la pagnotta scrivendo per altri lettere d’amore. Più o meno frustrato e desideroso d’un rapporto in prima persona, finisce per innamorarsi d’una voce artificiale interattiva di ultima generazione. Su un altro fronte ma sempre virtuale, tra caselle postali di due sconosciuti, uno psicolinguista affettivamente deluso e un’ancor giovane donna, felicemente sposata a un anziano maestro di musica con figli da famiglia allargata considerati e amati come propri, si accende un casuale incontro virtuale. Tra sgarbi e diffidenze, s’infittiscono per mesi gli scambi epistolari che, di email in email, come una droga dell’anima, creeranno un reciproco rapporto di dipendenza. I due finiscono con l’innamorarsi, fino a desiderare d’incontrarsi, di scoprire cosa c’è al di là del muro dei sogni e dell’immaginazione. Infine, fatalmente, s’incontreranno. E s’accorgeranno di non poter fare a meno l’uno dell’altra. Ma la vita reale è una brutta bestia (se poi c’infili anche i sensi di colpa). Meglio era sposare te Maria bionda. Ma Carducci lo dice solo in poesia, chissà cosa sarebbe poi stata la realtà. La perfezione dei sentimenti rimane solo nell’empireo della fantasia.
E adesso cosa facciamo?
È l’ultima domanda della donna. Cosa vuoi farci, bella mia? Dopo, ci sarà solo dolore.
“Le ho mai raccontato del vento del nord” è un testo d’una bellezza inquietante e strugggente. Scritto da uno scrittore giornalisticamente conosciuto e amato in patria, il testo di raffinata letterarietà, è imbandito con la grazia impudica d’un giocoso divertissement, da giornalista insomma. In realtà c’è un climax che ti prende dall’inizio alla fine in un crescendo da film giallo, con un godimento intellettuale di preziosa degustazione.
Inoltre, gli attori sono semplicemente eccezionali: la bolognese Chiara Caselli (attrice cinematografica già con Antonioni e la Cavani, ma anche fotografa, ha esposto alla Biennale di Venezia nel 2011), qui è la donna che ha scherzato col fuoco. Ha una presenza scenica importante e autorevole, e una voce stupenda, voce radiofonica, fatta di pause, sussurri, effetti in chiaroscuro (ma non servita alla perfezione dall’impianto fonico). Al suo fianco c’è il padovano Roberto Citran (visto recentemente anche in “La sedia delle felicità”, di Mazzacurati, e nel “Nipote scemo”): una coppia di assoluta felicità scenica, per stare in tema diremo: fatti l’uno per l’altra. Sono diretti dal veronese Paolo Valerio, altra singolare figura di regista, attore e intellettuale. Insomma, le combinazioni ci sono state tutte. Il successo, scontato.
Con Chiara Caselli e Citran, amore epistolare ai tempi d’internet, ma tutto è bene quel che rimane virtuale
12 Giugno 2014 by