VENEZIA, giovedì 26 luglio ► (di Paolo A. Paganini) Sulle nostre spiagge estive, di giochi sull’acqua ce ne sono un’infinità. Ed anche giochi nell’acqua, tra scivoli e tuffi (c’è stato anche un buon film, nel 1988, “Giochi nell’acqua”, di Peter Greenaway). Ma di giochi con l’acqua non mi risulta che ci siano referenti illustri. Forse dunque questa performance di Clément Layes, alle Tese dei Soppalchi, all’Arsenale (ma che stupendo ambiente di immensa teatralità è questo Arsenale, e che scorci, e queste sale riadattate, con travi e mattoni a vista) è la volta buona per ricordarla come un memorabile avvenimento con l’acqua.
Accompagnato dalla magia di musiche e suoni a schiocco di dita, con un bicchiere sulla nuca (che tra una doccia e l’altra, scivola sulla capoccia da una parte all’altra, sempre in attesa che cada, e non cade mai, per quaranta minuti), Layes si dà un gran da fare. Annaffia una piantina, svuota decine di bottiglie d’acqua in secchi e bicchieri. Riversa i bicchieri nei secchi. Rovescia l’acqua dai secchi per terra. La raccatta con stracci e bicchieri. La rigetta al vento e per terra. Sale su un tavolo. Ridiscende. Va a prendere la piantina. Risale sul tavolo. Ridiscende. Va a prendere un annaffiatoio. Dà da bere alla piantina. Riempie alla cieca quel benedetto bicchiere sulla nuca, ch’è sempre lì, che sembra impiantato, che sembra incollato, se non fosse che scivola appunto da una parte e l’altra della testa e dalla fronte al collo. E, con l’inevitabile doccia che scivola dal collo, fa bere la piantina rimasta per terra.
Sembra un gioco di abilità, un po’ circense, un po’ clownesco. Ma come numero di teatro, dice Layes, s’ispira a Chaplin e a Buster Keaton. Ed è vero, anche se, infine, c’è un un sospetto di ripetitività. Che subito svanisce. Appena si scopre che c’è molta più poesia in un bicchiere d’acqua che non in tanti discorsi sul teatro. Anche perché Clément Layes ha un sentimento panico nei confronti degli oggetti manipolati, liquidi o materiali, in un continuo rapporto d’amore tra sé e gli oggetti. Come oggetti viventi. Con i quali si può interferire e parlare.
E se vi sembra che tutti questi giochi e giochini con l’acqua siano un po’ infantili, seguite con attenzione l’ultima parte della performance. È recitata. Sempre con il bicchiere in testa. Ed è sorprendentemente geniale, perché, oltre alla poesia, da qesto bicchiere vien fuori molta più filosofia della vita che non in tanti ponderosi trattati. Applauditissimo.
Repliche fino a domenica 29.
Con Clément Layes è impossibile perdersi in un bicchiere d’acqua. Anzi. Quanta poesia e verità vi si può trovare
25 Luglio 2018 by