Contro il femminicidio ci pensa ora anche la lirica. A Firenze è Carmen a uccidere. Ma alla fine bordate di fischi alla regia

FIRENZE, lunedì 8 gennaio(di Carla Maria Casanova) Alla Carmen di Georges Bizet al Maggio Musicale Fiorentino (stagione del Teatro, non Festival), lanciata con la provocazione “lei ammazza lui e non lui lei” (sulla linea “basta con il femminicidio”), il regista è stato salutato da bordate di fischi.
Scontati. Ma anche no, dato che le due prove generali erano passate tranquillamente, con applausi. Nell’opera lirica si è visto oramai di tutto, però qui c’è il problema del libretto “Vous pouvez m’arrêter, c’est moi qui l’ai tuée,  Carmen, ma Carmen adorée..”  Forse il regista (Leo Muscato) avrebbe messo in bocca a Carmen la frase debitamente rovesciata “C’est moi qui l’ai tué, mon José adoré”,  stravolgendo anche la storia? Perché Carmen oramai adora Escamillo, gliel’ha cantato senza tergiversare, “Ti amo Escamillo e che io muoia se ho mai amato qualcuno quanto te!” (forse Carmen mente e allora se l’è voluta…).
No, nello spettacolo  di Muscato finisce che lui la mena a bastonate, lei cadendo estrae a lui la pistola e gli spara. Sembrerebbe che muoiano tutti e due e lui può profferire indenne le parole del libretto.
Insomma, finale inutile.
È difficile far capire che il melodramma, becero e grottesco finché si vuole, va lasciato com’è (a meno di essere dei geni – parlo di registi – che si possono permettere stravolgimenti ma, appunto, geniali. Costoro sono molto rari). Morale, il sovrintendente Cristiano Chiarot, già figura storica della Fenice di Venezia, uomo di buonsenso e di grandissima esperienza teatrale, avrebbe suggerito al regista di rinunciare al finale. Detto questo, la Carmen di Leo Muscato – appaluditissimi gli interpreti – è una buona Carmen, ammesso di dimenticare la Spagna, le nacchere, il sole, e la plaza de toros (manca addirittura il corteo di entrata in Arena che in Carmen sta un po’ alla marcia trionfale di Aida; ma anche di quella si può fare a meno con uguale successo – vedi la leggendaria Aida di Zeffirelli a Busseto).
Questo allestimento un po’ tetro è ambientato in un campo di migranti con roulottes e filo spinato. I soldati che lo presiedono sono in armatura nera da superman e con  scudi in plexiglass. Gli altri sono vestiti come viene, fuorché Micaela (come sempre un po’ stupidina) con berrettino rosso e calzerotti anni ’50. La storia della sigaraia di Siviglia la conosciamo tutti, però qui segnalo tre momenti studiati da Muscato con intelligenza:
1) Carmen, che ha messo gli occhi su don Josè, transitando per di là lo vede baciare Micaela e lì sbotta la sua voglia di rivalsa, tipica in donne di tal fatta;
2) don Josè, tornato dalla prigione, dopo l’aria del fiore (Carmen je t’aime…) mette al dito dell’amata l’anello (che lei gli butterà in faccia nell’ultimo atto);
3) nella rissa tra il luogotenente Zuniga e don José, entrambi spasimanti di Carmen, i contrabbandieri  ammazzano Zuniga il che dà un senso alla forzata diserzione di José).
Quanto al finale non cambia un gran che nell’economia dello spettacolo. Sarebbe peggio se Radames riuscisse a smuovere la “fatal pietra” (nessuno ci ha ancora pensato?).
Ironia della sorte: ieri sera la pistola ha fatto cilecca e non ha sparato!!
Comunque, bene fischiare queste inutili “trovate”. Come sempre, una regìa di questo tipo richiede interpreti che abbiano assoluta padronanza del palcoscenico. Lo sono Veronica Simeoni, fulgida stella in ascesa, voce calda, padronanza della lingua francese (dopo una straordinaria partecipazione alla Damnation de Faust a Roma – applauditissima regia molto forte di Michieletto – l’aspettiamo nel belcanto che affronterà in Favorita sempre a Firenze. Ieri in teatro c’era la sua maestra Raina Kabaivanska).
Roberto Aronica, un don Josè più carico di passione di quanto non sia l’insipido personaggio di Bizet. Forse nel “fiore”  gli è mancato l’afflato romantico con cui di Stefano faceva impazzire le platee.
Simone Alberghini, che ha sostituito all’ultimo il titolare indisposto, è un Escamillo di riguardo, oltre ad aver un fisico da palestra.
Rimane sbiadita Micaela (Laura Giordano) la quale, con la sola sua aria, “No, non son paurosa”, potrebbe mangiarsi il successo della serata (come avvenne nello storico debutto di Mirella Freni alla Scala, 1963).
Il direttore americano Ryan Mc Adams (St Louis, Missouri, 1982, direttore musicale della N.Y. Youth Symphony), ha gestito brillantemente l’orchestra del Maggio, assecondando anche gli interpreti con particolare attenzione.

Firenze- Teatro del Maggio: “Carmen” di Georges Bizet. Repliche 9, 10, 13, 14, 18 gennaio (con cast alterni)