(di Andrea Bisicchia) Come è noto, Gadda non è un autore teatrale, però nel 1958 si cimentò con questo genere, scrivendo per la RAI, dove lavorava al Terzo Programma,” Il guerriero, l’amazzone, lo spirito della poesia nel verso immortale del Foscolo”, che ora l’Editore Adelphi pubblica in una accurata edizione critica di Claudio Vela, docente dell’Università di Pavia, di cui continua lo spirito scientifico della scienza filologica, il cui valore si percepisce nella vasta bibliografia, negli apparati, nelle testimonianze, nella raccolta di citazioni che vengono esemplificate attraverso una pertinente iconografia.
C’è da dire che il teatro radiofonico aveva avuto un particolare successo con i “Dritti” di Franco Parenti, Dario Fo, Giustino Durano e i “Gobbi” di Franca Valeri, Vittorio Caprioli ed Emilio Bonucci, attori che, grazie alla radio, acquisirono una eccezionale notorietà. Alla radio “Il guerriero, l’amazzone…” fu interpretato da Marcello Moretti, Gianrico Tedeschi, Elena Da Venezia, mentre la versione teatrale del 1967, con la Compagnia del Porcospino, ebbe come protagonisti Paolo Bonacelli, Carlo Montagna, Carlotta Barilli, regia Sergio Rossi. Alla fine degli anni cinquanta, attorno ai programmi di Radio Tre, si muovevano intellettuali come Lanfranco Caretti, Emilio Cecchi, Anna Banti, Luigi Bartolini, Cesare Brandi, Paolo Monelli, Pietro Citati, Luciano Anceschi, il gotha della nostra letteratura.
La messinscena fu un successo inaspettato, si mosse tutta la critica italiana, da De Monticelli a Tian, da Surchi a Cibotto, da De Feo a Moravia, con una serie di recensioni che mettevano in evidenza il culto della dissacrazione, le invenzioni linguistiche, la comicità dell’assurdo, il giuoco di parole, la parodia citazionistica dell’autore, elementi già sperimentati nel “Pasticciaccio di via Merulana”, pubblicato un anno prima, e che sperimenterà un anno dopo con “Eros e Priapo”, testi che saranno ridotti per il palcoscenico da Luca Ronconi e, recentemente, da Fabrizio Gifuni.
A giudicare dai molteplici adattamenti delle sue opere, si può avanzare l’ipotesi che il linguaggio gaddiano, pur non essendo nato per il teatro, ben si adattava al palcoscenico. Ho visto “ Il guerriero, l’amazzone…” nell’edizione del 1973, al teatro Filodrammatici di Milano, dove ne era stata realizzata un’altra al teatro di via Durini (1969), rimasi sconvolto non soltanto dal testo, ma anche dalla interpretazione di Bonacelli, un attore perfetto per interpretare l’ironia e il sarcasmo di Gadda, il quale si scagliava contro l’accademismo del Foscolo, la spocchiosità dei professori quando dovevano interpretarlo, il tutto attraverso tre personaggi antagonisti. Le citazioni sono molteplici, così come lo sono le irrisioni nei confronti dell’autore delle “Grazie” e di “Luisa Pallavicini caduta da cavallo”, di cui denunciava il linguaggio macchinoso, le rime vuote, lo scopiazzamento dei settenari pariniani, gli endecasillabi che “fanno ridere i polli”, le scorribande classicistiche.
Gadda non risparmiò nulla al Foscolo poeta, specie a quello dell’ode a Napoleone (il Guerriero), da lui definito “il nano”, di cui il Foscolo aveva cercato di fare un eroe. Insomma, Gadda sembra volerci mettere in guardia dai vati, soprattutto da quelli fasulli, pronti a mascherare la realtà proprio col ricorso a un classicismo di maniera che poco ha a che fare con la realtà politica del tempo.
Carlo Emilio Gadda: “Il guerriero, l’amazzone, lo spirito della poesia nel verso immortale del Foscolo”, a cura di Claudio Vela, Adelphi Editore, 2015, pp 268, € 20