Contro schiavisti e cinici sfruttatori (e per nostalgia) Tarzan, il leggendario eroe di film e fumetti, torna nella giungla nera

Tarzan_ok-e1468244119672-700x430(di Marisa Marzelli) L’abitudine del cinema americano di riciclare ed aggiornare in continuazione vecchi miti ha i suoi lati positivi. Le nuove generazioni non hanno memoria di “Io Tarzan, tu Jane…”, della scimmia Cita, di Johnny Weissmuller. Tarzan è un supereroe in anticipo, col tempo finito nel dimenticatoio.
A rinverdirne le gesta ci pensa ora – con il film costato 180 milioni di dollari, The legend of Tarzan (esce in 3D e 2D) – il regista britannico David Yates, già al timone degli ultimi quattro episodi della saga del maghetto Harry Potter.
Lo scrittore americano Edgar Rice Burroughs dedicò al personaggio dell’aristocratico inglese cresciuto nella giungla, insieme agli animali selvaggi, oltre una ventina di romanzi d’avventura di successo (il primo fu pubblicato nel 1914). Seguirono film – tra gli interpreti più famosi l’ex-nuotatore olimpionico Johnny Weissmuller, Lex Barker, Gordon Scott e nel 1984 Christopher Lambert –, serie televisive, fumetti.
La leggenda di Tarzan è un film d’intrattenimento, ma nelle intenzioni vorrebbe anche veicolare contenuti più riflessivi sul colonialismo, lo sfruttamento economico degli Stati europei nei confronti dei Paesi africani e le contraddizioni di un giovane lord (John Clayton III, conte di Greystoke) diviso tra la cultura occidentale di appartenenza e la nostalgia di un mondo arcaico, immerso nella natura libera e selvaggia. Perciò il film introduce (siamo alla fine dell’800) un Tarzan adulto, rientrato in Inghilterra e felicemente sposato con la sua Jane. Chiamato dal governo a fare da osservatore in Congo – allora colonia belga –il protagonista esita, poi accetta l’incarico, incapace di sfuggire al richiamo del mal d’Africa. Ma non sa di essersi infilato in una trappola, ordita da un perfido avventuriero interessato alle risorse minerarie (diamanti) e a catturare i nativi per venderli come schiavi. Nel plot ha un ruolo anche un personaggio realmente esistito, tale George Washington Williams, un nero americano che aveva combattuto con i nordisti durante la guerra di Secessione, nelle guerre contro i pellirosse e contro l’imperatore Massimiliano I in Messico.
Ma, nonostante le intenzioni, l’anima ludica e da blockbuster prevale sugli intenti di approfondimento storico-politico, le due parti non riescono a saldarsi e l’aspetto più “impegnato” appesantisce inutilmente il divertimento di assistere a mirabolanti imprese, fughe, combattimenti svincolati dal realismo. Perché, come nello spirito delle storie di supereroi da fumetto, regola vuole che la coerenza della trama sia ancillare rispetto alle gesta spettacolari del protagonista. Così la volontà registica di approfondimento sfuma e si perde. Non senza che ne resti qualche curiosa traccia visiva. È il caso – come notato dai recensori più cinefili – del personaggio negativo, il bieco depredatore delle ricchezze africane, sempre vestito di chiaro (tipico dell’iconografia del colonialista ottocentesco), con in mano un rosario che all’occorrenza si trasforma in cappio micidiale (è chiara la metafora?). Viene più volte inquadrato in modo da evocare il folle Fitzcarraldo dell’omonimo film di Werner Herzog.
Il racconto d’azione è inframmezzato da flashback che illustrano l’infanzia e l’adolescenza di Tarzan nella giungla, costruendo così una biografia del personaggio per tutti quegli spettatori che non ne conoscono la leggenda, appunto.
Nel reparto attoriale, Tarzan è lo svedese Alexander Skarsgard, figlio d’arte (suo padre è il celebre attore StellanSkarsgard), muscoli da urlo (non saranno anch’essi un tantino ritoccati al computer?) e recitazione modesta. È famoso per il ruolo del fascinoso vampiro Eric nella serie televisiva True Blood. Ma, come spesso accade, un divo del piccolo schermo non è automaticamente altrettanto carismatico sul grande schermo. Jane è la bionda australiana Margot Robbie, fattasi notare ne Il lupo di Wall Street di Martin Scorsese e di cui si aspetta la consacrazione nell’attesissimo cine-fumetto Suicide Squad, che uscirà ad agosto. Come ormai di rigore nei film avventurosi contemporanei, il suo personaggio non si limita ad essere la ragazza in pericolo da salvare, è una donna forte e determinata. Il personaggio storico George Washington Williams è interpretato dal veterano Samuel L. Jackson (l’abbiamo visto con ben altra grinta drammatica nei film più recenti di Tarantino) e a lui sono affidati i vari siparietti comici e le battute di alleggerimento. Infine, il villain è Christoph Waltz. L’attore austriaco, ormai troppo visto in ruoli negativi a tutto tondo – rischia di rimanere seriamente invischiato in queste caratterizzazioni –, è così malvagio che finisce giustamente in pasto ai coccodrilli, come spuntino. Ma se gli interpreti in carne e ossa non s’impegnano oltre il minimo sindacale, la palma spetta agli animali in computer grafica. Non ce n’è uno vero, ma sono possenti e regali. Un inno alla bellezza e diversificazione della fauna.