Convenzioni, banalità, teatro posticcio. Infine arrivò Pirandello e rivalutò l’attore creativo contro l’attore fonografo

pirand collage(di Andrea Bisicchia) Non c’è dubbio sul fatto che il Centro Nazionale Studi Pirandelliani supplisca, da tempo, il lavoro di molte Università che, all’infinito mondo teatrale e narrativo dello scrittore di Agrigento, non dedicano lo spazio dovuto. Ogni anno, con i suoi convegni, il centro permette a studiosi, ormai eminenti specialisti, provenienti da tutte le parti del mondo, di incontrarsi per esporre le ultime interpretazioni di un tema che viene loro assegnato e che quest’anno verte su: “Pirandello e il teatro. Questa sera si recita a soggetto”, di cui è appena uscito il volume degli atti, a cura di Stefano Milioto.
Cercherò di dare una lettura unitaria degli interventi raccolti, ma partirò dalla data di composizione di “Questa sera si recita a soggetto”,1929, che, oltre a ricordarci una data funesta per l’economia mondiale, ci rammenta un marcato arretramento della scena italiana rispetto a quella europea, perché incapace di rinnovarsi, benché i tentativi di Bragaglia, col Teatro degli Indipendenti (1923) e quelli di Pirandello, col Teatro D’Arte (1925), si siano sforzati a dare una spinta innovativa, non tanto alla nostra drammaturgia scritta, che languiva da tempo, quanto a quella agita, ovvero alla drammaturgia scenica.
Ventate di rinnovamento vanno riconosciute sia al Teatro Futurista che al Teatro del Grottesco, ma nel giro di pochi anni entrambi i fenomeni si eclissano. Rimane Pirandello a rappresentare l’Italia nel mondo. C’è da dire che il lungo tragitto che lo condurrà al 1929, lo ha visto più volte scontrarsi col teatro, fino a fargliene provare ribrezzo, a rifiutarlo e condannarlo, convinto che la resa scenica del testo andasse a detrimento della creatività poetica.
Occorrerà attendere gli Anni Venti per vederlo soccombere a una passione sfrenata, a una vera e propria febbre, accompagnata sempre dal disgusto, questa volta per il mondo convenzionale e posticcio dei nostri attori, per la loro insipienza, ma anche per lo smarrimento del pubblico, incapace di reagire dinanzi alle trame scontate, artificiose, banali che venivano rappresentate sui nostri palcoscenici. Occorreva azzerare tutto, solo che questo azzeramento non lo realizzerà subito, perché l’attività di scrittore prendeva il sopravvento su tutto, fino a quando non cominciò  a “sporcarsi le mani”, cioè a conoscere il mistero del palcoscenico, il suo particolare linguaggio, la sua autonomia, la sua forza allusiva e metaforica, la sua sintassi.
Questo accadde dopo aver visto realizzati i “ Sei Personaggi” da Pitoeff e da Reinhardt, dopo aver capito che la materialità della scena ha una sua specificità, di cui l’attore non può non tener conto. Acquisita questa consapevolezza, Pirandello pensa alla trilogia del teatro nel teatro per esporre la sua dichiarazione di Poetica, lo fa con l’introduzione ai “Sei Personaggi”, nell’edizione del ‘25, con “ Ciascuno a suo modo”, e, soprattutto con “ Questa sera si recita a soggetto”.  Grazie a questa trilogia, realizza il passaggio dalla drammaturgia della Forma alla teatralizzazione della stessa, ma per ottenere questo, a suo avviso, era necessario partire dall’attore, da considerare, non più un semplice esecutore, quanto l’interprete che si serve del testo e degli strumenti del teatro per evocare la creatura fantastica che sta dietro il personaggio, per esserne l’interprete officiante (anticipando Grotowski) , assoggettandosi ad una specie di rito di possessione, come accade a Mommina. Questo passaggio lo definirà magistralmente durante i tre anni dell’esperienza al Teatro d’Arte, ma rimarrà una condizione necessaria per riteatralizzare la scena italiana. Non per nulla, al centro di “Questa sera si recita a soggetto”, c’è l’attore, ma anche il regista, colui che si oppone allo stile recitativo meccanico dell’attore fonografo, dell’attore narciso, a vantaggio dell’attore creatore. Pirandello, in questo modo, va oltre il metodo Stanislanky, anticipando quello di tanti registi del secondo Novecento che esalteranno lo svuotamento dell’attore, per lasciarsi possedere dal personaggio, che non voleva dire calarsi nella parte, quanto fondersi con essa. È vero, Hinkfuss dirà “l’unico responsabile sono io”, ma lo dirà con la consapevolezza che non potrà mai esserlo senza il contributo del testo e di chi lo recita. Ormai Pirandello è consapevole della rigidità del testo letterario, ma è anche consapevole che dovrà liberare l’attore dalla rigidità delle convenzioni, per immetterlo in quella metodologia lavorativa, i cui esempi provenivano dalla regia europea.
La storia delle messinscene di “Questa sera si recita a soggetto” vanta momenti di rivoluzione scenica che, a partire dal Living arriva fino a Vassiliev, ma anche di stupefacente lettura critica del testo che va da Strehler a Ronconi, a Castri.
Sergio Escobar ha annunziato una nuova versione di “Questa sera si recita a soggetto”, il 4 febbraio 2016, a Milano,  al Piccolo Teatro Grassi, con la regia di Federico Tiezzi, che intende trasformare lo spettacolo in un trattato scientifico sulla regia.

Stefano Milioto (a cura di), “PIRANDELLO E IL TEATRO. Questa sera si recita a soggetto” – Saggi di: Claudio Vicentini, Roberto Alonge, Cezary Bronowsky, Paolo Puppa, Marzia Pieri, Roberto Tessari, Lorenzo Mango, Andrea Bisicchia, Graziella Corsinovi, Maria Rosaria Vitti Alexander, Guillaume Bernardi – Ed. Lussografica 2015 – pp. 156 – € 16