Così vestivano buffoni e giullari. Affascinante indagine di Tito Saffioti. Con preziose illustrazioni da codici e miniature

nei panni buffone 1(di Andrea Bisicchia) Ciò che ci colpisce, leggendo il libro di Tito Saffioti: “Nei panni del buffone. L’abbigliamento dei giullari tra Medioevo ed Età moderna”, Jouvence Historica Editore, è l’impressionante iconografia che l’autore raccoglie (89 figure in bianco e nero, 63 tavole colorate), per dimostrare le sue considerazioni sull’abbigliamento del giullare, frutto di una indagine scientifica di cui sono testimonianza le immagini riportate a commento. Saffioti ha sfogliato salteri, codici, miniature, breviari, pontificali, ha visitato musei, biblioteche e ha utilizzato le sue ricerche per evidenziare l’evoluzione dell’abbigliamento, delle fogge, dei colori che caratterizzavano gli indumenti, sia dei buffoni che dei giullari, sottolineandone la differenza, essendo, a suo avviso, il buffone un personaggio di corte, quindi statico, mentre il giullare è un personaggio dinamico, per il suo continuo spostarsi da un luogo a un altro, dalla piazza al crocicchio.
Ciò che affascinava del loro abbigliamento era la vistosità, oltre che la bizzarria, dato che, sia l’uno che l’altro, davano spettacolo di loro stessi proprio attraverso i costumi che potevano essere mantelli, copricapi multicolori, tali da caratterizzare il loro aspetto, ora in senso positivo, ora negativo, magari per suscitare ilarità, essendo la comicità intrinseca al costume stesso e non sempre prodotta da atti osceni o interventi scurrili, ciò che a loro interessava, infatti, era mostrare il ridicolo delle situazioni con cui intrattenere i monarchi, i cortigiani o il pubblico delle fiere e dei tornei.
In 18 capitoli, tanto brevi quanto intensi, l’autore passa in rassegna, non solo l’evoluzione dell’abbigliamento, ma anche gli atteggiamenti dei loro corpi che si segnalavano per le espressioni stolide, gli abiti, spesso dimessi, soprattutto durante il Medio Evo, e ancora le teste rasate, insomma per le varie posture necessarie al loro mestiere.
Sempre nel Medio Evo, i giullari, in particolare, assumevano l’aspetto di imbonitori o di artisti di strada, dividendosi fra trampolieri e contorsionisti, veri e propri performans ante litteram. Saffioti elenca anche gli accessori, in particolare il bastone: la Marotte, utilizzato sia come difesa che come contrapposizione al segno del comando, come dire al monarca: tu hai lo scettro io ho la Marotte. Se legata al buffone o al giullare, ogni cosa assume un significato particolare, vedi i capelli tonsurati (tonto deriva da tonduto), vedi i cappelli a cono, i cappucci con i campanelli, specie quello a tre punte, l’invasione dei sonagli, le mantelline corte, i vestiti bipartiti o quadripartiti. Non meno importanti erano le maschere, le orecchie d’asino, i travestimenti. L’abbigliamento cambia durante l’età moderna, alla miseria medioevale si contrappone l’abbondanza rinascimentale, durante la quale, il buffone possederà mantelli di seta, sai, braconi, scarpe, bonetti, calzoni, calzini, camicie, e vanterà dei privilegi che otterrà durante le feste, quando gli abiti diventeranno più ricercati, arricchiti da vere e proprie orge di colori. Basterebbe guardare le miniature contenute nei codici quattrocenteschi e cinquecenteschi per avere un’idea di come essere buffone poteva equivalere al possesso di uno status-symbol.

Tito Saffioti, “NEI PANNI DEL BUFFONE, l’abbigliamento dei giullari tra Medioevo ed
età moderna”, Jouvence Historica Editore, pp 150, € 18