MILANO, mercoledì 6 dicembre – Apprendo da una comune amica, che risiede addirittura in Australia, Marisa Bazzani, che Franco Friggeri è morto. “Hai sentito della dipartita di Franco? Era un carissimo amico che conoscevo da più di 50 anni e anche se non lo vedevo da molto tempo eravamo sempre in contatto…”, mi ha scritto. E io sono rimasto senza parole.
Sembra che Franco sia morto verso la fine di novembre. E io sono rimasto, oltre che senza parole, sinceramente deluso, mortificato, offeso.
Frequento e scrivo per il teatro da cinquant’anni, conosco mezzo mondo tra quelli che bazzicano platee e calcano palcoscenici. Più d’uno, presumo, sapeva dell’amicizia che mi legava a Franco. Lui mi ha lasciato parte del suo ricco patrimonio documentale, e tanti altri suoi ricordi personali, professionali e storici voleva che li andassi a prendere. Era in programma. Non ho fatto in tempo.
Franco viveva solo, con l’unica compagnia del fedele e affettuoso Oreste, un grosso cane, che aveva salvato dal canile, e che pertanto aveva per il padrone un toccante rapporto di riconoscenza. Adesso Oreste è rimasto solo. È un cagnone affettuosissimo, premuroso e fifone. Avrà sofferto chissà quale “umana” angoscia, quando il mattino è andato a vedere perché l’amato padrone non si alzava… (p.a.p.)
Nell’estendere il nostro cordoglio a quanti l’hanno conosciuto ed amato fin dai tempi del Gerolamo, pubblichiamo, in suo ricordo e in suo onore, un piccolo estratto del servizio che lo Spettacoliere gli ha dedicato il 27 aprile 2015.
Il titolo tra l’altro diceva…
... IN ITALIA CROLLANO VIADOTTI E SOFFITTI DI SCUOLE. CHE C’ENTRA? CE LO SPIEGA FRANCO FRIGGERI
(di Paolo A. Paganini) Attento collezionista di documenti (e vicende) teatrali, esperto conoscitore del mondo dello spettacolo e delle sue storie più segrete o poco conosciute, Franco Friggeri – 85 anni portati con giovanile nonchalance – da sempre vive e respira di teatro. Attore, organizzatore, amministratore e direttore, è stato una presenza insostituibile dell’indimenticabile, delizioso gioiello di Piazza Beccaria 8: il Teatro Gerolamo.
Costruito nel 1868 da Giuseppe Mengoni (l’architetto della Galleria)… . Nato per la felicità dei più piccoli, il Gerolamo, simbolo della milanesità, dopo lunga e gloriosa tradizione (1905 – 1957) della famiglia marionettistica Carlo Colla & Figli, nel 1958 girò pagina. Il nuovo corso (padrino entusiasta e determinato, Paolo Grassi) si rivolse agli attori in carne ed ossa, di prosa, lirica e canzoni: Eduardo De Filippo, Franca Valeri, Lilla Brignone e, via via, in ordine sparso, come memoria suggerisce, Rascel, la Borboni, Modugno, la Vanoni, Buazzelli, Wanda Osiris, Gaber, Jannacci, Milly… 1960: altra svolta storica. Prende il via ufficialmente al Gerolamo la “Compagnia Stabile del Teatro Milanese”, che diede vita a un interminabile elenco di titoli meneghini di successo… con I Gufi, Massimini, la Melato, Scotti… E bisognerà ricordare almeno un avvenimento, nel 1962, che fece storia: “Milanin Milanon”, di Filippo Crivelli e Roberto Leydi, con Tino Carraro, Milly, Anna Nogara, Enzo Jannacci, Sandra Mantovani. Fu uno straordinario show di canzoni e ballate popolari, con musiche e testi di D’Anzi, Carpi, Negri, Panzera, Jannacci, Marchi, Gadda, Quasimodo, Tessa, Strehler, Fo…
I milanesi dimenticano facilmente. Hanno anche dimenticato… la propria cultura milanese, la propria storia popolare. Hanno dimenticato i propri grandi scrittori, da Carlo Maria Maggi (il padre della letteratura milanese contemporanea) a Cletto Arrighi (uno dei massimi esponenti della Scapigliatura)…
Ma non tutti hanno dimenticato. Memoria storica delle tradizioni meneghine e, in particolare del Gerolamo, è … Franco Friggeri, conoscitore e propugnatore dei valori poetici e artistici della vecchia Milano e appassionato cultore del meraviglioso (e ormai dimenticato) dialetto meneghino…
Abbiamo incontrato Friggeri a teatro (se non, dove?). Da mezzo secolo, abbiamo nostalgiche consuetudini di piacevoli (e talvolta lacrimevoli) rimembranze.
Ultimamente, siamo approdati a una singolare conversazione, iniziata, appunto, dallo spunto del glorioso teatrino di Piazza Beccaria. Ma qui la piega della memoria prese una imprevedibile svolta, virando sul miserrimo stato della “bella Italia dove il sì suona” (probabilmente ancora per poco nell’impeversante colonialismo anglofilo). Franco Friggeri, con la tipica botta di realismo del milanese scafato, che ha imparato dalla nascita come gira il mondo, fra i tanti scandali all’italiana, s’è messo ad salmodiare sugli ultimi e più vergognosi avvenimenti: viadotti di superstrade che si spaccano per smottamenti e cedimenti strutturali di pilastri appena inaugurati; muri di palazzi, costruiti da poco, che già s’incrinano; soffitti di scuole appena ristrutturate che cadono in testa a ignari bambini; lucernari che crollano improvvisamente…
E, con una inaspettata osservazione, Friggeri scova l’appiglio per l’eterno irrinunciabile argomento preferito, il teatro, che indica come esempio d’italica buona volontà e di ben operare….
Tutte le volte lo spettacolo dev’essere perfetto. Tutti, dai macchinisti agli elettricisti, dai fonici ai direttori di scena, devono sapere alla perfezione qual è il loro ruolo, tutti indistintamente, dal primo all’ultimo, fino ai facchini, che caricano e scaricano, con un perfetto automatismo, in un preciso ordine, tutto il materiale, scene, bauli, costumi, attrezzeria, materiale elettrico e fonico. E così tutte le volte che cambiano piazza. E i camionisti? Da una piazza all’altra fanno dai 200 ai 500 km, viaggiano di notte, e arrivano puntuali davanti al teatro, dove il materiale teatrale verrà di nuovo smontato e rimontato per il nuovo debutto. E così via, di perfezione in perfezione. E la scena, come per il primo debutto, sarà di nuovo montata senza nessuna variante, senza nessun cambiamento, con le scene e gli oggetti sempre al loro preciso posto e nella stessa posizione”.
E gli attori?
“Fin dal primo debutto, di solito a fine settembre o ai primi di ottobre, anche gli attori devono sobbarcarsi a lunghi e faticosi viaggi. Devono ripassare le parti, controllare i nuovi palcoscenici e, anche se stanchi, non possono concedersi nessun errore, nessun inceppamento di parola, per non mettere in difficoltà, con una battuta sbagliata, i compagni di scena. E non è finita. Ogni sera, dopo lo spettacolo, le sarte devono rassettare gli abiti degli attori, lavarli, stirarli, per farli trovare in ordine la sera dopo nei loro camerini”…
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Meravigliose parole d’amore per il teatro. Addio Franco.