Da cinquant’anni l’Enterprise naviga tra lungometraggi, serie tv e vari rifacimenti. Eppure Star Trek continua a prendere

star-terk-beyond-scotty-jaylah(di Marisa Marzelli) La nave spazialeUSS Enterprise continua a navigare nel cosmo. E sono giusto 50 anni da quando nacque, nel 1966, la prima serie televisiva, creata da Gene Roddenberry e messa in onda dalla NBC. Perché Star Trek, al contrario di altri franchise, ha origini televisive e non letterarie o cinematografiche. L’Enterprise ne ha macinata sinora di strada: sei serie tv (di cui una d’animazione), dieci lungometraggi e poi altri tre reboot (cioè ricominciando da capo) da quando il marchio è stato ripreso in mano da J. J. Abrams, che sta rivitalizzando anche la saga di Star Wars. Abrams ha firmato i primi due episodi ma per ilterzo Star Trek Beyond ha lasciato il timone registico a Justin Lin (taiwanese cresciuto in California e regista di ben quattro episodi di un altro marchio milionario, Fast & Furious), rimanendo produttore.
Questo l’albero genealogico di Star Trek, un po’ complicato per lo spettatore medio ma elementare per i Trekkers, lo zoccolo duro di fan scatenati ed esigenti, spesso severi puristi; che sanno tutto degli eroi della serie, colgono i minimi rimandi e non disdegnano di presentarsi alle prime visioni vestiti come i loro personaggi preferiti, dal comandante dell’Enterprise Kirk agli altri membri dell’equipaggio, a partire dal vulcaniano Spock.
“Spazio, ultima frontiera” era, e rimane, lo slogan della serie, che vede come scenario una futura Federazione di pianeti uniti abitati da specie diverse, con centro nevralgico e politico un’avveniristica Yorktown (sarà anche globalizzazione intergalattica ma Stati Uniti-centrica).
Star Trek Beyond (che significa oltre) comincia con le perplessità del capitano Kirk (Chris Pine), un po’ stufo di zigzagare nel cosmo in una missione di cinque anni. Medita un cambiamento, rinunciare ai viaggi nell’universo e diventare vice-ammiraglio. Ma l’Enterprise risponde a un messaggio stellare di soccorso, in una lontana nebulosa, e naufraga in un’imboscata. L’equipaggio si ritrova diviso, in pericolo e su un pianeta sconosciuto. Deve ricongiungersi e trovare il modo di ripartire. È curioso come questo meccanismo narrativo, ricorrente in grandi racconti d’avventura, faccia sempre pensare all’epicità irraggiungibile ottenuta a suo tempo sugli schermi da Il Signore degli Anelli.
La sceneggiatura, scritta da Doug Jung e da Simon Pegg (anche attore nel ruolo dell’ingegnere capo Scotty) è piuttosto semplice e lineare, come nello spirito della serie tv delle origini. Alterna scene spettacolari di altri mondi, astri e visioni del cosmo con interazioni e battute spesso leggere tra i personaggi, con abbondanza di primi piani. Il ritmo non è esagitato e la narrazione si segue bene. Il 3D non sempre è un valore aggiunto. Prevalgono le situazioni canoniche di un telefilm action di buon livello, prevedibili ma piacevoli, con un cast giovane e dinamico. Scarsa però l’originalità, sia a livello spettacolare (salvo una scazzottata tra Kirk e il cattivo in assenza di gravità e un’esplicita citazione di Fast &Furious) sia nel disegno dei personaggi, i quali ripropongono i loro caratteri consolidati. Come le perplessità del vulcaniano dalle orecchie a punta Spock (Zachary Quinto) che deve mediare tra l’assoluta razionalità della sua specie e i sentimenti per l’ufficialeUhura (Zoe Saldana). Il ruolo dell’antagonista è affidato ad Idris Elba. Il suo Krall dapprima si presenta con una maschera che lo rende irriconoscibile e mostruoso, poi però se la toglie, altrimenti perché affidare la parte ad un attore famoso?
Alla fine, missione compiuta. E Kirk rinuncia ad una promozione con lavoro da scrivania per continuare a stare ai comandi dell’Enterprise, pronta per salpare di nuovo. Infatti, è già stato confermato un quarto capitolo. Nel film tutto funziona, ma ormai da un po’ queste saghe infinite sembrano intercambiabili, al di là delle singole specificità narrative. Una volta usciti dalla proiezione si è già dimenticato il plot.
I fan coglieranno anche un omaggio a due personaggi nel frattempo scomparsi. Il veterano Leonard Nimoy, che fu il primo Spock della serie televisiva e interprete di vari film, deceduto l’anno scorso; e l’attore 27enne Anton Yelchin, che in tutti e tre i film della nuova serie interpreta Chekov. È morto il mese scorso in un assurdo incidente (investito dalla propria automobile rimasta in folle col motore acceso). I due sono ricordati con una didascalia nei titoli di coda.