Da Tilgher a Gramsci, a Sciascia. Pirandellismo? Forse che sì, forse che no. Ma Pirandello voleva solo scrivere di teatro

(di Andrea Bisicchia) Nel 1953, Leonardo Sciascia scrisse un saggio: “Pirandello e il pirandellismo” che può essere considerato l’inizio di un suo lungo legame con l’autore agrigentino, considerato una specie di maestro supplente. Questo saggio si trova all’inizio del Volume secondo, Tomo secondo, pubblicato da Adelphi.
Se nel primo si potevano leggere opere raggruppate col titolo: “Inquisizioni, memorie, saggi”, nel secondo gli scritti sono raggruppati col titolo: “Saggi letterari, storici, civili”. A curarlo è ormai uno specialista: Paolo Squillacioti, a cui si devono la ricostruzione filologica, le note, gli apparati e le scelte iconografiche.
Rileggere oggi: “Pirandello e il pirandellismo”, dopo le ricerche erudite dell’ultimo trentennio, ci permette di ritornare alle origini degli studi, alquanto contraddittori, dedicati a Pirandello, studi che vantavano una bibliografia striminzita, benché i nomi di cui facevano parte, fossero quelli di Adriano Tilgher, Silvio D’Amico, Renato Serra, Antonio Gramsci, Benedetto Croce, Luigi Cajumi, Giacomo De Benedetti, alcuni dei quali, più attenti alla letteratura che al teatro.
Sciascia sostiene che il suo, più che un saggio critico, è un saggio sul costume, non solo di un’epoca, ma anche di una certa critica, divisa tra militante e teorizzante, proprio come quella di Tilgher, a cui si deve l’invenzione della formula “Vita e Arte e Vita e Forma”, applicata ai testi teatrali che sembra essere stata presa da Simmel, il filosofo che aveva influenzato di più Pirandello che, a dire il vero, per molto tempo, era sfuggito alla comprensione della critica, con in testa Benedetto Croce e i crociani. Furono più prudenti Silvio D’Amico e Luigi Cajumi, mostrandosi alquanto restii a legarsi a canoni estetici irrigiditi, come apparivano, ormai a tutti quelli di Tilgher che, se pur geniale, consegnò al pubblico europeo e americano una formula e un Pirandello creatore del pirandellismo, per il suo modo di concepire la vita come qualcosa di informe a cui occorreva dare una forma. Più Pirandello scriveva per il teatro, più si sentiva cristallizzato in quella formula, tanto da mettere in discussione l’idea filosofica che stava dietro il suo teatro. Croce, con tutta franchezza, sosteneva il contrario, convinto che, dal teatro pirandelliano, non si potesse estrarre nessuna concezione filosofica.
Antonio Gramsci cercò di dire la sua, sostenendo che la filosofia pirandelliana fosse presa direttamente dalla vita e non dalla cultura e che la sua “ideologia” non avesse origini né libresche né filosofiche. Fu il primo tentativo di liberare Pirandello dal pirandellismo. Questo dualismo lo ritroveremo anche in occasione di alcune massinscene esemplari come quella “filosofica” di De Lullo con “I sei personaggi” e quella gramsciana di Strehler con “I giganti della montagna”.
Nel volume sono anche raccolte le lettere di Pirandello a Tilgher, oltre ai saggi su “Pirandello e la Sicilia”, “La corda pazza”, “Note pirandelliane”, dove Sciascia fa alcune riflessioni su lingua e dialetto, a proposito di “Liolà”, mentre ritiene “I sei personaggi” il testo attraverso il quale l’autore dirotta il dramma borghese verso il dramma estetico: “un dramma effettualmente fittizio che peraltro era già stato posto e risolto nella storia del teatro”. Come voler decretare la fine della passione o, meglio, il suo evolversi dalla fatalità, tipica della tragedia, verso un meccanismo che la smonta per frugarvi dentro. Nella tragedia, la catastrofe passionale si consuma dinanzi agli occhi di tutti, in Pirandello è già consumata quando la si rappresenta sul palcoscenico.
Il volume contiene altre raccolte come “Cruciverba”, saggi e articoli di cultura varia e, ancora, “A futura memoria”, dove sono presenti saggi e articoli di attualità, apparsi su L’Espresso, La Stampa e il Corriere della Sera, dove Sciascia pubblicò il noto articolo sui professionisti dell’antimafia che generò un vero e proprio scontro, non solo politico.

Leonardo Sciascia “OPERE, saggi letterari, storici, civili” – Volume II, Tomo II, a cura di Paolo Squillacioti – Ed. Adelphi 2019 – pp 1476, € 75.