(di Marisa Marzelli) Declinare in forma di commedia (nera) la crisi immobiliare del 2007-2008 che ha destabilizzato la finanza mondiale, messo al tappeto grandi e piccoli investitori, portato al licenziamento e alla perdita della casa milioni di persone, crisi di cui ancora subiamo le conseguenze, è un po’ come – a suo tempo – scherzare sulla guerra nucleare. Allora fu Kubrick (1964) a gettare in farsa l’incubo del mondo con Il dottor Stranamore, che aveva come esplicativo sottotitolo “ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare le bombe”. Oggi, mutatis mutandis, è il regista Adam McKay (noto per alcune commedie demenziali e per essere uno degli autori del programma satirico televisivo Saturday Night Live) a raccontare l’incredibile, eppure intuibile a chi volesse farlo, debacle di Wall Street con La grande scommessa.
Il film, tratto da un libro del giornalista economico Michael Lewis (rimasto 28 settimane nella classifica del bestseller del New York Times), descrive con nomi di fantasia una storia vera. Quella di un gruppetto di investitori che fiutò il crack imminente e scommise contro le banche, guadagnando un sacco di soldi.
Da una parte perché l’argomento in sé è complesso e difficile da seguire per lo spettatore comune, dall’altra proprio per sottolineare come le grandi speculazioni fossero avvolte in fumose spire depistanti, il film preferisce concentrarsi su alcuni personaggi fuori dagli schemi, un tantino borderline, ma inclini a non fidarsi del sistema. E capaci di ragionare controcorrente.
Attingendo anche alla forma del finto documentario, con interpreti che a volte – guardando in macchina – si rivolgono direttamente al pubblico, con ritmo veloce, nervoso e facili esempi metaforici, La grande scommessa si trasforma in grande sberleffo. A condurre il gioco sono attori famosi, in performance di tutto rispetto. Tutto inizia attorno al 2005, quando ancora il mercato sembra andare a gonfie vele. Christian Bale, neurologo e manager appassionato suonatore di batteria, sempre in vestaglia, crea uno strumento finanziario detto “derivato di copertura” per scommettere contro i prodotti offerti dalle banche sul mercato immobiliare. Anche Ryan Gosling, trader di Deutsche Bank, Steve Carrell, manager di fondi speculativi sempre stressato e arrabbiato, e il più defilato Brad Pitt (anche co-produttore), più un paio di ventenni intenzionati a entrare nel mondo degli adulti della finanza, cominciano a interrogarsi e a fare domande sulla solidità dei mutui fatti a chiunque per comperare casa e che iniziano a non venire pagati. A fronte di questi finanzieri scettici, il sistema oppone un muro di tout va bien senza spiegazioni. Fino al crollo rovinoso. Il castello di prestiti e speculazioni era basato sul nulla, suggerisce il film, perché nessuno o quasi se ne accorse? E oggi, cambiando nome ai prodotti, si è ricominciato a speculare in modo simile. Il meccanismo finanziario in sé rimane sullo sfondo, La grande scommessa descrive piuttosto un clima, un’euforia, una superficialità in cui galleggiava il mondo dell’alta finanza, interessata ai guadagni immediati e ignara o indifferente alle conseguenze a medio termine.
La ferita della disfatta economica è ancora fresca e, come per tutte le grandi tragedie contemporanee, il cinema di Hollywood deve metabolizzare i fatti prima di poterli affrontare di petto (basti pensare alla guerra del Vietnam o all’11 Settembre); si avvicina sempre con un approccio laterale, con film che fanno da apripista, come questo. O come Il lupo di Wall Street (2013) di Martin Scorsese, con un Leonardo Di Caprio broker allucinato ma singolo filibustiere borsistico. Non è ancora il momento di trarre giudizi morali, quelli che chiamano in causa tutta la società; per ora si solleva solo una parte del velo.
Pellicola per palati un po’ raffinati, molto verbosa ma mai noiosa, anzi adrenalinica nello sviluppo narrativo, con un cast perfettamente affiatato che comprende anche Melissa Meo e Marisa Tomei, La grande scommessa ha ottenuto all’uscita negli Stati Uniti una buona accoglienza, giudizi in gran parte positivi ed ha conquistato quattro nomination ai Golden Globe: come miglior film, migliore interprete (sono in lizza sia Christian Bale che Steve Carrell) e migliore sceneggiatura (del regista McKay e di Charles Randolph). Vedremo se strapperà candidature anche ai prossimi Oscar.
Dalle euforiche speculazioni bancarie al crollo del sistema. Qualcuno ci scommise. E ci guadagnò un sacco di soldi
6 Gennaio 2016 by