MILANO, venerdì 24 marzo ► (di Paolo A. Paganini) “Non lo spirito del tempo, ma interi millenni hanno preparato con la loro lotta un tale scioglimento dell’anima dell’uomo…”, così Dostevskji consacrò la sterminata opera che Honoré de Balzac (1799-1850), in quasi vent’anni, dal 1829 al 1850, raccolse nella sua gigantesca “La comédie humaine”, la Commedia Umana, parafrasando la Divina Commedia dantesca.
Non è l’unico richiamo.
La Commedia di Dante è divisa in tre Cantiche, Inferno Purgatorio Paradiso, e anche la Commedia Umana è suddivisa in tre parti (ciascuna articolata in diverse sezioni): Studi di Costume, Studi Filosofici, Studi Analitici. Ma se Dante percorse il suo viaggio, dai dannati alle divine beatitudini, in 33 canti, Balzac intraprese il suo percorso dentro l’anima degli uomini attraverso 91 narrazioni, racolte in 17 volumi, con una successione di 135 romanzi (85 compiuti, 50 abbozzati), più altri 6 aggiunti in seguito.
Come Shakespeare, come Molière, come Dostoevskji, anche Balzac creò un mondo di personaggi, che hanno tutti il senso dell’eterno, che sono tutti nostri contemporanei, che ci sembra di averli già visti e conosciuti intorno a noi, tutti con il loro stile di vita, con le loro caratteristiche, con le loro pene, con le loro ossessioni, con i loro vizi, grandezze e bassezze, al di là dell’anacronismo dei loro costumi di vita e del loro periodo storico e sociale.
Dalla fervida fantasia di Balzac, dalla sua acuta facoltà d’analisi psiciologica, che precorse il realismo e il naturalismo, secondo una capacità descrittiva, ch’egli stesso definì “scientifica”, nacque un’infinita varietà di personaggi, vivi, pulsanti di sangue e di passioni, come Eugène, Grandet, Goriot, e poi l’eroica Madame de Mortsauf, il cattivo soggetto Philippe Bridau, l’illustre Gaudissart, il profumiere Birotteau, l’inventore Balthazar, il dottor Bianchon, e mille altri ancora.
E, fra questi, Louise e Renée, che sono le due “eroine”, così uguali e così diverse, del romanzo epistolare (1842) “Mémoires de deux jeunes mariées”, Memorie di due giovani spose, che Stefano Massini ha drammaturgicamente adattato dal romanzo di Balzac, ed ora in scena al Piccolo Teatro Grassi di Via Rovello (un’ora e dodici, senza intervallo), con la regia di Sonia Bergamasco e l’interpretazione di Federica Fracassi e Isabella Ragonese.
Louise e Renée sono due giovani donne, legate da un’amicizia profonda, fin dai tempi del convento/collegio, dove hanno passato nove anni di semi clausura e di complice affiatamento amicale: nove anni, prima di uscirne e affrontare la vita. La vita?
Renée, giovane parigina diciottenne, secondo le usuali consuetudini, passerà dalla reclusione conventuale alla reclusione matrimoniale, sposa senza amore d’un giovane barone di campagna, al quale tuttavia dedicherà fedeltà, amicizia, dedizione, in cambio di un’esistenza tranquilla in georgico acquietamento dei sensi, delle passioni, della libertà. Farà figli, sarà brava ad accudire la casa, si dedicherà alla cura e alla carriera del marito. E la vita trascorrerà così, in una rassegnazione senza scosse e senza rimpianti.
Louise, al contrario, in una famiglia disincantata e di pochi scrupoli morali, dopo il collegio vivrà il suo inestinguibile desidero di libertà e di passioni: maritata in Provenza, se ne fuggirà per tornare a Parigi una decina di anni più tardi, qui scoprendo che l’uomo non è invincibile sul campo dell’amore e che la potenza del suo sesso è capace di rendere l’uomo schiavo e di poche e accontentabili pretese.
Sono entrambe due rappresentazioni della stessa Commedia Umana, dove, a poco a poco, dalle attese e dagli incantamenti dell’adolescenza, passano alla grigia realtà della vita, tra delusioni e rassegnazioni, tra reputate sconfitte e false vittorie. Tutto, nella diversità delle loro esistenze, rimane documentato nel fitto epistolario che le due amiche continuano a scambiarsi dopo la loro separazione dal collegio: uniche reali pulsioni di sincerità in una vita di finzioni e ipocrisie.
Lasciando aperto il giudizio morale sul comportamento delle due donne, Balzac sbrigativamente liquiderà la questione: “Renée è la ragione, la saggezza, la durata e la padronanza del proprio destino. Louise è la follia, l’immaginazione vivente, indifferente alla durata della vita e allamorte: e tutt’e due perdenti“. Ma ironicamente aggiungerà: “Eppure, preferirei essere ucciso da Louise piuttosto che vivere a lungo con Renée...”
La mess’in scena della Bergamasco è ricca d’idee, tutte ahimè sprecate. Non per sua colpa. Mettere in scena delle lettere è una fatica inutile. Tanto varrebbe fare come Paolo Stoppa e Rina Morelli, quando, nel 1962, dopo la soppressione censoria dell’Arialda, misero in scena il carteggio tra Bernard Shaw e l’attrice Beatrice Campbell, nello spettacolo “Caro bugiardo”. Due leggii, e via andare. Un successo immenso.
Sul palcoscenico del Piccolo, la recitazione dell’epistolario balzacchiano risulta invece frammentaria, talvolta fuorviante e pasticciata, quando per una necessaria dinamica drammaturgica vengono sovrapposte parti dei dialoghi, che però fanno perdere in chiarezza e comprensione l’assegnazione dei brani recitati.
Comunque, dire che Federica Fracassi (Renée) e Isabella Ragonese (Luise), nella diversità dei loro rispettivi personaggi e nella diversa indole della loro natura teatrale, siano brave, è dir poco. Intense, tra rassegnazioni e passioni, tra rinunce di libertà e aneliti d’indipendenza, sono esemplari. Anche senza approfondimenti psicologici, come si è tentati di fare, e senza bardature filosofiche, che pur s’imporrebbero, danno vita, anima, consistenza e verità ai loro due personaggi, che pur risultano, per loro natura, esili e fantasmici.
Si replica fino a domenica 30 aprile
Dall’immensa Commedia Umana di Balzac sbucano fuori due giovani donne. In cerca di vita e di libertà. Vanamente
24 Marzo 2017 by