Darwin contro Genesi: l’eterno mercato dei pregiudizi. E oggi, come cent’anni fa, è sempre caccia alle streghe

MILANO, sabato 27 gennaio ► (di Paolo A. Paganini) Ci sono irrazionali stati d’animo, pseudo certezze, false o non verificate verità, c’è insomma, al mercato della presunzione, alla fiera dei preconcetti, un immenso serbatoio dal quale attingono tutti gli altri malaticci ragionamenti. Sopra, c’è un’etichetta che ammonisce, o minaccia: “Pregiudizi”, cioè tutte quelle false verità, assunte non per conoscenza diretta o approfondita ricerca, ma per pigra e credula comodità. Le si dà per vere. E basta.
Ciò avviene con la morale, con la religione, con la scienza (povero Galileo, “eppur si muove”), con tutto quello che riteniamo giusto, senza la necessaria verifica. I pregiudizi sono la ragione degli stupidi, diceva Voltaire, cioè di coloro che presumono di giudicare qualcosa che in realtà non conoscono, ma che danno per scontata verità. L’antisemitismo, il razzismo (la descriminazione dei neri e delle donne), il maschilismo, i luoghi comuni: i neri puzzano, gli italiani sono ignoranti e spreconi, gli zingari rubano, tutti i napoletani sono camorristi. Oppure: la terra, l’universo, l’uomo e tutte le altre creature, tutto è nato dalla creazione divina. Lo dice la Bibbia, no?, e sulla Bibbia non si discute (ch’è poi un altro pregiudizio).
Stiamo parlando di teatro, partendo da quest’ultima affermazione, perché è da qui che ha preso origine uno dei più interessanti spettacoli della stagione, “La scuola delle scimmie”, con la quale viene opposto l’evoluzionismo al creazionismo, Darwin alla Genesi.
Ma finiamola qui, per non dare l’impressione (pregiudizio?) di fare dello scientismo anziché il nostro modesto lavoro di cronisti dello spettacolo.
La nostra peregrina divagazione si è quasi imposta da sola, al Teatro Filodrammatici, assistendo all’appassionato sviluppo drammaturgico della “scuola” in questione, fornendoci, tra l’altro, la confortante constatazione che il bellissimo teatrino mignon di Via Filodrammatici m’è sembrato che avesse raggiunto i gloriosi fasti del suo indimenticato passato, dai tempi di Esperia Sperani inizi anni Settanta (morì poco dopo, nel ’73) agli stupendi allestimenti della Stabile di Via Filodrammatici nelle gloriose stagioni con Paride Calonghi, Lorenzo Grechi, Riccardo Pradella, con autori come Carlo Terron (mio illustre e indimenticato Maestro).
Ad assistere, ora, a questa “Scuola delle scimmie”, con un teatro gremito di giovani, abbiamo ragionato, commossi che, sì, forse era ricominciata quella gloriosa stagione di quasi cinquant’anni fa. L’abbiamo pensato, abbiamo voluto crederlo, e facciamo voti.
Lo spettacolo (due tempi di un’ora ciascuno) si colloca – non gratuitamente – nel 1925 e nel 2015. Un abisso storico di quasi un secolo? Nient’affatto.
Allora un professore di biologia veniva processato se insegnava la teoria evoluzionista di Darwin.
Ora, in una ricca scuola privata, la preside, o direttrice didattica che dir si voglia, impone a un professore di scienze naturali di non sognarsi di parlare di Darwin, perché “qui non si fa religione, si attenga al programma”.
Due identiche forme di ostracismo, ieri e oggi, simboli e metafore di quegli imperanti pregiudizi, di cui sopra. Il tutto, sulla scena, è pregnante ma poco più che un pretesto. Si intrecciano storie d’amore adolescente per il giovane professore (con quanto garbo e simpatia), storie d’amore sciagurato con mogli-vampiro, tesi rapporti con padri oscurantisti e incapaci di rapportarsi con i problemi dei figli.
E il pubblico giovanile – quale festa! – a seguire l’arduo sviluppo dell’azione, tra un’epoca e l’altra, tra complici risate ed entusiastici applausi.
Ve detto che il team creativo e realizzativo è all’altezza delle più felici tradizioni del passato. Bravissimo Bruno Fornasari, autore e regista (unica riserva, una imposta recitazione a mitraglia, dall’inizio alla fine, che ha spesso tolto sapore al bel testo).
E stupendamente partecipi tutti gli attori, anche in più parti: Tommaso Amadio, coraggioso e ispirato insegnante; Sara Bertelà, pavida ma appassionata direttrice (che stupenda risata di gola in questa meravigliosa attrice); la giovane Irene Urciuoli, allieva innamorata; Luigi Aquilino, coraggioso insegnante di quel passato/presente: E poi: Emanuele Arrigazzi, Silvia Lorenzo, Giancarlo Previati, volorosi ben oltre la citazione.
Applausi entusiastici alla fine per tutti. Si replica fino a domenica 11 febbraio.

Teatro Filodrammatici – via Filodrammatici, 1 – Milano. Tel. 02 36727550
www.teatrofilodrammatici.eu