Der Rosenkavalier: protagonisti strepitosi, un grande Zubin Mehta. Successo epocale, finale rovente e standing ovation

"... Grandi proiezioni di immagini di Vienna... città inconfondibile, elegante, aristocratica... tra giardini e nebbie evanescenti..." (foto Brescia/Amisano)

“… Grandi proiezioni di immagini di Vienna… città inconfondibile, elegante, aristocratica… tra giardini e nebbie evanescenti…”
(foto Brescia/Amisano)

MILANO, domenica 5 giugno ► (di Carla Maria Casanova) “Der Rosenkavalier” alla Scala. Avevano avvertito. Sono stati aperti tutti i tagli. Inizio spettacolo ore 19, termine ore 23,30, con gli applausi facciamo ore 24. È successo questo: il pubblico scaligero (non dico quello de laVerdi, per il quale è una gara a chi lascia per ultimo il teatro, ma il molto blasé pubblico della Scala per il quale, di norma, quando cala il sipario pare che le poltrone diventino una graticola), bene, il pubblico della Scala è rimasto immoto ad applaudire e quando tra gli interpreti è apparso Zubin Mehta, si sono pure tutti alzati in piedi. Standing ovation. Così si fa.
A questo punto pare superfluo precisare che “Der Rosenkavalier”, di Richard Strauss, sia stato un successo epocale.
La produzione viene da Salisburgo, portata da Alexander Pereira che continuava a dire “Ne ho avute tante, di proposte, ma questa mi sembrava proprio la migliore e ho voluto questa.”
“Der Rosenkavalier” (nessuno più pretende che si dica “Il cavaliere della rosa”) è l’opera di cui il massimo esperto straussiano, Franco Serpa, dice: “L’equilibro tra musica e recitativi parlati è tale da renderla un capolavoro unico del Novecento (e forse più) con vicende attraenti e vere, affetti persuasivi e tutti i personaggi giusti, credibili, esemplari”. Anche se il titolo privilegia il melenso e volubile ragazzetto Octavian e se Strauss avrebbe voluto addirittura elevare a protagonista il tronfio barone Ochs von Lerchenau, in realtà l’opera dovrebbe chiamarsi “Die Feldmarschallin” perché è lei l’assoluta protagonista.
Richard Strauss dopo le tragiche “Salome” ed “Elektra”, lapidarie opere espressioniste dai neri risvolti, manifestò l’imprevedibile desiderio di comporre un’”opera mozartiana”. E Hugo von Hofmannsthal, lo storico librettista, gli appronta in autentico dialetto viennese “Der Rosenkavalier”, “commedia per la musica” in tre atti sulla falsariga de “Le Nozze di Figaro”. Va in scena a Dresda il 26 gennaio 1911 con accoglienza trionfale. Strauss dirà: “Il libretto è circonfuso da una graziosa atmosfera rococò e fu mio scopo tradurla in musica. (…) Il secondo atto finisce con un autentico valzer viennese…” Strauss non è Mozart e i suoi personaggi sono sanguigni, di carne e ossa. In particolare, la Marescialla, aiutata da un libretto superlativo, racconta la storia reale e commovente della donna “matura” (trentenne!) che vede l’amante diciassettenne allontanarsi da lei per scegliere l’inevitabile coetanea. “Avevo giurato di amarlo nel modo giusto, sì che avrei amato anche l’amore suo per un’altra! Ma certo non potevo pensare che tanto presto sarei stata costretta…” Alla malinconica, dignitosa resa della Marescialla si sovrappongono situazioni di ingenui travestimenti, qui pro quo tipici della commedia settecentesca ed elementi comici con occasioni per parti liriche, umoristiche e burlesche e, per finale, un inno d’amore della giovane neo-coppia.
5.6.16 scala 1La produzione di Salisburgo, firmata Harry Kupfer, è notevole. Per esempio aver scelto per fondale grandi proiezioni di immagini di Vienna, che immettono la vicenda nel contesto di questa città inconfondibile: elegante, aristocratica, volubile, capricciosa, pronta agli scherzi, cui lo sventurato barone Ochs fa le spese. Anche il dominante colore grigio aiuta ad ascoltare la musica senza troppe distrazioni. Immagini bellissime comunque ci sono, con giardini e nebbie evanescenti.
I protagonisti sono strepitosi, esperti del genere, scrupolosamente stranieri: Krassimira Stoyanova (Marescialla), Günther Groissböck (barone Ochs), Sophie Koch (Octavian), Christiane Karg (Sophie). Lasciamo stare gli altri, sono una ventina. Sono attori formidabili e cantano da dio. Il grande monologo del primo atto della Marescialla, da antologia. Ineffabile la consegna della rosa d’argento. La scena Ochs/Octavian nella locanda del terzo atto ha momenti irresistibili.
Zubin Mehta (80 anni appena compiuti) regge lo sforzo anche fisico come un giovanotto. La sua direzione è sontuosa e di una civiltà esemplare. Mentre segnalo la bravura eccelsa del coro, mi concedo, senza togliere niente a nessuno, un ricordo personale: ho visto/sentito tante Marescialle, a cominciare dalla Schwarzkopf.  Nel 1992, a Catania, c’era Renata Scotto. Indimenticabile.

Teatro alla Scala. “Der Rosenkavalier”, repliche 7, 10, 14, 17, 21, 24, 29 giugno, 2 luglio.